Etica e scienza, la lezione magistrale del nefrologo Giuseppe Remuzzi

“Etica e scienza, due facce di una stessa medaglia per un umanista che è scienziato”, secondo il protagonista dei dialoghi Oltre le due culture della Seconda Università, del 10 settembre. Il prof. Giuseppe remuzzi, tra gli scienziati italiani più citati al mondo, Presidente della Società Internazionale di Nefrologia, membro del comitato di redazione delle riviste “The Lancet” e “New England Journal of Medicine”, si è occupato di temi etici nell’ambito della medicina, quali: donazione di organi, accanimento terapeutico, ricerca sulle staminali. La sua lectio in sala conferenze della scuola di Medicina della SUN – che si è aperta con i saluti del prorettore alla ricerca Massimiliano
Mattei e del prof. Giovambattista Capasso, ordinario di Nefrologia – è infatti incentrata sul tema “Medicina di domani ed etica di ieri”. Il suo discorso parte da un articolo del Lancet, datato 15 giugno 1861, sulla morte di Cavour: “carriera stroncata da medici che sono rimasti indietro”. Morì in preda al delirio in un attacco di banali febbri periodiche, ma in un’epoca in cui la scienza medica era ancora impotente. “All’epoca andavano di moda le teorie di John Brown sulle malattie dovute ad un eccesso di eccitazione, che andava guarito con il salasso”. Le conseguenze di quel brutto periodo per la medicina si fecero sentire, però poi: “dal 1932 al 1983 abbiamo avuto le maggiori scoperte in campo medico con ricadute immediate sulla salute, dal primo sulfamidico all’HIV”. L’italia ha sempre avuto un ruolo di primo piano per quel che riguarda le menti: “ma solo sei italiani hanno ricevuto il
premio Nobel per la medicina. Questo perché non si investe nella ricerca. investiamo un terzo rispetto a Stati Uniti e Giappone”. La politica è stata spesso contro la scienza: “sia per questioni ideologiche che religiose. Senza contare la legge, che vieta la selezione degli embrioni, certe volte necessaria per non mettere al mondo bambini con gravi anomalie genetiche. Un embrione di 4-8 cellule è già un bambino? Non lo so, ma teorie giuste o sbagliate a riguardo non devono diventare leggi dello Stato”. Racconta la sua esperienza al Corriere della Sera: “Mieli, interessato al fatto che fossi cattolico e pro fecondazione assistita, mi chiese di scrivere due pagine del Corriere. A quel tempo ero in trattativa per diventare professore di Nefrologia al Gemelli. Scelsi le due pagine e
ovviamente non ricoprii l’incarico, convinto che la Chiesa possa accettare la ricerca sugli embrioni e che non si possano imporre ai medici comportamenti che contrastino con i princìpi della medicina, similmente
recitava il titolo dell’articolo”. Considera Ulisse lo scienziato più attuale: “perché proteso verso la conoscenza. Possiamo rinunciare al desiderio di sapere? Folle o no, il viaggio di Ulisse è quello di tutti noi”. Tanto si è detto sulle staminali: “È esploso il caso della bambina affetta da leucodistrofia metacromatica, che si diceva stesse meglio con le cure stamina. Ma il metodo stamina con la cura della leucodistrofia non c’entra. Stamina promette
quello che prometteva il Dulcamara di Donizetti, e Vannoni ha violato il codice deontologico e le leggi e del nostro Paese. Se l’Ordine dei Medici fosse intervenuto subito sulla questione stamina, sarebbe finita presto. I medici del
gruppo di Vannoni sono stati condannati per associazione a delinquere e truffa, perché non i giudici che hanno autorizzato il metodo, giudicato poi truffa scientifica, procedura pericolosa per la salute einutile?”. La discussione si sposta sullo stato vegetativo: “Terry Schiavo, Stati Uniti, è stata tenuta in stato vegetativo per 17 anni, quando il suo cervello pesava la metà di un cervello normale; non avrebbe mai potuto bere, né alimentarsi da sola. Ha senso continuare ad alimentare e ad idratare persone in questo stato? spesso i medici hanno paura di decidere. Un infermiere in un’intervista ha detto: è ipocrita che nella nostra città non si possa morire dignitosamente e che non si trovi posto per un ragazzo con la meningite in rianimazione, perché occupato da qualcuno che non ha nessuna
speranza di sopravvivere. I comitati di bioetica dovrebbero occuparsi del primo caso, non del secondo”. Fa un esempio su come alcuni medici evitano di decidere: “DeBakey, famosissimo chirurgo statunitense inventore del bypass, ebbe un serio problema all’aorta, si doveva operare d’urgenza a 97 anni. Scrisse di non voler essere aiutato da una macchina per respirare e alimentarsi. Nessuno volle prendersi la responsabilità di operarlo, fu la moglie a decidere che venisse fatto. Al suo risveglio fu alimentato per un po’ da una macchina, proprio come non voleva, ma poi ha vissuto felicemente fino a 101 anni e del foglio scritto prima di entrare in sala operatoria non si
ricordava nemmeno. Questo per dire che un bravo medico, che sa prendere decisioni difficili, è meglio di un testamento biologico. Fare il medico vuol dire rianimare, ma anche sospendere quando le cure sono inutili”.
Allegra Taglialatela
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