Fondamenti di scienza delle costruzioni, disciplina da affrontare “con la mente sgombra da pregiudizi”

Dopo la finestra degli esami del primo semestre, gli studenti di Architettura si apprestano ad iniziare le lezioni del secondo semestre, che proseguiranno fin oltre la metà di giugno. Per quelli iscritti al secondo anno del Corso di Laurea quinquennale in Architettura, Fondamenti di scienza delle costruzioni è indubbiamente una delle materie più temute, perché giudicata particolarmente ostica. Vale otto crediti. La insegnano Francesco De Sciarra Marotti, Enrico Babilo, Carlalberto Anselmi, Simona De Cicco.
Ateneapoli ha chiesto a due tra questi docenti, Babilo ed Anselmi, di suggerire agli iscritti quale sia la migliore strategia per affrontare la disciplina.
“La frequentazione delle esercitazioni”, dice il prof. Anselmi, “è certamente una componente fondamentale per preparare nel migliore dei modi Fondamenti di scienza delle costruzioni. Non obbligatorio seguirle, ma consiglio vivamente di farlo. Durante le esercitazioni, infatti, gli studenti hanno l’opportunità di chiarire i dubbi che sono rimasti loro dopo la lezione”. Secondo il docente, poi, importante che gli studenti approccino la materia “senza avvilirsi e senza demonizzarla. Per tradizione, tra gli aspiranti architetti, Fondamenti e Scienza delle costruzioni sono giudicati ostacoli particolarmente ardui. E’ vero, dico io, che la materia presenta difficoltà intrinseche. E’ altrettanto vero però, aggiungo, che se ci si presenta in aula dal primo giorno con la mente sgombra dai pregiudizi, libera dalle esperienze negative dei colleghi degli anni precedenti, si studia con più profitto”.
Ma in che consiste il corso? Risponde il prof. Babilo. “Durante le lezioni si affrontano i rudimenti della meccanica delle strutture, quelli che saranno poi approfonditi durante il corso di Scienza delle costruzioni, al terzo anno. La meccanica delle strutture, o meglio la conoscenza della meccanica delle strutture, è ciò che mette un professionista in condizione di progettare un edificio che stia in piedi”. I prerequisiti, le conoscenze di base indispensabili a frequentare Fondamenti, prosegue il docente, “affondano le proprie radici nell’analisi matematica, nell’algebra e nella geometria”.
Agli studenti perplessi, a coloro i quali non si spiegano quale utilità possa avere una materia come questa, nella formazione di un architetto, il docente risponde in questi termini: “E’ quel corpo di conoscenze che, in fase di progettazione e di esecuzione, eviterà che voi finiate in balìa di un ingegnere”. Spiega: “Non dico che un architetto deve conoscere a menadito la quantità di cemento che è presente in un’armatura, ma una idea deve averla. Se dell’armatura in questione non capisce nulla, infatti, non avrà alcuna possibilità di confrontarsi su un piano di parità con l’ingegnere impegnato a sua volta nell’opera. Dovrà accettare passivamente ed acriticamente le regole di un’altra persona ed il suo ruolo professionale potrà esercitarsi solo fino ad un certo punto. Ai ragazzi ricordo spesso che l’architetto è fondamentalmente un tecnico, la cui formazione è poi arricchita da conoscenze ed abilità non strettamente tecniche”. 
Resta il fatto che le percentuali di superamento dell’esame al primo colpo non incoraggiano ottimismo. Come ammette lo stesso docente, circa il 30% dei candidati all’esame porta a casa la materia al primo tentativo. Per tutti gli altri inizia una trafila, a volte davvero pesante, di prove ulteriori. C’è chi sostiene l’esame due volte, chi tre, fino a casi, meno infrequenti di quanto si creda, di studentesse e studenti che tornano anche cinque o sei volte. “Una regola importante per preparare questo esame”, dice Babilo, “è di chiedersi in ogni momento, durante le indispensabili esercitazioni, quali siano i motivi di un determinato passaggio, di una certa operazione. Esercitarsi meccanicamente non serve a nulla”. Conclude il docente: “Ai ragazzi che stanno per frequentare il mio corso e quello dei miei colleghi rivolgo un caloroso augurio, quello che scoprano il piacere di spostare sempre un po’ più in là i limiti che ritenevano di avere. E’ quello che cerco di realizzare pure io, docente ed architetto, da un bel po’ di anni”.
Fabrizio Geremicca 
- Advertisement -




Articoli Correlati