Lomonaco o Massimilla? Il Dipartimento di Studi Umanistici sceglie il nuovo Direttore

Qualche certezza, moltissime incognite. È certo che l’11 dicembre i membri del Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II si ritroveranno nella sala De Falco per votare il successore del Direttore dimissionario e neo Pro Rettore Arturo De Vivo. È certo che i candidati sono due visto che, dopo l’assemblea del 20 novembre indetta dal decano Francesco Barbagallo per ufficializzare elezioni e candidature, nessun altro si è fatto avanti. È certo, almeno a sentire i tanti docenti presenti quel giorno nell’aula A1 di via Marina, che chi, tra il prof. Fabrizio Lomonaco e il prof. Edoardo Massimilla, dovesse raccogliere il maggior numero di consensi, si ritroverà tra le mani una brutta gatta da pelare. Tutto è rimesso al giudizio dei votanti. Gli “indecisi”, nel frattempo, hanno avuto modo di schiarirsi le idee nel corso di quello che il prof. Barbagallo, moderatore della giornata, ha definito un “confronto leale tra due professori provenienti dallo stesso Dipartimento”. L’opera di convincimento del prof. Lomonaco è partita da due parole chiave: unità, perché “chi riuscirà ad essere eletto col vostro consenso si troverà in una marea di difficoltà. Per questo avrà bisogno della massima coesione possibile, mettendo da parte le umane idiosincrasie”, e governance, necessaria in un contesto in cui “le sezioni – le unità organizzative in cui si articola il Dipartimento – hanno determinato dei conflitti”. Confronto scuola-università, rapporto con gli studenti e ridefinizione dei programmi di studio le altre priorità di un programma che intende puntare “sul nesso didattica-ricerca”. Collaborare è il diktat del prof. Massimilla, per il quale “la richiesta di un dialogo operoso va accettata senza tergiversare, in maniera seria e responsabile, rifuggendo alle tentazioni della rassegnata subalternità e del vittimismo reattivo”. L’appello è rivolto a chi è a capo dell’Ateneo: “dobbiamo offrire al nuovo Rettore e alla nuova dirigenza un nostro impegno, e dobbiamo farlo in modo credibile, chiedendo in cambio un uguale impegno nei nostri confronti”. La cooperazione è invocata “per il reclutamento dei giovani ricercatori, per le giuste progressioni di carriera dei tanti colleghi abilitati, per il miglioramento delle condizioni di lavoro del nostro personale tecnico amministrativo, per rendere ancora più adeguati gli spazi della didattica e dello studio”. L’obiettivo è quello di “mettere sul tappeto un progetto scientifico-culturale collegialmente condiviso che si ponga il problema della didattica in connessione con l’attuale mondo della ricerca. Un progetto che sia capace di fare i conti con le condizioni indispensabili per la sua realizzazione”. 
“Questi studi non sono un lusso”
Il faccia a faccia tra i due docenti è diventato un’occasione, sfruttata da molti dei presenti, per porre sul tavolo della discussione alcune criticità che da tempo investono non solo il Dipartimento, ma l’intero settore degli studi umanistici. Qualcuno, inoltre, non ha esitato a palesare la propria preferenza elettorale. È stato questo il caso dell’altro decano, il prof. Giuseppe Cacciatore: “ho ascoltato le due linee programmatiche e mi sono confermato nel mio convincimento che la candidatura di Massimilla è quella auspicabile per il nostro Dipartimento”. Come lui, anche la prof.ssa Marisa Squillante, Presidente del Corso di Laurea in Lettere Classiche, ha dichiarato il proprio voto, motivando così la sua scelta: “ho preferito il modo in cui Edoardo si relaziona ai problemi concreti”. Stesso parere per il professore di Storia della Filosofia Domenico Conte, che ha aggiunto: “le ottime prove istituzionali fornite dal prof. Massimilla, insieme alla sobrietà del tono della sua lettera di presentazione e al rispetto rigoroso dei tempi istituzionali nella presentazione della sua candidatura, mi fanno pensare che sia un ottimo candidato alla direzione del nostro Dipartimento”. A prescindere dall’esito elettorale, il suo augurio è che “il futuro direttore metta al centro della sua opera i problemi degli studi umanistici, innanzitutto nel suo collegamento con la realtà economico-sociale. Questi studi non sono un lusso. Se fossero considerati così, saremmo destinati a morte certa”. Gli studi umanistici potrebbero non sfuggire ai colpi della falce anche se non si pone fine ad un crollo qualitativo che sta investendo soprattutto le Triennali. Questa, almeno, è l’opinione del prof. Stefano Manferlotti: “molti di noi qua dentro non ci sarebbero se a suo tempo non ci fosse stato un barlume di meritocrazia. Io non lo riconosco nella marea di immeritevoli e di incapaci iscritti alla Triennale. Non si può continuare con questo andazzo. Ne va della nostra sopravvivenza e di quella del Paese”. E in un tempo in cui sembra che chiunque “prende battesimo, comunione, cresima e Triennale”, diventa quindi necessario che il nuovo Direttore, a prescindere da chi sia, “si impegni innanzitutto al fine di un ringiovanimento qualitativo”. Per farlo, secondo il docente di Letteratura inglese, è necessario “regolamentare in qualche modo le iscrizioni e occuparsi del reclutamento dei nostri giovani studiosi”. Sulla stessa linea, l’intervento del professore di Letteratura italiana Antonio Saccone, che ha avanzato l’ipotesi di “prove in ingresso che accertino il possesso di competenze minime da parte degli studenti”. 
Alla BRAU “non
si compra un
libro da 6 anni”
Non meno severo il tono del professore di Letteratura spagnola Antonio Gargano che, da Presidente del consiglio della Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica, non ha nascosto un po’ di delusione per la scarsa attenzione rivolta da entrambi candidati alla Brau: “mi chiedo soltanto come sia stato possibile che tutti noi abbiamo tollerato una situazione come la Brau in cui non si compra un libro da circa sei anni. È un fallimento come comunità scientifica e come comunità di formatori. Mi auguro che il prossimo Direttore abbia dietro tutto il Dipartimento affinché tale questione sia risolta”. Nell’acceso dibattito è intervenuto anche il professore di Filosofia Teoretica Eugenio Mazzarella che, dopo aver espresso la sua preferenza per il prof. Lomonaco, ha ricordato ai presenti: “oggi non abbiamo un conflitto, ma un confronto”. Un dibattito durante il quale il professore di Linguistica italiana Nicola De Blasi ha parlato di deriva burocratico-amministrativa, precisando: “mi auguro che il nuovo Direttore di Dipartimento possa porre al centro dell’attenzione questo punto seguendo tanti aspetti della vita didattica che spesso rischiano di sfuggirci dalle mani”. Un esempio concreto ha chiarito il concetto: “penso alle divisioni degli studenti secondo le lettere dell’alfabeto. Questo sistema fa sì che i corsi di Lettere siano divisi in tre tronconi che però non sono equivalenti dal punto di vista numerico”. Al futuro direttore, il docente di Letteratura italiana Pasquale Sabbatino ha chiesto, invece, di “rilanciare la ricerca dando nuova vita alle sezioni”, con un occhio puntato alla “centralità degli studenti. Noi forniamo un servizio. I ragazzi non hanno bisogno solo di spazi e strutture, ma anche di essere coinvolti quando si dibatte sia della didattica che della ricerca. Ascoltandoli, possiamo costruire con loro il futuro del nostro dipartimento”. Un futuro che va programmato attentamente, come sottolineato dal professore di Storia medievale Giovanni Vitolo, secondo cui serve una “riflessione per dire se puntiamo ancora su certi settori o se li riteniamo superati”. Perché la cosa importante, come ribadisce la prof.ssa Annamaria Lamarra, Direttrice del Centro Linguistico di Ateneo (CLA), è stare al passo coi tempi: “da parecchio abbiamo dimenticato il ruolo degli studi umanistici. Sta cambiando il mercato del lavoro e la composizione della nostra città, ma sembra che nessuno ci abbia fatto caso. In termini concreti, c’è una nuova disciplina di cui qui nessuno si è accorto, ovvero l’italiano come lingua seconda, che dovrebbe diventare una nuova classe disciplinare. Adesso l’ha detto il Ministro Giannini, ma da questo Dipartimento non è venuta nessuna voce in questa direzione. Questo ci porta fuori da un dibattito al quale evidentemente dobbiamo partecipare”. Unendo le specificità dei singoli docenti. Su questo, il prof. Marco Meriggi, Presidente del Corso di Laurea in Scienze Storiche: “credo che il fatto di essere tanti sia un bene, però questo bene va coltivato con l’interazione tra componenti che possono dare un contributo specifico derivanti da professionalità che ciascun ambito pratica”. Ma unire tutte le forze non sembra un’impresa facile. Per alcune realtà universitarie manca un po’ di chiarezza, come si può dedurre dalle parole del professore di Storia medievale Francesco Senatore: “tra poco qui saremo tutti associati. Vorrei sapere dai candidati qual è il ruolo che questi docenti possono avere. Il fatto che io sia il primo non ordinario a parlare vuol dire che abbiamo un problema di trasparenza”. In chiusura, la parola è passata nuovamente ai due candidati. “Noi dobbiamo avere il senso profondo del quadro che abbiamo davanti e dei rischi che comportano scelte sbagliate”. Alle parole del prof. Massimilla è seguita la replica del prof. Lomonaco che si è soffermato in maniera più dettagliata su Brau, sezioni e situazione tecnico amministrativa. Basterà per convincere gli indecisi? Agli elettori l’ardua sentenza.
Ciro Baldini
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