Cinque studenti di Giurisprudenza hanno partecipato alla più grande simulazione processuale di Diritto Internazionale Pubblico del mondo: la Jessup Competition, da sempre considerata la competizione più complessa ed impegnativa fra squadre di studenti afferenti a più di 40 Atenei diversi di livello internazionale. I ragazzi della Federico II vi hanno preso parte per la prima volta lo scorso febbraio, sfiorando per un soffio la vittoria finale (fra gli Atenei italiani) che li avrebbe portati in queste settimane a Washington, per rappresentare l’Italia e disputare le memorie difensive su un piano internazionale. “Questa competizione esiste da molti anni – racconta il prof. Fulvio Maria Palombino, docente di Diritto Internazionale e supervisore degli studenti partecipanti – ma per il nostro Dipartimento è stata la prima esperienza. L’idea è partita da alcuni ragazzi che hanno espresso la volontà di parteciparvi”. Non è stato però semplice preparare la squadra. “L’impegno richiesto è stato molto gravoso, gli studenti hanno lavorato sodo per 6 mesi ininterrotti. Inoltre, il livello di inglese necessario per disputare la gara era il C2, quasi come un madrelingua. D’altronde, la simulazione è stata svolta di fronte ad una giuria di altissimo livello e di calibro internazionale, l’inglese era d’obbligo”. Anche le memorie scritte sono state elaborate in questa lingua: “I ragazzi si sono dovuti immedesimare nella parte di attore e convenuto, redigendo, per ciascuna situazione, memorie scritte in inglese. Ogni testo contava almeno quaranta pagine, un lavoraccio insomma che hanno svolto interamente i partecipanti. Io sono stato il loro punto di riferimento, elargendo consigli o proposte, laddove necessario”. Peccato che, nonostante tanto impegno, alle finali nazionali svoltesi a Caserta la squadra federiciana si sia classificata seconda, lasciando il passo all’Università di Torino attualmente negli Stati Uniti per rappresentare il Paese. “Il risultato raggiunto è stato ottimo, secondi a livello nazionale, alla prima esperienza, un dato entusiasmante. Siamo soddisfatti. Il lavoro di squadra è stata la vera arma vincente, grazie anche all’aiuto del dott. Daniele Amoroso, il nostro team è risultato davvero forte”. Inoltre, continua il docente, “la cosa più importante è la volontà e l’impegno dei ragazzi. Chi partecipa deve avere la consapevolezza delle difficoltà e dello studio di base presenti. Alcuni studenti dopo un po’ si sono tirati indietro, lasciando la squadra in bilico, alla ricerca di nuovi partecipanti. Così non si fa, chi si impegna deve essere disposto a sudare”. E per il prossimo anno: “Pensiamo di promuovere un vero bando di concorso per selezionare i partecipanti e dare una maggiore visibilità alla Jessup. La manifestazione è un ottimo trampolino di lancio, basti pensare che è sponsorizzata da studi di calibro internazionale, interessati a conoscere nuovi principi del Foro”.
“Un’occasione irripetibile”
Carichi di energia e con tanta voglia di raccontare la loro avventura gli studenti che hanno preso parte al processo simulato. “Sono iscritta all’ultimo anno del Corso di Studi – dice Agnese Cigliano, studentessa di 24 anni – La mia tesi è in Diritto Penale Europeo e da sempre sono interessata all’ambito internazionale e alla carriera diplomatica. Così, quando durante una lezione ho saputo della Jessup Competition, sono stata subito coinvolta dall’idea”. La conoscenza perfetta dell’inglese non è stata un problema: “Ho studiato questa lingua fin da piccola, ma è stato l’Erasmus (svolto nella Repubblica Ceca) che ha perfezionato il mio modo di parlare. L’Erasmus è stato un’esperienza magnifica, così come la Jessup. Mi piace sperimentare molte cose, amo il diritto ma non sono la classica studentessa da scrivania. Studio ricercando alternative piacevoli che mi permettano di rendere il percorso ‘sopportabile’”. Il momento più difficile: “Difendere davanti alla giuria internazionale l’indifendibile. Ragionare su un caso fittizio incentrato su due Stati immaginari, prendere le parti di entrambi i Paesi, argomentare ed improvvisare di fronte a domande dirette, è stato complesso ma di sicuro stimolante”. Agnese, nominata – al quarto posto – come migliore Oralist della competizione, è stata contattata, dopo le finali, da uno studio internazionale, che le ha richiesto il curriculum: “Staremo a vedere come va”. Migliore Oralist al quinto posto Maria De Angelis, laureanda, che racconta: “L’esperienza mi ha dato tantissimo. Seppur siamo arrivati ad un passo da Washington, non posso proprio lamentarmi. La Jessup mi ha impressionata. Durante le varie fasi nazionali, ho conosciuto persone autorevolissime in ambito internazionale che hanno cambiato il mio modo di vedere le cose”. L’inizio non è stato facile: “Ci vuole tanto entusiasmo e per cercare studenti disponibili sono andata in varie aule durante le lezioni, facendo una sorta di appello pubblico. I ragazzi erano spaventati dal tempo di preparazione, dalla possibilità di perdere un’intera sessione d’esame senza pensare alle possibilità che questa simulazione avrebbe portato. In Dipartimento abbiamo solo conoscenze teoriche, poter mettere in pratica lo studio è stata un’occasione irripetibile”. E poi: “Ho imparato a colloquiare davanti ad una giuria, cambiando scenario ed orazione ogni volta che fosse richiesto. È stata dura ma la squadra ha lavorato bene ed i risultati si sono visti”. Il futuro di Maria: “Spero di continuare su questa scia e di riuscire ad entrare in un grosso studio legale di livello internazionale”. È un dottorando, laureato lo scorso luglio in Diritto Internazionale, Pier FrancescoRossi, 24 anni, il quale ha sperimentato per la prima volta la dote dell’improvvisazione. “Quando abbiamo redatto le memorie scritte a gennaio – spiega – il lavoro di ricerca è stato gravoso, ma nulla a che vedere con il dibattito che è seguito. Durante le varie fasi oratorie, fino ad arrivare poi a quella finale di Caserta, c’è stato un lavoro continuo su noi stessi. Ci siamo dovuti adattare ai vari casi, a seconda del palcoscenico che avevamo davanti, a seconda degli avversari, dovevamo difenderci a qualunque costo. Mi è servita tanto questa fase concreta, soprattutto per un lavoro futuro in aula di tribunale”. Le varie componenti giudicanti sono state molto severe: “La valutazione è stata obiettiva ma molto rigorosa. Essere arrivati secondi ci fa onore viste le difficoltà riscontrate. E poi ho conosciuto tantissime persone importanti che mi hanno insegnato a pensare non solo secondo canoni italiani, ma con una visione internazionale”.
Susy Lubrano
Susy Lubrano