Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo Statuto, presumibilmente entro giugno, anche all’Università Federico II si mettono in moto una serie di procedure che porteranno ad un radicale cambiamento dell’organizzazione e della gestione del più antico Ateneo laico del mondo. Per il Rettore Massimo Marrelli, stanchezza per la mole di lavoro e grande soddisfazione per i risultati ottenuti: “la novità più importante è che cambia completamente la governance, nel bene e nel male. Adesso, per la nostra attività, non è più necessario raggiungere decisioni di tipo assembleari, che da una parte rappresentano il rispetto di un principio democratico ma dall’altra rendono estremamente lento e complesso il processo decisionale e la stessa qualità delle decisioni”. Il nuovo Consiglio di Amministrazione è la struttura che governerà l’Ateneo, un organo fondamentale e carico di responsabilità, composto da 11 persone, che si rifà al principio delle pari opportunità. Sarà composto dal Rettore, 2 rappresentanti degli studenti, 5 membri appartenenti ai ruoli dell’Ateneo (scelti dal Rettore da un elenco votato dall’attuale Senato) e 3 personalità eminenti votate dal Senato (da un elenco di 6 nomi indicati dal Rettore). Ad esclusione degli studenti che devono essere votati ogni 2 anni e del Rettore, gli altri 8 componenti avranno mandato per quattro anni accademici, rinnovabili una sola volta.
La procedura di nomina del CdiA non è ancora scritta nel Regolamento, ma per il prof. Marrelli è l’unica praticabile: “nel nuovo Statuto è indicato ‘di concerto’ tra Rettore ed il Senato, non può che significare questo”.
Una così forte concentrazione di potere non può creare problemi? “C’è certamente un rischio di controllo democratico ma sicuramente questo renderà più veloce ed efficiente l’attività; d’altra parte ci saranno precise responsabilità sull’operato, anche il Rettore potrà essere sfiduciato. Questa è la vera grande innovazione”.
Oltre al CdiA bisogna formare subito anche il ‘Nucleo di valutazione’ che, come dice lo Statuto, avrà il compito di valutare attività didattiche, di ricerca, di trasferimento di conoscenze, il sostegno al diritto allo studio e l’attività gestionale e organizzativa dei professori. Sarà indipendente ed autonomo. Sette i componenti: un docente, un rappresentante degli studenti e 5 esterni scelti da Marrelli escludendo tutti i docenti campani e coloro che hanno una posizione di conflitto di interessi, attuale o potenziale, con l’Ateneo. Il Rettore farà un avviso pubblico ma ha già pronto un elenco quasi definitivo: “faremo una call di un certo livello, punteremo in alto, sceglierò persone dalla reputazione indiscutibile”.
Per essere totalmente operativi dal 1° gennaio 2013, un nodo importante da sciogliere, entro il prossimo autunno, sono i Dipartimenti, drasticamente ridimensionati nel numero. Bisogna costituirli entro il 31 ottobre e votare i direttori, che faranno parte del nuovo Senato Accademico, entro dicembre. L’argomento è stato, ed in qualche caso lo è ancora, dibattuto anche animatamente in tutte le Facoltà. Qual è l’attuale situazione?
“Qualche problema c’è soprattutto perché stiamo lavorando in una fase di riforma dell’esistente, con tante diversità, e non su qualcosa di totalmente nuovo che sarebbe stato sicuramente più semplice. Ci sono discrasie, credo sopportabili, ma sono destinate a scomparire nel tempo”.
Quanti saranno i nuovi Dipartimenti? “Al momento le idee progettuali sono 28 e, facendo una forzatura riferendole alle attuali Facoltà, anche perché in molti casi i docenti provengono da più Facoltà, si possono così delineare: dalla ex Facoltà di Scienze usciranno 5 Dipartimenti (Matematica, Fisica, Chimica, Scienze della Terra e Biologia con i due attuali unificati), ad Ingegneria ne nasceranno 5 molto ben fatti, ad Economia 2, Giurisprudenza 1, Lettere 1, Scienze Politiche e Sociologia 2 più 1 con parte di Lettere, Veterinaria 1, Farmacia 1, Agraria 1, Biotecnologie 1, Architettura 1 (con parte di Ingegneria) e Medicina 6/7. In quest’ultimo caso bisogna ancora lavorare per renderli più universitari (ricerca e didattica) e meno assistenziali”.
I nuovi Dipartimenti avranno maggiore autonomia anche finanziaria, con quale meccanismo saranno assegnati i fondi?
“Il budget verrà destinato basandosi sul modello di valutazione che prevede una parte storica per il 50% e l’altra metà per esigenze di didattica e ricerca. Utilizzeremo gli stessi criteri che il Ministero adotta con le Università e che attualmente usano le Facoltà. Considerando, però, che questi modelli tendono a perpetuare il passato, il 20% delle risorse disponibili verrà attribuito su base discrezionale dal CdiA su parere del Senato. Questa quota servirà per i nuovi progetti che naturalmente non possono essere preventivamente valutati”.
Quali sono le difficoltà maggiori?
“Il grandissimo problema è la riorganizzazione della macchina e la sua efficienza, evitando però di far pesare i costi sui dipendenti. Sono escluse, quindi, migrazioni epiche di massa, dobbiamo tener conto di coloro che per esempio abitano ed hanno sempre lavorato nella zona di Fuorigrotta, e mi riferisco in particolar mondo al personale Tecnico Amministrativo che non dev’essere penalizzato neanche economicamente”. In che senso: “un segretario amministrativo di categoria D, che guadagna 1.027 euro e prende attualmente 110 euro di indennità non può rischiare di perdere questo indennizzo. Non avrei nessuna remora se stessimo parlando di stipendi tedeschi. Altro aspetto importante è quello di preservare le professionalità presenti nelle presidenze di Facoltà, una soluzione potrebbe essere il loro coinvolgimento nei ‘distretti territoriali’, quattro nuove strutture di riferimento, per informazioni, servizi e didattica, da attivare nelle aree dove è presente l’Ateneo: Centro Storico, Cappella Cangiani, Monte S. Angelo e Portici”.
Nonostante le continue rassicurazioni la valutazione è sempre molto temuta, perché?
“C’è un problema ideologico, qualunque sia il criterio di valutazione che si adotta, se ci si rifà a degli indicatori che per definizione sono imperfetti e non precisi. Ad esempio gli impact factor: io che ho un H-index di 14 e Riccardo Martina ha un H-index di 13, siamo statisticamente diversi? No, siamo nella stessa area. Gli indicatori distinguono solo se c’è un h-index molto elevato, se è nella media o se non c’è l’hai proprio. Il meccanismo fa paura a quelli che sono in buona fede, per il timore di essere tagliati ingiustamente. Poi ci sono gli altri…
Devo dire però, con grande franchezza e sorpresa, che in occasione del PQR, grazie al lavoro impressionante fatto dal gruppo del prof. Miano, proprio sulla valutazione, abbiamo scoperto che la nostra percentuale di inattivi, cioè quelli che pubblicano poco, è più bassa della metà della media nazionale.
Una cosa importante da sottolineare è che oggi l’Università è l’unica istituzione di questo paese che fa procedimento di valutazione. E’ l’unica, nonostante tutto, che si assoggetta a questo processo che andrebbe invece esteso a tutta la pubblica amministrazione ed ai politici”.
In passato ha più volte evidenziato la necessità di incrementare il passaggio al numero programmato, per ottimizzare risorse ed aumentare la qualità. E’ sempre della stessa idea?
“Sì, c’è l’indirizzo a passare per tutti i nostri Corsi al numero programmato dal prossimo anno. Il grande problema è quello di non ridurre l’offerta didattica in ambito regionale, su questo stiamo tentando un coordinamento nel sistema campano universitario. In questo momento però, dato il sistema di finanziamento proposto dal Ministero, c’è un disincentivo a mettere il numero programmato. Il modo in cui il Ministero calcola il finanziamento è tale che conviene avere un sacco di studenti che pagano le tasse più che avere qualità alta, ed è sbagliato, è una idiozia. Speriamo che il Ministro Profumo tenga conto delle nostre segnalazioni”.
Gennaro Varriale
La procedura di nomina del CdiA non è ancora scritta nel Regolamento, ma per il prof. Marrelli è l’unica praticabile: “nel nuovo Statuto è indicato ‘di concerto’ tra Rettore ed il Senato, non può che significare questo”.
Una così forte concentrazione di potere non può creare problemi? “C’è certamente un rischio di controllo democratico ma sicuramente questo renderà più veloce ed efficiente l’attività; d’altra parte ci saranno precise responsabilità sull’operato, anche il Rettore potrà essere sfiduciato. Questa è la vera grande innovazione”.
Oltre al CdiA bisogna formare subito anche il ‘Nucleo di valutazione’ che, come dice lo Statuto, avrà il compito di valutare attività didattiche, di ricerca, di trasferimento di conoscenze, il sostegno al diritto allo studio e l’attività gestionale e organizzativa dei professori. Sarà indipendente ed autonomo. Sette i componenti: un docente, un rappresentante degli studenti e 5 esterni scelti da Marrelli escludendo tutti i docenti campani e coloro che hanno una posizione di conflitto di interessi, attuale o potenziale, con l’Ateneo. Il Rettore farà un avviso pubblico ma ha già pronto un elenco quasi definitivo: “faremo una call di un certo livello, punteremo in alto, sceglierò persone dalla reputazione indiscutibile”.
Per essere totalmente operativi dal 1° gennaio 2013, un nodo importante da sciogliere, entro il prossimo autunno, sono i Dipartimenti, drasticamente ridimensionati nel numero. Bisogna costituirli entro il 31 ottobre e votare i direttori, che faranno parte del nuovo Senato Accademico, entro dicembre. L’argomento è stato, ed in qualche caso lo è ancora, dibattuto anche animatamente in tutte le Facoltà. Qual è l’attuale situazione?
“Qualche problema c’è soprattutto perché stiamo lavorando in una fase di riforma dell’esistente, con tante diversità, e non su qualcosa di totalmente nuovo che sarebbe stato sicuramente più semplice. Ci sono discrasie, credo sopportabili, ma sono destinate a scomparire nel tempo”.
Quanti saranno i nuovi Dipartimenti? “Al momento le idee progettuali sono 28 e, facendo una forzatura riferendole alle attuali Facoltà, anche perché in molti casi i docenti provengono da più Facoltà, si possono così delineare: dalla ex Facoltà di Scienze usciranno 5 Dipartimenti (Matematica, Fisica, Chimica, Scienze della Terra e Biologia con i due attuali unificati), ad Ingegneria ne nasceranno 5 molto ben fatti, ad Economia 2, Giurisprudenza 1, Lettere 1, Scienze Politiche e Sociologia 2 più 1 con parte di Lettere, Veterinaria 1, Farmacia 1, Agraria 1, Biotecnologie 1, Architettura 1 (con parte di Ingegneria) e Medicina 6/7. In quest’ultimo caso bisogna ancora lavorare per renderli più universitari (ricerca e didattica) e meno assistenziali”.
I nuovi Dipartimenti avranno maggiore autonomia anche finanziaria, con quale meccanismo saranno assegnati i fondi?
“Il budget verrà destinato basandosi sul modello di valutazione che prevede una parte storica per il 50% e l’altra metà per esigenze di didattica e ricerca. Utilizzeremo gli stessi criteri che il Ministero adotta con le Università e che attualmente usano le Facoltà. Considerando, però, che questi modelli tendono a perpetuare il passato, il 20% delle risorse disponibili verrà attribuito su base discrezionale dal CdiA su parere del Senato. Questa quota servirà per i nuovi progetti che naturalmente non possono essere preventivamente valutati”.
Quali sono le difficoltà maggiori?
“Il grandissimo problema è la riorganizzazione della macchina e la sua efficienza, evitando però di far pesare i costi sui dipendenti. Sono escluse, quindi, migrazioni epiche di massa, dobbiamo tener conto di coloro che per esempio abitano ed hanno sempre lavorato nella zona di Fuorigrotta, e mi riferisco in particolar mondo al personale Tecnico Amministrativo che non dev’essere penalizzato neanche economicamente”. In che senso: “un segretario amministrativo di categoria D, che guadagna 1.027 euro e prende attualmente 110 euro di indennità non può rischiare di perdere questo indennizzo. Non avrei nessuna remora se stessimo parlando di stipendi tedeschi. Altro aspetto importante è quello di preservare le professionalità presenti nelle presidenze di Facoltà, una soluzione potrebbe essere il loro coinvolgimento nei ‘distretti territoriali’, quattro nuove strutture di riferimento, per informazioni, servizi e didattica, da attivare nelle aree dove è presente l’Ateneo: Centro Storico, Cappella Cangiani, Monte S. Angelo e Portici”.
Nonostante le continue rassicurazioni la valutazione è sempre molto temuta, perché?
“C’è un problema ideologico, qualunque sia il criterio di valutazione che si adotta, se ci si rifà a degli indicatori che per definizione sono imperfetti e non precisi. Ad esempio gli impact factor: io che ho un H-index di 14 e Riccardo Martina ha un H-index di 13, siamo statisticamente diversi? No, siamo nella stessa area. Gli indicatori distinguono solo se c’è un h-index molto elevato, se è nella media o se non c’è l’hai proprio. Il meccanismo fa paura a quelli che sono in buona fede, per il timore di essere tagliati ingiustamente. Poi ci sono gli altri…
Devo dire però, con grande franchezza e sorpresa, che in occasione del PQR, grazie al lavoro impressionante fatto dal gruppo del prof. Miano, proprio sulla valutazione, abbiamo scoperto che la nostra percentuale di inattivi, cioè quelli che pubblicano poco, è più bassa della metà della media nazionale.
Una cosa importante da sottolineare è che oggi l’Università è l’unica istituzione di questo paese che fa procedimento di valutazione. E’ l’unica, nonostante tutto, che si assoggetta a questo processo che andrebbe invece esteso a tutta la pubblica amministrazione ed ai politici”.
In passato ha più volte evidenziato la necessità di incrementare il passaggio al numero programmato, per ottimizzare risorse ed aumentare la qualità. E’ sempre della stessa idea?
“Sì, c’è l’indirizzo a passare per tutti i nostri Corsi al numero programmato dal prossimo anno. Il grande problema è quello di non ridurre l’offerta didattica in ambito regionale, su questo stiamo tentando un coordinamento nel sistema campano universitario. In questo momento però, dato il sistema di finanziamento proposto dal Ministero, c’è un disincentivo a mettere il numero programmato. Il modo in cui il Ministero calcola il finanziamento è tale che conviene avere un sacco di studenti che pagano le tasse più che avere qualità alta, ed è sbagliato, è una idiozia. Speriamo che il Ministro Profumo tenga conto delle nostre segnalazioni”.
Gennaro Varriale