Lettere cambia forma di protesta. Dopo 20 giorni di occupazione, in vista di una lunga stagione di contestazioni, sceglie di “convertire le forme di mobilitazione per trovare continuità e radicamento, allargare la partecipazione al maggior numero di studenti” e condividere la lotta con lavoratori e precari, in vista anche del prossimo sciopero del 12 dicembre, come scrivono gli studenti dell’Assemblea Permanente nel documento consegnato al Preside e al Rettore il 17 novembre. Quello stesso giorno gli studenti riaprono la sede di Porta di Massa all’ordinaria amministrazione, ma decidono di mantenere un presidio occupato all’interno della stessa struttura. Si tratta dell’Aula Piovani, uno spazio dal valore più che altro simbolico, e soprattutto dei locali al terzo piano che fino a poche settimane fa ospitavano la Biblioteca. Liberate dai libri, le tre grandi sale appaiono enormi e luminose, risorse di spazio prezioso materializzatisi improvvisamente nella sede labirintica e affollata di Porta di Massa. Il trasferimento di volumi nella nuova sede di Piazza Bellini – che, ormai con grande ritardo, sarà aperta al pubblico in data ancora imprecisata – è completato da tempo, ma la Facoltà non ha ancora deliberato come utilizzare i nuovi spazi a disposizione. Nel frattempo, gli studenti li utilizzano per le attività del media center, da cui parte la web radio (asportabile all’indirizzo http://portadimassaoccupata.wordpress.com/), per le riunioni organizzative e per le attività che continueranno la mobilitazione. “L’adozione di una scelta radicale come l’occupazione ha prodotto, per la prima volta, un segnale di forte discontinuità nella vita accademica di questo ateneo”, scrivono gli studenti dell’Assemblea Permanente nel documento del 17 novembre, “in seguito ad una serie di iniziative volte all’allargamento della lotta anche al corpo docente, il quale tuttavia ha erto, nei confronti degli studenti, un muro di sostanziale ostilità, di boicottaggio o, nella maggior parte dei casi, di ambiguità”; “sono pochissimi i docenti che si sono realmente messi in gioco”, sostengono i ragazzi. “Nonostante i boicottaggi, questi venti giorni hanno avuto frutti politici importanti: si è cominciato a praticare l’università nelle forme verso le quali il movimento studentesco sta muovendo, al di là della vertenza che riguarda la legge 133”, perché possa diventare “un luogo di edificazione di cultura critica e di massa”, prosegue il documento; “un luogo in cui sono da ridefinire i rapporti di forza tra i soggetti che nell’università interagiscono e che, diversamente da quanto sempre è avvenuto, dovrà, a partire dal quartiere, aprirsi alla società, di cui deve essere al servizio, mentre ora non è altro che un servizio, peraltro inadeguato, di chi paga”. Considerazioni che portano gli studenti a concludere che “l’unità, pure da noi auspicata, della comunità accademica si è rivelata nei fatti inesistente. All’autocritica svolta da alcuni docenti nelle occasioni assembleari delle ultime settimane, a proposito di dispositivi quali l’autonomia amministrativa e l’introduzione dei crediti formativi, non ha fatto seguito alcuna azione reale né, in mancanza d’altro, una dichiarazione d’intenti”.
Uno scollamento che trae origine da settimane di incontri mancati o malriusciti, consolidatosi poi durante i venti giorni dell’occupazione. Giorni nei quali gli studenti hanno promosso e organizzato corsi e laboratori, incontri e dibattiti – come ad esempio la “lettura iper-polistilistica di Marco Palasciano dall’inferno di Dante: da Disney a Bene passando per la tragedia greca e la sceneggiata napoletana”, nel pomeriggio dell’8 novembre; o l’incontro con l’attrice Rosalia Porcaro, il 12 novembre, nell’ambito della giornata di autofinanziamento in varie sedi universitarie napoletane – durante i quali però il dialogo con la maggior parte dei docenti sembra essersi ulteriormente indebolito.
Uno scollamento che trae origine da settimane di incontri mancati o malriusciti, consolidatosi poi durante i venti giorni dell’occupazione. Giorni nei quali gli studenti hanno promosso e organizzato corsi e laboratori, incontri e dibattiti – come ad esempio la “lettura iper-polistilistica di Marco Palasciano dall’inferno di Dante: da Disney a Bene passando per la tragedia greca e la sceneggiata napoletana”, nel pomeriggio dell’8 novembre; o l’incontro con l’attrice Rosalia Porcaro, il 12 novembre, nell’ambito della giornata di autofinanziamento in varie sedi universitarie napoletane – durante i quali però il dialogo con la maggior parte dei docenti sembra essersi ulteriormente indebolito.
L’incontro
promosso da
Direttori di
Dipartimento e
Presidenti di Corso
promosso da
Direttori di
Dipartimento e
Presidenti di Corso
Per rilanciare un dibattito sui temi della didattica e della ricerca, il 13 novembre i Direttori di Dipartimento e i Presidenti di Corso di Laurea della Facoltà avevano organizzato un incontro nella sede di via Marina. Un momento di confronto in cui si è discusso di temi importanti seppure “fuori tempo massimo”, come hanno sottolineato diversi tra i docenti partecipanti; al centro dei vari interventi sono stati soprattutto i danni creati dalla riforma che ha istituito il 3+2, o ancora prima da quella che ha introdotto il concetto di autonomia degli atenei, nell’88; la distribuzione dei fondi per la ricerca; la possibile istituzione di un Politecnico a Napoli, che accorpi le Facoltà di Architettura e Ingegneria, determinandone l’uscita dalla Federico II; i concorsi truccati e i legami parentali che definiscono l’assetto di molti atenei italiani; i possibili miglioramenti da apportare alla didattica. Una discussione che è rimasta per gran parte dissociata rispetto all’attualità dei movimenti che in tutta Italia stanno mettendo in discussione non solo i recenti interventi legislativi ma l’insieme dei presupposti dell’istruzione universitaria pubblica. La proposta più concreta, tra i docenti di Lettere, è stata quella di promuovere un incontro con i sindacati di categoria, dato che poi “saranno loro a trattare”, sottolinea la prof.ssa Lamarra; incontro che, conferma il Preside De Vivo, potrebbe essere effettivamente organizzato in questi giorni.
Gli studenti
contestano
l’ambiguità
dei docenti
contestano
l’ambiguità
dei docenti
Ma l’accusa di “ambiguità” rivolta da molti studenti ai docenti e al Preside nasce soprattutto dalla mozione approvata del 4 novembre, in cui il Consiglio di Facoltà denuncia apertamente le disposizioni della Legge 133 in materia di università e chiede al governo che la legge venga ritirata, deliberando nuovi provvedimenti “con il coinvolgimento degli organi di rappresentanza del sistema universitario”. Si dichiara anche di condividere “le iniziative pubbliche di dibattito e di critica condotte nei confronti dei dispositivi della Legge 133 che culmineranno nella giornata di manifestazione nazionale convocata a Roma per il giorno 14 novembre”; e, soprattutto, si “invita il Preside a sospendere l’attività didattica nei giorni tra il 10 e il 14 novembre, in concomitanza con le iniziative rivolte a preparare momenti pubblici di riflessione e di dibattito con la più ampia partecipazione di docenti e di studenti”. Pur precisando che il sostegno alle azioni di protesta messe in campo dagli studenti delle università italiane si accompagna alla convinzione che “le attività didattiche e di ricerca debbono svolgersi regolarmente in strutture fruibili a tutti”. Di fatto, dicono gli studenti, l’“invito” al Preside a sospendere l’attività didattica nei giorni tra il 10 e il 14 novembre si è tradotto in un risultato contraddittorio, in cui ogni docente ha fatto quello che riteneva più appropriato, mentre è mancata una presa di posizione chiara e unitaria. In più, sottolineano gli occupanti, “la disponibilità dei docenti è stata finora limitata: sono venuti da noi solo quelli che già sapevamo che sarebbero venuti, tutti gli altri non hanno messo piede a Porta di Massa o lo hanno fatto solo per cercare di ostacolarci”. Attriti che di fatto sono confluiti anche nell’incontro organizzato il 13 a via Marina, dove i ragazzi dell’Assemblea Permanente sarebbero dovuti inizialmente intervenire, mentre hanno deciso poi di non presentarsi.
Un rappresentante degli studenti, Giancarlo Marino, è intervenuto in quella sede per sottolineare, tra le altre cose, anche i motivi di queste incomprensioni. “Non credo sia stato giusto da parte dei ragazzi dell’Assemblea Permanente non presentarsi a questo confronto, ma la dissidenza degli studenti deriva probabilmente dal modo in cui sono state gestite diverse questioni in Facoltà. Così come la Commissione Spazi non viene ufficialmente convocata dai tempi della presidenza Nazzaro, e si preferisce piuttosto prendere decisioni in riunioni informali, allo stesso modo un ipotetico blocco della didattica è stato proposto in maniera ambigua. Se poi si arriva ad uno scollamento così totale tra docenti e studenti e ad una occupazione non c’è da stupirsi. Nei giorni tra il 10 e il 14 gli studenti non sono venuti a seguire i corsi perché credevano che fossero stati effettivamente sospesi. Se si vuole recuperare un dialogo bisogna cambiare questi atteggiamenti”.
Un rappresentante degli studenti, Giancarlo Marino, è intervenuto in quella sede per sottolineare, tra le altre cose, anche i motivi di queste incomprensioni. “Non credo sia stato giusto da parte dei ragazzi dell’Assemblea Permanente non presentarsi a questo confronto, ma la dissidenza degli studenti deriva probabilmente dal modo in cui sono state gestite diverse questioni in Facoltà. Così come la Commissione Spazi non viene ufficialmente convocata dai tempi della presidenza Nazzaro, e si preferisce piuttosto prendere decisioni in riunioni informali, allo stesso modo un ipotetico blocco della didattica è stato proposto in maniera ambigua. Se poi si arriva ad uno scollamento così totale tra docenti e studenti e ad una occupazione non c’è da stupirsi. Nei giorni tra il 10 e il 14 gli studenti non sono venuti a seguire i corsi perché credevano che fossero stati effettivamente sospesi. Se si vuole recuperare un dialogo bisogna cambiare questi atteggiamenti”.
Il Preside
Riformare
la didattica ora
per non piangersi
addosso poi
Riformare
la didattica ora
per non piangersi
addosso poi
Non si è dimostrato propenso a questa interpretazione il Preside De Vivo: “Il testo della mozione del Consiglio di Facoltà non includeva alcun blocco della didattica, ma solo un ‘invito al Preside a sospendere i lavori’”, ha detto il Preside a conclusione dell’assemblea del 13. “Le riunioni con i Presidenti dei Corsi di Laurea possono essere informali, ma non carbonare. Ce n’è stata una dopo il Consiglio del 4 novembre proprio per decidere cosa fare in questa settimana, per rispettare l’impegno assunto dalla Facoltà, e in quella sede è stato deciso l’incontro di oggi pomeriggio. Ma se non c’è una dichiarazione di sciopero, ognuno fa il proprio dovere. Intendo utilizzare il mio mandato per lavorare. C’è tempo e spazio per riformare la didattica della Facoltà, che, secondo un documento precedente degli studenti, ‘fa acqua da tutte le parti’. E’ il primo anno di attuazione del decreto 270 – il Nuovissimo Ordinamento – e se non interveniamo ora sulle modifiche che riteniamo opportune sarà inutile piangersi addosso in futuro. La mobilitazione degli studenti mi auguro si possa protrarre su tempi lunghi, ha tutte le ragioni di esistere, l’importante è che non diventi autolesionistica”.
Viola Sarnelli
Viola Sarnelli