I segreti di Facebook svelati da uno scienziato

“C’era una volta un mondo oscuro, dove Internet non esisteva e l’unico modo per comunicare era la voce. Poi arrivò Internet e prese il potere il gran signore del Web: sir Google. Il suo dominio era assoluto, finché non arrivò un umile scudiero, il faccialibro, che in breve tempo sconfisse tutti i potenti, diventando re”. È con una storiella che Massimo Marchiori, professore di Computer Science dell’Università di Padova, scienziato di fama internazionale, introduce l’incontro del 20 marzo in Aula Magna della sede del Centro Direzionale della Parthenope: ‘Tecnopotter e il segreto del Faccialibro’, al cospetto degli studenti delle Scuole Superiori, nell’ambito del percorso formativo ‘TeleComunicando’. “La tecnologia delle informazioni ha generato un’evoluzione tecnica e culturale che ha letteralmente cambiato le nostre abitudini”, presenta il prof. Maurizio Migliaccio, organizzatore dell’incontro. “Abbiamo visto oggi l’eclissi. Nei tempi antichi, quando accadevano questi fenomeni che non si comprendevano, si parlava di magia. Anche il boom tecnologico degli ultimi anni può essere paragonato a  qualcosa di magico?”, pone la domanda ai ragazzi e, con una serie di slide chiare ed efficaci, mostra i risultati di alcune ricerche sulle nuove tecnologie: “perché la scienza deve divertire, non annoiare”, commenta. “Google ha dominato la scena su Internet incontrastato, finché non è giunto facebook, che inizialmente ha suscitato riso e prese in giro da parte di giornalisti ed esperti nel campo delle tecnologie, in quanto social poco sofisticato. Dopodiché nel 2010 sorpassa Google, tanto che oggi il 53% del tempo della popolazione è impiegato sul famoso social network, solo il 12% viene dedicato a Google”. Come è possibile? “Se chiedi agli intervistati, rispondono che facebook non è altro che una perdita di tempo, ma anche una droga. Gli indizi del sorpasso c’erano già nel 2002, quando le persone hanno alterato la percezione dell’informazione, tanto che, cercando Lord Byron, poeta inglese, su Internet compariva l’arbitro tanto odiato della partita Italia-Corea Byron Moreno al suo posto”. La pulsione sociale quindi diventa determinante: “lo dimostra anche il successo del video demenziale del 2004, quando ancora non c’era youtube, ‘Numa numa’ di Gary Brolsma, che ha avuto un seguito mostruoso, tanto da diventare un Numatube, dove tutti hanno contribuito”. Qual è quindi la prima pulsione che ha dato origine a facebook? “Sicuramente trovare amici perduti. Non è altro che una sorta di Grande Fratello, dove al posto di persone sconosciute ci sono i nostri amici. Più importante che parlare diventa, però, guardare quello che fanno, le immagini sono la primaria pulsione. La seconda è la viralità, ovvero la velocità di propagazione dell’informazione. Non è il contenuto che interessa, ma le emozioni che trasmette”. Le emozioni positive, come è noto, su facebook si propagano più velocemente, ed hanno maggior successo di quelle negative: “non ha l’icona ‘dislike’, solo ‘mi piace’. Il divertimento è al primo posto nella condivisione, poi ci sono l’interesse e la sorpresa. Da evitare le emozioni negative, quali: rabbia, disprezzo, vergogna, imbarazzo. Campagne pubblicitarie di diverse ditte sono fallite, perché non hanno considerato la mancata viralità”. L’analisi dei sentimenti ora si utilizza in campagne marketing e politiche per avere successo: “non a caso il Presidente Obama è stato soprannominato il primo Presidente 2.0, che ha vinto la campagna contro Romney pure perché il suo team di esperti individuava messaggi negativi indirizzati ad Obama e li trasformava immediatamente in contro-campagne, che annullavano l’effetto denigratorio della prima”. Capire perché alcuni post hanno successo su facebook è come capire perché certe zone della città attirano più di altre: “si stabiliscono infatti delle connessioni, come negli scambi commerciali tra nazioni o alle feste, che creano delle strutture simili a quelle che ci sono nel nostro cervello. Quindi si ritorna al punto di partenza, senza saperlo, appunto le connessioni cerebrali”. Non bisogna dimenticare, però, “che il nostro cervello non è fatto per il multitask. Interrompere ciò che si sta facendo per rispondere al messaggino sul social può essere deleterio, in quanto è dimostrato che abbassa le capacità cognitive. È necessario quindi prenderci ogni tanto un’ora di riposo dal continuo multitask”.
Allegra Taglialatela
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