Il judo, più che uno sport un modo di affrontare la vita

Parlando con i judoka del Cus si ha l’impressione che davvero per loro il judo sia qualcosa di più di un semplice sport. Non solo una passione, ma un vero e proprio modo di pensare e affrontare la vita. Hanno tutti un grande rispetto della disciplina e delle sue regole, nessuno lasciando il tatami (il tappeto sul quale ci si allena e si combatte) si dimentica di salutare con le braccia dritte lungo il corpo e il busto che si piega leggermente in avanti, alla maniera giapponese. La palestra produce ottimi atleti, nei Campionati nazionali universitari sono stati tre i medagliati tra quelli che si allenano qui: Fabio Dell’Anno ha vinto il suo quarto oro consecutivo nella categoria +100 Kg, Felice Cerciello ha vinto l’argento e Romano Antonio il bronzo. L’insegnante è Massimo Parlati, atleta delle Fiamme Oro che ha vinto undici volte il titolo italiano ed è stato 10 anni in nazionale. “Al Cus ho iniziato ad insegnare otto anni fa – racconta – abbiamo cominciato veramente da zero e ora siamo un bel gruppo. Il judo è uno degli sport più completi e fa benissimo al fisico e poi è un’attività che ha un fascino particolare per chi la pratica. Alla base di tutto c’è la disciplina, il rigore, è qualcosa che ti forma il carattere”. 
Il ventunenne Alessandro Graziano è uno degli ultimi arrivati nel gruppo. Studente fuorisede di Ingegneria Navale alla Federico II, è nato e cresciuto a Pozzallo, in provincia di Ragusa, in Sicilia. Lì a soli quattro anni e mezzo ha cominciato a lottare e da allora non si è mai fermato, arrivando a diventare cintura nera di primo dan. “Non potrei smettere, è la mia grande passione – racconta – È da quando andavo alle superiori che mi alleno tutti i giorni almeno quattro ore. Non è stato facile conciliare sport e studio con un impegno del genere, ma io non ho mai voluto fermarmi”. Studente, sportivo e anche lavoratore, Graziano in Sicilia ha sempre dato una mano a suo padre che ha un cantiere navale: “Le navi sono la mia seconda grande passione, tutto è cominciato quando a sette anni salii per la prima volta su un’imbarcazione. A sedici anni poi mio padre mi ha assunto e ho cominciato a lavorare”. Per crescere nella sua professione è venuto a studiare a Napoli, ora è al secondo anno e, ad eccezione di un solo esame del primo, è in regola con gli studi. “Quelle che preferisco sono le materie meccaniche – dichiara – ho fatto anche esami come Analisi, ma non mi hanno per niente appassionato. In questo mestiere, per imparare a lavorare bene, a mio avviso ci vuole soprattutto la pratica”.
In palestra non ci sono soltanto ragazzi, ma anche atleti adulti, come il prof. Giovanni Vivono, anestesista rianimatore che insegna alla Federico II Emergenze medico chirurgiche e Medicina iperbarica alla Specialistica. “Quando Massimo (Parlati, ndr) ha cominciato a combattere, io ero già cintura nera”, ricorda il professore scherzando col maestro. “È da quando ero ragazzo che pratico questa disciplina e ho anche preso parte a diverse competizioni – continua – Quello che ho veramente imparato è che il judo è qualcosa che si pratica soprattutto con la mente. Vincere o perdere sono una parte marginale dell’esistenza di un uomo, nella vita purtroppo capita di cadere. Il judo però ti insegna a rialzarti, sempre”. 
Un’altra delle atlete più esperte, anche se molto giovane, è Paola Del Giudice, diciannovenne cintura nera. “L’ho presa il 30 ottobre scorso con una gara”, ci tiene a precisare. È stata campionessa regionale under 18, si è classificata quinta nel 2005 nelle competizioni nazionali under 23, e per raggiungere questi risultati anche lei si allena tutti i giorni da anni. Racconta: “Il judo è come una malattia, una dipendenza, quando per qualche motivo resto a casa mi alleno da sola nella mia stanza”. Gli atleti di un dojo (la scuola del sensei, il maestro) si sentono un po’ come una grande famiglia. Lei è parecchio legata a Parlati: “Mi ha insegnato tanto, a lui devo moltissimo”. Frequenta il Corso di Lingue straniere al Suor Orsola Benincasa dove ha fatto anche il liceo linguistico. Adesso parla correttamente inglese, francese, spagnolo e tedesco. “Sono al primo anno – spiega – ma ho intenzione di cambiare Facoltà, sulle lingue sento di non avere ancora molto da imparare e quindi preferisco iniziare un percorso di studi diverso, e voglio farlo adesso, prima che sia troppo tardi. Non sta bene infatti iniziare qualcosa e poi non portarla a termine. Questa è una delle tante cose che ho imparato dal judo. Nella vita bisogna darsi un obiettivo e seguirlo, fino in fondo”.
Alfonso Bianchi
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