Giovani migranti e profughi all’Università

“Qui a Napoli ancora tanti si stupiscono quando racconto che frequento l’Università, che studio Medicina. Un ragazzo nero africano, della Nigeria, studente universitario: stentano a crederlo. Ebbene, io ho due sogni. Il primo, scontato, di diventare un bravo medico. Il secondo è che tra qualche anno ci siano tanti altri ragazzi nigeriani o comunque africani che studiano a Napoli e che finalmente la gente smetta di appellarci tutti come vu cumprà. Magari lo fanno senza cattiveria, ma ferisce”. Abogwatu Odirachukwunma racconta, un po’ in italiano ed un po’ in inglese, le sue speranze. Ha venti anni e nel 2016 è venuto in Italia grazie ad una borsa di studio erogata dal Ministero della Cooperazione Internazionale. La sua è una famiglia borghese ed ha deciso di sfruttare l’opportunità per garantire ad Abogwatu una formazione in Italia. Ateneapoli lo ha incontrato nella Scuola di Lingua e Cultura Italiana della Comunità di Sant’Egidio che collabora con l’Ateneo federiciano per facilitare l’immissione ai Corsi di Laurea di ragazzi immigrati e profughi. È coordinata dal prof. Francesco Dandolo, instancabile attivista di Sant’Egidio, che insegna Storia economica alla Federico II ed è il delegato del Rettore Gaetano Manfredi per l’inserimento di ragazzi migranti e profughi ai Corsi di Laurea dell’Università. “Quando sono arrivato lo scorso anno – racconta il giovane nigeriano – era troppo tardi per partecipare al test del Corso di Laurea di Medicina in inglese. Mi sono, dunque, iscritto a Lettere. Non è stato facile. Complicata la lingua, difficile l’impatto. Piano piano, però, ho iniziato ad inserirmi nella vostra città e nel mondo universitario, anche grazie all’aiuto della mia migliore amica, che è italiana e parla inglese correntemente. Circostanza non molto comune, quest’ultima, qui a Napoli. Ho preso un alloggio nella residenza universitaria dell’Adisu Parthenope e, quest’anno, mi sono potuto immatricolare a Medicina”. العاب لربح المال على النت Il primo esame è in calendario a febbraio, ma Abogwatu non vuole perdere tempo e sta già studiando intensamente, come se la prova fosse imminente. Intanto frequenta la scuola di lingua della Comunità di Sant’Egidio, in vico San Nicola al Nilo, una stradina a metà di via San Biagio dei Librai. “Piano piano – commenta – miglioro. Scrivo e leggo abbastanza bene. Parlare è un po’ più complicato, ma sono convinto che ce la farò”. قمار اون لاين  
È approdato in Italia in virtù di una borsa di studio bandita dal Ministero della Cooperazione pure il ventiseienne indiano Clement Varun. Racconta: “In India vivevo a Chennai e mentre frequentavo l’università a Madras ho chiesto al mio docente di riferimento dove avrei potuto approfondire, dopo il diploma di laurea, il mio percorso di formazione. Lui aveva un buon contatto a Napoli ed eccomi qui. العب بوكر Sono al mio secondo anno e sto studiando Biotecnologie. Vivo anche io nella residenza universitaria dell’Ateneo Parthenope gestita dall’Adisu”. 
Tra gli stranieri che frequentano l’Ateneo federiciano, peraltro, ci sono anche ragazzi con storie complicate e difficili alle spalle. C’è, per esempio, una ragazza siriana che è giunta a Napoli lo scorso febbraio mediante l’attivazione dei corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Chiesa Valdese e dalla Federazione delle Chiese Evangeliche e si iscriverà a breve ad Archeologia. Ha partecipato ad un bando per 100 borse di studio in Italia, grazie al quale giovani rifugiati o con condizione sussidiaria possono accedere gratuitamente ai Corsi di Laurea della Federico II e di altre Università italiane. “Sono sempre di più i minori non accompagnati che arrivano nel nostro Paese”, sottolinea il prof. Dandolo. “La scuola – prosegue – si è già attivata con corsi per questi studenti, anche pomeridiani. L’Università è in ritardo, ma finalmente si sta muovendo. Grazie alle borse di studio possiamo offrire a questi giovani, che arrivano con un bagaglio di speranze e voglia di studiare, la possibilità di completare il loro percorso sia che si siano diplomati qui, sia che abbiano conseguito il titolo nel loro Paese”.
Peraltro, sottolinea il docente, sarebbe opportuno che i successivi bandi che metteranno a disposizione borse di studio per i giovani provenienti da aree di crisi o di guerra siano allargati anche ai titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e non si limitino a chi abbia ottenuto lo status di protezione internazionale. “I giovani con questo status – sottolinea il prof. Dandolo – sono pochi, perché non è facile dimostrare di essere stato perseguitato o vittima di tortura. La maggior parte ha il solo permesso per motivi umanitari”.
Fabrizio Geremicca
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