Non un seminario, ma una serie di testimonianze per manifestare affetto e gratitudine nei confronti di un Maestro che, per decenni, ha incarnato l’avanguardia scientifica sul tema di frontiera delle applicazioni matematiche alla Biologia, vivendo un’incredibile ed intensa parabola scientifica, attraverso l’Italia, gli Stati Uniti ed il Giappone. L’11 ottobre amici e colleghi si sono ritrovati nell’Aula Azzurra di Monte Sant’Angelo per ricordare Luigi Maria Ricciardi, fisico, ordinario di Calcolo delle Probabilità, scomparso lo scorso maggio a 69 anni. All’evento hanno partecipato tutte le massime autorità accademiche, il Rettore Massimo Marrelli, il Prorettore Gaetano Manfredi, il Preside Roberto Pettorino, il Direttore del Dipartimento di Matematica Gioconda Moscariello, il Presidente del Corso di Laurea in Matematica Marco Lapegna e l’Assessore regionale all’Università Guido Trombetti che si commuove parlando dell’amico e collega: “è strano parlare di Luigi, si fa fatica a credere che non ci sia più”. “È stato un fratello. Ci siamo conosciuti cinquant’anni fa, quando eravamo entrambi studenti di Fisica. Abbiamo vissuto in maniera simbiotica per un decennio”, ricorda l’amico e compagno di studi Aldo De Luca. Tante le testimonianze dirette, o scritte, che arrivano da ogni parte d’Italia e dall’estero. Ne riportiamo alcune. Tutte sottolineano la disponibilità di Ricciardi verso il prossimo e la capacita di creare intorno a sé un ambiente scientifico di persone motivate dalla curiosità. “È stato il mio relatore di tesi, a Torino, quando ero una studentessa all’ultimo anno di Fisica e lui un giovane docente appena rientrato dagli Stati Uniti, e ricordo il rispetto che sapeva incutere ed i suoi consigli. Ancora oggi, le ricerche che ho scritto con lui, sono i miei lavori maggiormente citati”, Laura Sacerdote (Università di Torino). “Era un padre ed un Maestro, a cui tutti ci siamo rivolti per trovare risposte ai nostri dubbi e problemi. Aveva sempre tempo per tutti, insegnandoci che essere grandi significa saper ascoltare e capire tutti, soprattutto i piccoli”, Mena De Santis (Università di Salerno). “È stata dura all’inizio metabolizzare che lui non c’era più, ma siamo riusciti a mantenere la promessa di raccogliere tutte le sue pubblicazioni”, Antonio Di Crescenzo (Università di Salerno). È anche il momento di riconoscere antichi debiti e rimpiangere le occasioni mancate. Anche il personale della biblioteca di Matematica vuole lasciare la propria testimonianza: “il suo ricordo è indelebile, era una persona autorevole, ma non autoritaria, e sempre pronta al dialogo”, dice Carmen De Francesco. “Avevo lasciato l’università e sono ritornato perché lui mi ha richiamato. Con lui il mio treno è passato due volte”, Aniello Buonocore (Università Federico II). “Mi sento in debito per aver trascurato tante cose belle ed importanti e non aver sfruttato la nostra vicinanza fisica e, alla fine, scientifica”, Paolo Fergola (Università Federico II). “Ci ha insegnato cosa significasse, davvero, la parola multidisciplinarietà. Il CNR, in seguito, lo ha scacciato. Non era mai successo prima”, Umberto Amato (CNR). “Non basta essere ottimi ricercatori, occorre essere anche persone con capacità relazionali umane e civili: il suo insegnamento”, Anna Maria Barbagallo (Università di Catania). Toccante la testimonianza del medico che l’ha seguito durante la malattia, il dott. De Stefano: “Ha ritardato l’inizio di alcuni trattamenti e terapie che non gli avrebbero salvato la vita, ma avrebbero rallentato gli effetti della malattia, perché non poteva assentarsi. Diceva: ‘ho dei doveri verso chi mi segue e gli studenti’. Ha davvero donato una parte della sua vita alle persone a cui voleva bene”.
Simona Pasquale
Simona Pasquale