In orbita il satellite degli studenti di Ingegneria

È la prima volta che la Federico II lancia un satellite nello spazio. A realizzare l’impresa, un gruppo di studenti della Facoltà di Ingegneria che ha partecipato al programma europeo “Sseti” indetto dall’Esa, l’agenzia spaziale europea. Missione compiuta, dunque, perché lo scorso 27 ottobre “Sseti Express” – un micro-satellite di 62 kg – è stato lanciato in orbita con successo: i primi dati, infatti, dimostrano un perfetto funzionamento di tutti i sistemi testati a bordo.
Sette gli studenti napoletani coinvolti nel progetto, tutti di Ingegneria Aeronautica, eccetto due che fanno capo ad Elettronica. Dei sette, solo in tre – Fulvio Infante, Tommaso Pitterà e Carlo Del Vecchio – hanno concluso il lavoro, mentre gli altri colleghi (Stefano Infante, Vincenzo Pulcino, Mirko Izzo e Roberto di Stefano) hanno lasciato perché si sono laureati. Sostenuti dai Dipartimenti di Progettazione aeronautica e di Scienza ed ingegneria dello spazio, coadiuvati dai professori Antonio Moccia, Michele Grassi e Marco Derrico, i ragazzi hanno aderito alla Sseti (Student space exploration and technology iniziative), un’iniziativa europea che interessa studenti provenienti da atenei di dodici diversi Paesi dell’Unione accomunati dal desiderio di “lanciare il sogno”, vale a dire “Eseo”, il satellite cui si sta lavorando da cinque anni e che potrebbe essere pronto per la fine del 2005, data del lancio. 
“A Napoli – racconta Fulvio Infante, laureando in Ingegneria Elettronica del vecchio ordinamento e coordinatore del gruppo partenopeo (dopo la laurea di Pulcino, ex presidente Sseti) – ci siamo occupati solo di un pezzetto di Sseti Express, e cioè del sistema di potenza: abbiamo costruito le batterie e i pannelli solari che danno energia al satellite e gli altri dispositivi energetici per i suoi sottosistemi”. Il prodotto è stato poi assemblato col resto del satellite, che dal 27 ottobre è in orbita a scattare foto e a realizzare una serie di altri esperimenti. A bordo di Sseti Express, inoltre, hanno viaggiato alcuni “passeggeri”, “tre piccolissimi satelliti, tre cubi da 10 cm di lato, che sono stati sganciati per portare a termine alcune missioni indipendenti”.
Insomma, un risultato scientifico di rilievo per l’Ateneo fridericiano, che per la prima volta vola nello spazio, e riesce a farlo in tempi da record, appena un anno e mezzo (l’adesione al progetto risale a febbraio 2004). “La fase di progettazione – riferisce Infante – si è svolta nei dipartimenti napoletani, la realizzazione in Olanda, a Noordwijk, dove si trova il centro di progettazione più importante dell’Esa”. Una chat on line consentiva ai quindici gruppi di studenti stranieri (tra cui danesi, francesi, portoghesi, inglesi) di raccordarsi, collegati anche da incontri semestrali nella sede olandese dell’Esa.
Un’esperienza unica per gli studenti, che, attraverso stage della durata di tre mesi, hanno lavorato nei laboratori dell’agenzia spaziale a stretto contatto con colleghi di tutta Europa. Inevitabile il parallelo con gli studenti stranieri, “molto più preparati di noi sulla pratica, un po’ lacunosi sulla teoria”. La solita critica: a Napoli manca il risvolto empirico, “in laboratorio non ci andiamo quasi mai; all’estero, invece, i laboratori valgono come esami. In compenso – commenta Infante – la nostra Facoltà ci dà la forma mentis, con cui riusciamo ad approcciare agevolmente qualsiasi tipo di studio”.  
Coniugare esami e progetto, la difficoltà maggiore incontrata dai ragazzi. “Durante la fase di progettazione, c’erano giorni in cui non si faceva altro. Pertanto, c’era poco tempo da dedicare agli esami. Personalmente – confessa lo studente – ne ho sostenuti tre, massimo quattro all’anno. E anche in Olanda c’era poco spazio per studiare”. Resta però la soddisfazione di aver partecipato ad un progetto internazionale di un certo spessore. “Sul piano formativo – sostiene Infante – abbiamo imparato come si costruisce un satellite ed abbiamo certamente migliorato il nostro inglese. L’esperienza con Sseti, inoltre, darà un peso maggiore al nostro curriculum; la speranza, infatti, è di poter trovare lavoro all’estero, magari proprio all’Esa”. Il sogno continua.
Paola Mantovano
- Advertisement -





Articoli Correlati