Non è partita ufficialmente ma nell’Ateneo federiciano già si parla con insistenza di “campagna elettorale” per il nuovo Rettore. A far scattare la scintilla è stato il Rettore Massimo Marrelli, che, intervistato da Ateneapoli sul numero del 6 dicembre, annunciava la volontà di non chiedere la proroga di due anni (come previsto dal suo programma) e di “passare la mano”.
L’elezione del successore si terrà a giugno e la sensazione è che gli “opinion leader”, che hanno sempre condizionato l’esito alle urne, oggi sembrino avere meno appeal. I motivi sono diversi: la scomparsa delle Facoltà e la recente riorganizzazione dell’Ateneo in nuovi Dipartimenti hanno provocato la migrazione di docenti e parzialmente frammentato i piccoli “feudi” che si esprimevano in modo compatto, ma ciò che più influenzerà il risultato finale non saranno tanto gli obiettivi in programma ma la strategia per raggiungerli. Il corpo elettorale federiciano, già provato da anni di sacrifici imposti dalla Riforma e gestiti nel migliore dei modi dal prof. Marrelli, chiede con insistenza un cambio di marcia per il rilancio dell’Ateneo e soprattutto azioni concrete, con priorità e tempi stretti di realizzazione.
A farsi carico di tanta responsabilità è il prof. Gaetano Manfredi, attuale Prorettore (50 anni), nolano, ordinario di Tecnica delle Costruzioni ad Ingegneria, tra i maggiori esperti a livello internazionale sul rischio sismico. Il Prorettore scende in campo in veste di “candidato forte”. É considerato così perché ha “studiato da vice” al fianco di Marrelli negli ultimi quattro anni (probabilmente tra i più duri nella storia dell’Ateneo Federico II), ma soprattutto perché porta in dote una formazione senza uguali: è stato Direttore di Dipartimento; Presidente di Consorzi Nazionali Interuniversitari; delegato al Bilancio di Ateneo con il Rettore Trombetti; Vicepresidente del Comitato di indirizzo e programmazione della Regione Campania per la Promozione e Valorizzazione delle Università della Campania; consigliere del Ministro Nicolais per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione; membro del Comitato di Indirizzo dell’Azienda Sanitaria Policlinico Federico II; esperto del Ministero dell’Università e della Ricerca per il sostegno alla ricerca scientifica. É inoltre un ricercatore affermato a livello internazionale, è autore di circa 400 pubblicazioni fra riviste, contributi su libri, atti di convegno e monografie ed è considerato dai suoi colleghi una persona pragmatica.
Senza dubbio si tratta di una candidatura che, considerando la vecchia regola non scritta sul “principio di alternanza”, provenendo dall’area scientifica dell’Ateneo, gode già di un buon numero di preferenze che potrebbe scoraggiare eventuali competitors.
In assenza, per il momento, di un programma definitivo, sollecitiamo il prof. Manfredi con alcune domande.
Come vede il suo Ateneo oggi?
“Veniamo da una Riforma che ha completamente modificato tutta la struttura interna, sono stati 4 anni di intenso e duro lavoro, uno sforzo enorme per tutti. Contemporaneamente abbiamo subito grossi tagli dal punto di vista finanziario, siamo passati da un FFO di 400 milioni a 330 milioni di euro, risorse indispensabili per personale docente, servizi e spesa ordinaria. Ci hanno maltrattato! Abbiamo sicuramente delle criticità da superare ma scontiamo anche delle diseconomie esterne, legate alle difficoltà del territorio e della città su cui non possiamo incidere”.
Tutti si aspettano un rilancio, cosa pensa di fare?
“La Federico II deve riacquistare il ruolo che le compete e deve tornare ad essere uno dei primi Atenei in Italia, l’Università guida del Mezzogiorno. Dobbiamo tutti insieme riguadagnare posizioni di prestigio anche nelle classifiche che attualmente non rappresentano una fotografia fedele e reale della più antica Università laica e statale del mondo”.
Come pensa di intervenire?
“Dopo il passaggio da Facoltà a Dipartimenti è necessario trovare nuovamente un equilibrio tra funzioni e compiti tra i diversi organi di Ateneo e mettere mano all’ottimizzazione di tutte le strutture. La nostra offerta nei servizi e nell’organizzazione non è soddisfacente, purtroppo non basta avere dei buoni docenti, ci vuole anche una buona organizzazione. Lì possiamo migliorare molto! Poi, partendo dalle eccellenze, dobbiamo diventare sempre più attrattivi per docenti, ricercatori e studenti”.
Ha già un’idea per la possibile squadra?
“Sicuramente c’è la necessità di un ricambio generazionale, di costruire una nuova classe dirigente d’Ateneo, è un dato di fatto. Sarà una squadra in cui chiunque abbia voglia di dare un contributo istituzionale e disinteressato sarà coinvolto, perché è necessario uno sforzo collettivo per portare avanti questo processo di rinnovamento”.
I nuovi Dipartimenti sono considerati i motori dell’Ateneo ma i Direttori lamentano grossi problemi per l’eccessiva burocrazia, cosa persa di fare?
“Il problema burocrazia nasce dall’eccesso di norme e regole nazionali che si sommano alle nostre interne. Conosco molto bene la questione, uno dei miei primi impegni è proprio quello di sburocratizzare al massimo l’applicazione di queste regole all’interno dell’Ateneo, semplificando i processi. I Dipartimenti debbono concentrare le loro azioni essenzialmente sulle attività di sviluppo dell’Ateneo creando tra loro sinergie utilizzando il lavoro delle Scuole e delle Strutture centrali”.
Dove pensa di intervenire?
“Bisogna mettere mano quanto prima alla riorganizzazione della macchina amministrativa, dev’essere più aderente a quella che è la nuova missione e organizzazione dell’Università. Occorre rivedere ed ottimizzare le competenze, questo è il vero problema, individuando chiaramente le responsabilità. Oggi non si capisce chi fa cosa”.
La manutenzione ordinaria sembra essere uno dei punti deboli dell’Ateneo, come migliorare questo aspetto?
“Dal punto di vista finanziario, con il Rettore Marrelli, abbiamo finalmente apportato risorse significative sulla manutenzione ordinaria. Quest’anno siamo riusciti a destinare 3 milioni di euro”. Sono sufficienti? “Lo sono se ben spesi. C’è un problema di controllo, efficacia e rapidità degli interventi, che compete all’Ufficio Tecnico e va assolutamente migliorato. Bisogna definire bene i meccanismi di controllo e le responsabilità”.
Le Università private sono sempre più presenti sul nostro territorio, a “caccia” di talenti da immatricolare. Come contrastare questo fenomeno?
“Si combatte con la qualità e l’organizzazione, è necessario fare un marketing più aggressivo e mostrare l’elevato livello dei nostri insegnamenti in tutti i campi. Dobbiamo essere sempre più un punto di riferimento per le matricole talentuose del nostro territorio e portare le Scuole all’interno dell’Università per compensare il distacco che oggi esiste. Inoltre bisogna continuare a puntare sulla qualità del reclutamento dei docenti, strada avviata dal Rettore Marrelli, inserendo dei criteri inderogabili”.
Anche l’offerta didattica necessita di interventi?
“L’offerta didattica rappresenta il nostro biglietto da visita agli studenti. Vanno monitorati e verificati i nostri standard per poi intervenire dove ci sono criticità, introducendo anche innovazioni, perché abbiamo spazio e capacità per farlo. Immagino temi legati ai beni culturali oppure alle nuove problematiche ambientali o l’offerta in lingua inglese. Uno degli obiettivi che dobbiamo raggiungere è far sì che i migliori studenti abbiano aspirazione di frequentare le aule della Federico II, e allo stesso modo dobbiamo fare in modo che i migliori laureati aspirino ad intraprendere l’attività di ricerca presso i nostri laboratori”.
Negli ultimi anni, gli Atenei del sud sono stati penalizzati dal Ministero che nella valutazione spesso ha trascurato alcuni importanti fattori come ad esempio la differenza, rispetto al nord, del tessuto sociale ed imprenditoriale ed il reddito procapite. Qual è il suo pensiero?
“La scarsa attenzione da parte di tutti i Ministri che si sono succeduti, verso le problematiche delle Università del Mezzogiorno, è un problema politico da affrontare. Noi dobbiamo fare la nostra parte per presentarci con le carte in regola al tavolo della trattativa, chiedendo maggiore attenzione, visto che finora ci hanno dato solo promesse e mai fatti concreti”.
Gennaro Varriale
L’elezione del successore si terrà a giugno e la sensazione è che gli “opinion leader”, che hanno sempre condizionato l’esito alle urne, oggi sembrino avere meno appeal. I motivi sono diversi: la scomparsa delle Facoltà e la recente riorganizzazione dell’Ateneo in nuovi Dipartimenti hanno provocato la migrazione di docenti e parzialmente frammentato i piccoli “feudi” che si esprimevano in modo compatto, ma ciò che più influenzerà il risultato finale non saranno tanto gli obiettivi in programma ma la strategia per raggiungerli. Il corpo elettorale federiciano, già provato da anni di sacrifici imposti dalla Riforma e gestiti nel migliore dei modi dal prof. Marrelli, chiede con insistenza un cambio di marcia per il rilancio dell’Ateneo e soprattutto azioni concrete, con priorità e tempi stretti di realizzazione.
A farsi carico di tanta responsabilità è il prof. Gaetano Manfredi, attuale Prorettore (50 anni), nolano, ordinario di Tecnica delle Costruzioni ad Ingegneria, tra i maggiori esperti a livello internazionale sul rischio sismico. Il Prorettore scende in campo in veste di “candidato forte”. É considerato così perché ha “studiato da vice” al fianco di Marrelli negli ultimi quattro anni (probabilmente tra i più duri nella storia dell’Ateneo Federico II), ma soprattutto perché porta in dote una formazione senza uguali: è stato Direttore di Dipartimento; Presidente di Consorzi Nazionali Interuniversitari; delegato al Bilancio di Ateneo con il Rettore Trombetti; Vicepresidente del Comitato di indirizzo e programmazione della Regione Campania per la Promozione e Valorizzazione delle Università della Campania; consigliere del Ministro Nicolais per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione; membro del Comitato di Indirizzo dell’Azienda Sanitaria Policlinico Federico II; esperto del Ministero dell’Università e della Ricerca per il sostegno alla ricerca scientifica. É inoltre un ricercatore affermato a livello internazionale, è autore di circa 400 pubblicazioni fra riviste, contributi su libri, atti di convegno e monografie ed è considerato dai suoi colleghi una persona pragmatica.
Senza dubbio si tratta di una candidatura che, considerando la vecchia regola non scritta sul “principio di alternanza”, provenendo dall’area scientifica dell’Ateneo, gode già di un buon numero di preferenze che potrebbe scoraggiare eventuali competitors.
In assenza, per il momento, di un programma definitivo, sollecitiamo il prof. Manfredi con alcune domande.
Come vede il suo Ateneo oggi?
“Veniamo da una Riforma che ha completamente modificato tutta la struttura interna, sono stati 4 anni di intenso e duro lavoro, uno sforzo enorme per tutti. Contemporaneamente abbiamo subito grossi tagli dal punto di vista finanziario, siamo passati da un FFO di 400 milioni a 330 milioni di euro, risorse indispensabili per personale docente, servizi e spesa ordinaria. Ci hanno maltrattato! Abbiamo sicuramente delle criticità da superare ma scontiamo anche delle diseconomie esterne, legate alle difficoltà del territorio e della città su cui non possiamo incidere”.
Tutti si aspettano un rilancio, cosa pensa di fare?
“La Federico II deve riacquistare il ruolo che le compete e deve tornare ad essere uno dei primi Atenei in Italia, l’Università guida del Mezzogiorno. Dobbiamo tutti insieme riguadagnare posizioni di prestigio anche nelle classifiche che attualmente non rappresentano una fotografia fedele e reale della più antica Università laica e statale del mondo”.
Come pensa di intervenire?
“Dopo il passaggio da Facoltà a Dipartimenti è necessario trovare nuovamente un equilibrio tra funzioni e compiti tra i diversi organi di Ateneo e mettere mano all’ottimizzazione di tutte le strutture. La nostra offerta nei servizi e nell’organizzazione non è soddisfacente, purtroppo non basta avere dei buoni docenti, ci vuole anche una buona organizzazione. Lì possiamo migliorare molto! Poi, partendo dalle eccellenze, dobbiamo diventare sempre più attrattivi per docenti, ricercatori e studenti”.
Ha già un’idea per la possibile squadra?
“Sicuramente c’è la necessità di un ricambio generazionale, di costruire una nuova classe dirigente d’Ateneo, è un dato di fatto. Sarà una squadra in cui chiunque abbia voglia di dare un contributo istituzionale e disinteressato sarà coinvolto, perché è necessario uno sforzo collettivo per portare avanti questo processo di rinnovamento”.
I nuovi Dipartimenti sono considerati i motori dell’Ateneo ma i Direttori lamentano grossi problemi per l’eccessiva burocrazia, cosa persa di fare?
“Il problema burocrazia nasce dall’eccesso di norme e regole nazionali che si sommano alle nostre interne. Conosco molto bene la questione, uno dei miei primi impegni è proprio quello di sburocratizzare al massimo l’applicazione di queste regole all’interno dell’Ateneo, semplificando i processi. I Dipartimenti debbono concentrare le loro azioni essenzialmente sulle attività di sviluppo dell’Ateneo creando tra loro sinergie utilizzando il lavoro delle Scuole e delle Strutture centrali”.
Dove pensa di intervenire?
“Bisogna mettere mano quanto prima alla riorganizzazione della macchina amministrativa, dev’essere più aderente a quella che è la nuova missione e organizzazione dell’Università. Occorre rivedere ed ottimizzare le competenze, questo è il vero problema, individuando chiaramente le responsabilità. Oggi non si capisce chi fa cosa”.
La manutenzione ordinaria sembra essere uno dei punti deboli dell’Ateneo, come migliorare questo aspetto?
“Dal punto di vista finanziario, con il Rettore Marrelli, abbiamo finalmente apportato risorse significative sulla manutenzione ordinaria. Quest’anno siamo riusciti a destinare 3 milioni di euro”. Sono sufficienti? “Lo sono se ben spesi. C’è un problema di controllo, efficacia e rapidità degli interventi, che compete all’Ufficio Tecnico e va assolutamente migliorato. Bisogna definire bene i meccanismi di controllo e le responsabilità”.
Le Università private sono sempre più presenti sul nostro territorio, a “caccia” di talenti da immatricolare. Come contrastare questo fenomeno?
“Si combatte con la qualità e l’organizzazione, è necessario fare un marketing più aggressivo e mostrare l’elevato livello dei nostri insegnamenti in tutti i campi. Dobbiamo essere sempre più un punto di riferimento per le matricole talentuose del nostro territorio e portare le Scuole all’interno dell’Università per compensare il distacco che oggi esiste. Inoltre bisogna continuare a puntare sulla qualità del reclutamento dei docenti, strada avviata dal Rettore Marrelli, inserendo dei criteri inderogabili”.
Anche l’offerta didattica necessita di interventi?
“L’offerta didattica rappresenta il nostro biglietto da visita agli studenti. Vanno monitorati e verificati i nostri standard per poi intervenire dove ci sono criticità, introducendo anche innovazioni, perché abbiamo spazio e capacità per farlo. Immagino temi legati ai beni culturali oppure alle nuove problematiche ambientali o l’offerta in lingua inglese. Uno degli obiettivi che dobbiamo raggiungere è far sì che i migliori studenti abbiano aspirazione di frequentare le aule della Federico II, e allo stesso modo dobbiamo fare in modo che i migliori laureati aspirino ad intraprendere l’attività di ricerca presso i nostri laboratori”.
Negli ultimi anni, gli Atenei del sud sono stati penalizzati dal Ministero che nella valutazione spesso ha trascurato alcuni importanti fattori come ad esempio la differenza, rispetto al nord, del tessuto sociale ed imprenditoriale ed il reddito procapite. Qual è il suo pensiero?
“La scarsa attenzione da parte di tutti i Ministri che si sono succeduti, verso le problematiche delle Università del Mezzogiorno, è un problema politico da affrontare. Noi dobbiamo fare la nostra parte per presentarci con le carte in regola al tavolo della trattativa, chiedendo maggiore attenzione, visto che finora ci hanno dato solo promesse e mai fatti concreti”.
Gennaro Varriale