Orientamento alle professioni: la Magistratura

L’aula Coviello di Giurisprudenza gremita di studenti per l’incontro con due Magistrati: Francesco Cananzi, componente togato del CSM, e Eduardo Campese, coordinatore responsabile del settore civile, Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione. “I laureandi incontrano le professioni”: il titolo dell’appuntamento del 29 marzo che rientra nell’ambito delle iniziative promosse dalla Commissione Orientamento presieduta dalla prof.ssa Valeria Marzocco. Si è già parlato delle figure dell’avvocato e del giurista d’impresa, ha ricordato la docente che ha accolto i due magistrati con il Direttore del Dipartimento prof. Lucio De Giovanni. Cananzi e Campese, ha sottolineato il prof. Fabrizio De Vita, che insegna Procedura civile e si occupa del processo telematico, hanno cominciato dal campo delle controversie civili e penali e sono oggi impegnati negli organi supremi della magistratura. “Ritengo che questo sia il mestiere più bello perché sei contemporaneamente espressione di una Istituzione fondamentale dello Stato, in quanto eserciti il potere giudiziario, e sei una frazione di quel potere”, ha detto Cananzi toccando poi i temi dell’autonomia, dell’indipendenza e dell’etica. “La magistratura non ha un compito etico, ma al magistrato è richiesto di essere etico nella sua professione e cioè nella competenza, nella professionalità e nel mantenere l’imparzialità. L’etica è del magistrato in quanto persona e non della magistratura perché essa non deve rispondere a dei fenomeni, non deve cioè sostituirsi alla politica”, ha affermato. La parola passa poi Campese il quale ha letto ai ragazzi un passo del filosofo del diritto, nonchè ex magistrato, Luigi Ferrajoli: “ogni magistrato nella sua lunga carriera incontra migliaia di cittadini: come imputati, come parti offese, come testimoni, come attori o convenuti.
Naturalmente non ricorderà quasi nessuna di queste persone, ma ciascuna di queste ricorderà quell’incontro. Indipendentemente dal fatto che abbia avuto torto o ragione, ricorderà e giudicherà il suo giudice, ne valuterà l’equilibrio o l’arroganza, il rispetto oppure il disprezzo per la persona, la capacità di ascoltare le sue ragioni oppure l’ottusità burocratica, l’imparzialità oppure il pregiudizio. Ricorderà, soprattutto, se quel giudice gli ha fatto paura o gli ha suscitato fiducia. Solo in questo secondo caso ne avvertirà e ne difenderà l’indipendenza come una sua garanzia, cioè come una garanzia dei suoi diritti di cittadino. Altrimenti, possiamo esserne certi, egli avvertirà quell’indipendenza come il privilegio di una casta di un potere odioso e terribile”.
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