La dieta mediterranea “aumenta l’aspettativa di vita dai 3 ai 7 anni”

In occasione del 791esimo anniversario dalla fondazione della Federico II,  presso il Dipartimento di Agraria nella Reggia di Portici si è tenuto un workshop dedicato al tema dell’alimentazione “in linea con gli argomenti affrontati dall’Expo con l’obiettivo di estendere l’impegno culturale della nostra Università al di là dell’offerta didattica, instaurando un forte legame con il territorio regionale”, dice in apertura della tavola rotonda il prof. Stefano Mazzoleni, docente di Botanica ambientale e applicata e membro del comitato organizzatore dell’evento. Seguono le presentazioni del prof. Luigi Frusciante, docente di Genetica agraria e membro del comitato scientifico della manifestazione: “tra le componenti più importanti della vita scientifica di Agraria, c’è sicuramente l’agricoltura senza trascurare il ruolo della biologia in senso lato, se consideriamo che i fondatori storici della nostra Facoltà erano dei botanici. Un’ulteriore parte rilevante a cui daremo spazio è quella alimentare per poi approfondire il rapporto con le risorse genetiche vegetali”. Interviene il moderatore della giornata, il prof. Paolo Masi, docente di Scienze e Tecnologie alimentari e Direttore del Dipartimento: “oggi è una giornata celebrativa per la ricorrenza della fondazione del più antico Ateneo del sud. Mi piace sottolineare che è stata la prima Università laica al mondo, nata in contrasto col papato, e che qui hanno studiato e insegnato altissime personalità di rilievo tra cui si ricordano San Tommaso d’Aquino, Giambattista Vico e Antonio Genovesi. In particolare, il Dipartimento di Agraria – che risale al 1872 – è stato uno dei primi nuclei di scuola superiore di agricoltura. Nell’ambito dei festeggiamenti, il nostro intento è di mettere l’accento sugli slogan dell’Expo 2015 in tre punti principali: nutrire il pianeta per provvedere all’alimentazione di attualmente 7 miliardi di persone, la necessità di salvare il nostro unico ecosistema e in ultimo soffermarsi sulla relazione tra gli alimenti e la salute per aggiungere anni alla vita e nello stesso tempo dar vita agli anni, cioè come campare molto e in buona salute”.
 
Il clima sta cambiando
 
“In un mondo che dà molti segnali di cambiamento climatico, l’agricoltura giocherà nel futuro un ruolo particolarmente rilevante. Nell’ambito della ricerca in campo agrario e ambientale, occorre prendere atto degli eventi meteorologici: per esempio, il livello di intensità delle piogge è aumentato del 900% negli ultimi anni e si è modificata anche la circolazione del trasporto di calore sul Mediterraneo. Questi due fenomeni hanno effetti sull’agricoltura e la biologia, nello specifico sulla qualità dei prodotti, l’arrivo di certe specie migratorie e le stagioni vegetative”, spiega il prof. Giampiero Maracchi, docente di Climatologia presso l’Università di Firenze e Presidente dell’Accademia dei Georgofili. Un’altra riflessione riguarda la disponibilità di risorse naturali e l’impatto sull’ambiente: “l’indice di benessere sta declinando nei paesi industrializzati già dalla fine degli anni Ottanta. Tutti gli Stati sono in crisi e stanno perdendo la capacità di produrre, ossia la ricchezza, in primis perché usiamo troppi combustibili fossili. Così facendo, abbiamo alterato gli equilibri naturali del pianeta. Il futuro dipende da noi: una soluzione può essere la rinnovabilità delle risorse. In questo contesto, l’agricoltura è l’unica tecnologia che trasforma le risorse naturali per il cibo in materie prime rinnovabili. Bisogna considerare la pluralità delle fonti di energia in cui agisce il mondo agricolo insieme alla filiera del turismo, dell’artigianato di qualità e soprattutto delle produzioni locali e tipiche, che, oltre ad essere uniche, risultano redditizie, perché aiutano l’ambiente e la comunità e possono diventare un fattore commerciale per l’esportazione”, sostiene il climatologo.
 
Mendel, 150 anni dopo
 
Prosegue il prof. Sergio Pimpinelli, docente di Genetica dell’invecchiamento e di Genetica non canonica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. “Il Novecento è stato il secolo della nascita della genetica. Tuttavia, il lavoro di Gregor Johann Mendel è rimasto ignorato per 35 anni. Nella seconda metà del 19esimo secolo, le sue leggi erano difficili da capire, perché non esisteva ancora la distinzione tra la trasmissione di un carattere ereditario e il successivo sviluppo di quel carattere nella progenie. Pertanto, l’elaborazione di un organismo modello, il primo in biologia, fatta dallo studioso per capire i meccanismi dell’eredità, non è stata compresa subito. Basti pensare che, se Darwin avesse conosciuto l’analisi genetica di Mendel, egli non avrebbe commesso alcuni errori nella sua teoria sull’evoluzione della specie. Proprio a causa di questi equivoci, in Italia si dovrebbe organizzare una volta all’anno un evento per il recupero della memoria dedicato ai grandi studiosi della comunità scientifica, poiché a volte basta un unico lavoro per cambiare il percorso della scienza e della storia”.
 
“Mangiamo con  le ricette del passato”
 
Prende la parola il prof. Antonino De Lorenzo, docente di Alimentazione e Nutrizione presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente dell’Istituto Nazionale per la Dieta Mediterranea e la Nutrigenomica (INDIM). “L’evoluzione della nostra alimentazione ha prodotto cambiamenti importanti. Viviamo sostanzialmente nella società dell’opulenza e, se non introduciamo delle inclinazioni correttive, tra cento anni forse assomiglieremo più al maiale che all’homo erectus. Bisogna, perciò, praticare un sano ritorno al passato nella nutrizione se non al Paleolitico. Oggi il 60% delle malattie cronico-degenerative sono correlate agli eccessi alimentari e un metodo di prevenzione delle patologie cardiovascolari è l’aderenza alla dieta mediterranea, la quale riduce i fattori di rischio meglio di qualsiasi farmaco e aumenta l’aspettativa di vita dai 3 ai 7 anni. Studi recentissimi confermano che anche l’aumento dell’obesità e lo scenario dell’epidemia diabetica in Europa siano spie preoccupanti della salute della popolazione. La scelta alimentare può essere una medicina personalizzata: più che un dosaggio la dieta europea dovrebbe diventare uno stile di vita”.
Conclude la giornata di studi l’intervento del prof. Zeffiro Ciuffoletti, docente di Storia contemporanea e di Storia Sociale della Comunicazione presso l’Università di Firenze. “La dieta mediterranea ha contribuito in maniera determinante alla dimensione nazionale e mondiale della cultura alimentare. Solamente in Italia si pensa che la cultura gastronomica alta e quella popolare siano separate, ma nella gran parte delle regioni del mondo esiste una circolarità tra le due. Col passare del tempo, infatti, il Sud ha conquistato il Nord attraverso la dieta mediterranea e una cucina popolare povera. Bisogna sempre iniziare dalla terra per parlare di cibi. Possiamo fare tutti gli esperimenti possibili nella cucina contemporanea, ma noi mangiamo con le ricette del passato. La prima fonte di ispirazione per cucinare pietanze straordinarie è l’essenza, cioè la qualità dei prodotti, poi si aggiunge la tecnica alimentare, mentre l’inventiva e la fantasia contano molto poco senza le materie prime adeguate. Inoltre, non bisogna avere pregiudizi verso le culture gastronomiche altre, bensì riconoscere una sintesi e uno scambio alimentare globale”.
Sabrina Sabatino
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