I consigli di ingegneri di successo ai laureandi

La mattina della Vigilia di Natale laureandi e neolaureati in Ingegneria della Federico II si sono raccolti nell’Auditorium del Palazzo PICO per ascoltare i suggerimenti su come orientarsi nel mondo del lavoro forniti da ex-allievi della Facoltà, oggi in posizioni di rilievo nel campo nell’Information and Communication Technology. “Lavorare nell’ICT” è il titolo della manifestazione biennale, giunta ormai alla sua terza edizione, organizzata dal professore di Telecomunicazioni Gianni Poggi. La sua scelta di fissare l’incontro il giorno 24 dicembre ha motivazioni precise: “i colleghi che lavorano fuori Napoli tornano a casa per le vacanze di Natale. In effetti speravo in una presenza più massiccia ma non si può chiedere troppo il 24”.
Qualche anno fa 
le aziende si 
contendevano
i neolaureati
I sei relatori sono ingegneri con alle spalle differenti percorsi professionali che si dichiarano soddisfatti dei risultati raggiunti. Ammettono che quando loro si sono affacciati sul mondo del lavoro le cose erano un po’ differenti. “Mi sono laureato con 110 e lode ed ho ricevuto subito una trentina di richieste di sostenere un colloquio. Allora erano altri tempi – afferma l’ing. Francesco Sacerdoti, responsabile di E-voluzione, una società incubata a Città della Scienza – A Milano ho sviluppato sistemi per la ricerca del personale poi ho collaborato con un Centro di ricerca spaziale occupandomi dei centri di controllo a terra dello shuttle. Sono stato alla NASA, in Olanda, finché ho deciso di mettermi in proprio per realizzare sistemi di misura da applicare in ambito industriale”.
“Appena laureato, nell’89, mi arrivarono i telegrammi dell’Aeritalia e della Selenia. Feci i due colloqui e fortuna volle che andarono bene – racconta l’ing. Giovanni Cristiano che ha fatto carriera alla Selex – Il Direttore della Selenia mi chiese se volevo fare esperienza tecnica o gestionale. Allora Ingegneria gestionale non esisteva ma io, convinto del fatto che gli ingegneri possano fare di tutto, accettai. Qualche giorno dopo mi arrivò la proposta di assunzione dell’Aeritalia che rifiutai”.
“Alla fine degli anni ’80 le aziende venivano a cercare a casa i neolaureati, ma io decisi di dedicarmi alla ricerca. Il primo test per entrare all’università fu il precariato. I miei genitori mi hanno consentito di lavorare in Dipartimento senza guadagnare. Poi ho vinto il concorso di Ricercatore, quello di Associato e quello di Ordinario – afferma il prof.Poggi – Oggi faccio tre lavori: ricerca, didattica e gestione. Dall’esterno può sembrare che i professori facciano 60 ore di didattica all’anno e poi vadano sul surf d’estate e sullo skateboard d’inverno. Non è così”.
La grande capacità
di problem solving 
dell’ingegnere
“Mi sono laureato nel ’90 e conservo ancora il pacco di telegrammi ricevuti – fa presente l’ing.Stefano Stinchi – Sono da 18 anni nell’IBM e non so ancora di cosa mi occuperò esattamente nel prossimo futuro. Oggi mi interesso di gestione, un’attività che ha poca attinenza con i miei studi. La forma mentis che dà Ingegneria permette di acquisire una grande capacità di problem solving utilizzabile in settori molto diversi tra di loro”. Simile la posizione dell’ing. Gerardo Canta: “anche io, dopo vari anni alla Accenture posso dire di aver lavorato a moltissimi progetti, soprattutto all’estero, tuttavia ancora oggi faccio fatica a spiegare a mia madre di cosa mi occupo. Ad Accenture ho fatto di tutto, dalla consulenza all’outsourcing”.
Per i ragazzi, i relatori sono esempi di professionisti che hanno fatto strada e che, raccontando le proprie scelte, mettono la propria esperienza al servizio dei più giovani.
“Nessuno di noi è partito con l’intento di avere successo. Abbiamo seguito la passione accettando le sfide. Se poi il successo personale diventa successo per la comunità in cui si lavora, bene”, sottolinea l’ing. Cristiano. “Il successo non consiste nell’aver accumulato soldi. Io non sono ricco ma vado al lavoro con gioia, mi diverto. Ciascuno deve decidere cosa vuole ottenere nella vita”, è il parere dell’ing. Sacerdoti. L’ing. Stinchi racconta di aver trascorso a suo tempo diverse notti insonni pensando se fare il dottorato con una borsa di 700.000 lire: “mi dissero: “Se resti all’Università ti devi dimenticare dei soldi”. Ed io ho cambiato strada”.
Consiglia di seguire sempre ciò che piace l’ing. Gennaro Alfano, responsabile di Telecom Italia: “ognuno giudica il proprio lavoro attribuendo diverso valore a variabili quali la retribuzione, la flessibilità, il tipo di occupazione. Ogni volta troverete un compromesso tra le vostre aspettative e quello che vi offrono. Quando il gap diventa eccessivo, è tempo di cambiare lavoro”. L’ingegnere definisce la propria carriera un mix di volontà e caso: “quello che è l’inferno per uno è il paradiso per l’altro. Cercate di capire al più presto quale è il vostro paradiso”.
E’ da mettere in conto che per guadagnare di più, si debba svolgere un lavoro più stressante. Lo precisa l’ing. Stinchi: “la scelta dipende da quello che volete fare della vostra vita. Siete disposti a sacrificare il vostro tempo libero, ad andare all’estero? L’importante è che vi chiariate le idee, che non rimaniate nell’incertezza”.
I professionisti presenti testimoniano che il Dottorato non è tenuto in gran conto dalle aziende. “All’IBM è valutato pari allo zero – asserisce l’ing. Stinchi – C’è un abisso tra chi ha studiato e chi ha lavorato per tre anni. Chi lo fa deve esser convinto di voler intraprendere la carriera universitaria. A meno che il dottorato non si faccia fuori dall’Italia ed in estrema connessione con un’azienda”. “Il Dottorato svolto a Napoli vale quanto quello in altri Paesi ma ciò che viene valutato positivamente dalle aziende è la permanenza all’estero”, spiega l’ing. Canta. “I dottori di ricerca della Federico II trovano molto facilmente collocazione in Università o Centri di ricerca esteri – interviene il prof. Poggi – Dei miei ex-allievi, uno è professore a Parigi, altri sono ricercatori in Europa o negli USA. Conseguire il dottorato è come acquisire un biglietto aereo di sola andata, poi forse per alcuni ci sarà un viaggio di ritorno ma non metteteci il pensiero”.
Buone capacità
comunicative,
vivacità, disponibilità
alla mobilità
I ragazzi approfittano del confronto per chiedere qualche ‘dritta’ su come fare una buona impressione ai primi colloqui. “Bisogna dimostrare di saper interagire con gli altri, essere empatici, saper comunicare bene in italiano. Se si sbaglia un congiuntivo, il colloquio è finito là”, mette in guardia l’ing. Stinchi. L’ing. Cristiano ammonisce: “non presentatevi con la faccia appesa. Sorridete perché non state andando al patibolo!” e l’ing. Alfano aggiunge: “ciò che viene apprezzata è la motivazione; colpisce lo sguardo vivace, curioso. E’ tanto più facile quanto più vi interessa quel posto”.
In effetti per i laureati di oggi la prima difficoltà è essere chiamati per un colloquio. Avere un buon curriculum offre maggiori possibilità. “I criteri di selezione sono: il tipo di Laurea, la votazione media e il tempo impiegato. Sono dimostrazioni della capacità di porsi un obiettivo e perseguirlo”, rileva l’ing. Canta. “Spesso i candidati non sono propensi al trasferimento. Chi non garantisce la mobilità non viene assunto”, afferma l’ing. Cristiano.  “Conta tanto la disponibilità. Anche a lavorare il 25 dicembre. – avverte l’ing. Stinchi – La grande differenza la fanno la passione e la capacità di mettersi in gioco”. Importanti sono anche le competenze acquisite con gli hobby, le attività svolte al di fuori del percorso universitario e soprattutto la conoscenza delle lingue. 
Alcuni degli studenti sono desiderosi di sapere quanto sia determinante la giovane età. “Entrare in azienda a 23 anni è strategico, permette di avere più tempo per fare carriera. E’ importante per voi, per l’azienda è relativo”, li rassicura l’ing. Stinchi. Tutti concordano sul fatto che rimanere a Napoli sia penalizzante. “Le opportunità migliori sono all’estero – afferma il professor Poggi – Anche chi fa il dottorato non può pensare di diventare ricercatore a Napoli. Può capitare ma non si può partire con quest’ottica”. Tuttavia l’ing. Sacerdoti suggerisce di non sottovalutare l’esistenza in Italia di un ampio mercato di piccole e medie imprese: “è una realtà da guardare con attenzione. Sono più innovative e tutte alla ricerca di ingegneri”.
Alla fine dell’incontro Alessandro Nargi, laureando della Triennale in Ingegneria delle Telecomunicazioni, è un po’ avvilito: “i criteri di valutazione sono molto selettivi. Terminare Ingegneria in poco tempo e con voti buoni non è cosa facile”. Andrea Ruffino è più ottimista perché ha discusso la tesi 10 giorni fa: “spero che la Laurea del Vecchio Ordinamento sia tenuta in maggiore conto. Presto sosterrò un colloquio con la Selex. Ora mi godo le feste e poi si vedrà”.
Manuela Pitterà
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