Giornata di festeggiamenti è stata quella del 21 febbraio a Piazza del Plebiscito in occasione della Festa della Primavera, altrettanto nota come Capodanno cinese, per dare il benvenuto al nuovo anno sotto il segno della Capra. Un evento imperdibile che mescola Occidente e Oriente in un caleidoscopio di colori, ritmi e spettacoli tipici della tradizione cinese. Organizzato dall’Istituto Confucio de “L’Orientale” in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è un appuntamento irrinunciabile per gli studenti di lingue asiatiche nonché un’occasione per conoscere meglio la cultura e le civiltà orientali, poiché “la festività non è celebrata solo in Cina, ma in diversi paesi dell’Estremo Oriente, tra cui Corea e Indonesia”, sottolinea Liliana, studentessa di Lingue, Lettere e Culture Comparate. E aggiunge: “è la festività più importante per i cinesi, ma non ha nulla a che fare con la religione, perché è legata alle tradizioni secolari della cultura millenaria orientale”.
Quest’anno il Capodanno cinese è caduto il 19 febbraio, ma la ricorrenza non ha una data fissa, che “è stabilita in base al calendario lunisolare in concomitanza con il secondo novilunio dopo il solstizio d’inverno, siccome l’osservazione dei fenomeni celesti, soprattutto delle stelle, rivestiva un’importanza fondamentale circa quattromila anni fa”, illustra Manuela Sorrentino, iscritta al terzo anno di Lingue e Culture Orientali e Africane.
Ogni anno è associato ad uno dei dodici animali dello zodiaco cinese, i quali si alternano ciclicamente a differenza del nostro calendario zodiacale dove i segni sono fissi: “saluteremo insieme l’anno del cavallo per entrare ufficialmente nell’anno della capra. Sarà un anno speciale dal momento che la capra per i cinesi è un animale di buon auspicio, poiché è simile alla parola fortuna e i due termini si pronunciano quasi allo stesso modo”, spiega Giovanni, studente del Corso di Laurea Magistrale in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa.
Ha inaugurato la cerimonia la sfilata del dragone di seta eseguita da una compagnia di atleti della scuola A.S.D. Teng Long di San Giorgio a Cremano, esperti dell’antica tecnica di ginnastica che porta il nome di taijiquan, seguita da numerose iniziative che hanno animato la mattinata con musica e danze folcloristiche, tra cui performance di arti marziali, parate, manifattura di aquiloni, carte ritagliate, arte e tecnica dei nodi. “Anche due anni fa nella giornata di celebrazione furono allestiti diversi stand in cui insegnavano l’arte della calligrafia e della pittura tradizionale, ma il ricordo più bello fu quando partecipai alla cerimonia del tè, perché è una consuetudine importantissima nella vita dei cinesi fin dall’antichità che ti trasporta in un’atmosfera davvero magica”, ricorda Simona Brunitto, iscritta all’ultimo anno di Lingue, Lettere e Culture Comparate.
Non solo tre ore di balli tradizionali, acrobazie, giochi e cortei ma un rendez-vous che unisce l’Italia e la Cina, vissuto come un momento di forte coesione e solidarietà sociale: “è bello che Napoli omaggi la comunità cinese molto presente sul territorio, perché la manifestazione è un punto di incontro che favorisce l’integrazione degli abitanti cinesi, molto spesso emarginati, nella nostra città”, sostiene Liliana. “Due anni fa, in apertura della manifestazione alcuni ragazzi cinesi si esibirono alternando canzoni italiane a canti tradizionali cinesi: fu un momento molto toccante che ci commosse tutti nel profondo, perché la Cina non è così lontana come potrebbe sembrare. Per questa ragione, vivo totalmente questi eventi, anzi ritengo che si possa fare molto di più, considerando l’ingente numero di cinesi che vivono accanto a noi. Partecipare mi fa sentire, anche solo per cinque minuti, di appartenere a quel popolo”, continua Simona. “Questa è un’occasione perfetta per far sì che le due comunità possano entrare in contatto e per noi studenti di comunicare con ragazzi cinesi, cosa che nel solo ambito universitario è difficile da attuarsi”, prosegue Giovanni. Inoltre, alcune studentesse hanno indossato i costumi delle minoranze etniche cinesi, altri li hanno confezionati per l’occasione: “Mia mamma mi ha cucito un vestito di colore rosso, che è il motivo conduttore degli abiti tradizionali, perché è il simbolo del fuoco che purifica e allontana la cattiva sorte. Per questa ragione, un altro rito propiziatorio è quello dei fuochi d’artificio, che secondo la leggenda allontanerebbero i demoni dai villaggi in pericolo. Tra le altre usanze, oltre al colore rosso, anche lo scambio di doni e pacchetti lo rende un po’ simile al nostro Natale”, racconta Angela Marino, iscritta al secondo anno di Lingue e Culture Orientali e Africane. “Per noi futuri sinologi è un momento per entrare vivamente nei costumi e nelle tradizioni cinesi, dai cibi tipici agli abiti, partecipando a tante divertenti attività e festeggiando insieme per augurarsi felicità, benessere e prosperità per il nuovo anno. Questa è solo una data simbolica, perché la tradizione vuole che la festa duri un paio di settimane fino al Festival delle Lanterne quando miriadi di lanterne colorate accese nel cielo spazzeranno via gli spiriti maligni e i cattivi ricordi che hanno accompagnato l’anno passato”, conclude Manuela.
Sabrina Sabatino
Quest’anno il Capodanno cinese è caduto il 19 febbraio, ma la ricorrenza non ha una data fissa, che “è stabilita in base al calendario lunisolare in concomitanza con il secondo novilunio dopo il solstizio d’inverno, siccome l’osservazione dei fenomeni celesti, soprattutto delle stelle, rivestiva un’importanza fondamentale circa quattromila anni fa”, illustra Manuela Sorrentino, iscritta al terzo anno di Lingue e Culture Orientali e Africane.
Ogni anno è associato ad uno dei dodici animali dello zodiaco cinese, i quali si alternano ciclicamente a differenza del nostro calendario zodiacale dove i segni sono fissi: “saluteremo insieme l’anno del cavallo per entrare ufficialmente nell’anno della capra. Sarà un anno speciale dal momento che la capra per i cinesi è un animale di buon auspicio, poiché è simile alla parola fortuna e i due termini si pronunciano quasi allo stesso modo”, spiega Giovanni, studente del Corso di Laurea Magistrale in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa.
Ha inaugurato la cerimonia la sfilata del dragone di seta eseguita da una compagnia di atleti della scuola A.S.D. Teng Long di San Giorgio a Cremano, esperti dell’antica tecnica di ginnastica che porta il nome di taijiquan, seguita da numerose iniziative che hanno animato la mattinata con musica e danze folcloristiche, tra cui performance di arti marziali, parate, manifattura di aquiloni, carte ritagliate, arte e tecnica dei nodi. “Anche due anni fa nella giornata di celebrazione furono allestiti diversi stand in cui insegnavano l’arte della calligrafia e della pittura tradizionale, ma il ricordo più bello fu quando partecipai alla cerimonia del tè, perché è una consuetudine importantissima nella vita dei cinesi fin dall’antichità che ti trasporta in un’atmosfera davvero magica”, ricorda Simona Brunitto, iscritta all’ultimo anno di Lingue, Lettere e Culture Comparate.
Non solo tre ore di balli tradizionali, acrobazie, giochi e cortei ma un rendez-vous che unisce l’Italia e la Cina, vissuto come un momento di forte coesione e solidarietà sociale: “è bello che Napoli omaggi la comunità cinese molto presente sul territorio, perché la manifestazione è un punto di incontro che favorisce l’integrazione degli abitanti cinesi, molto spesso emarginati, nella nostra città”, sostiene Liliana. “Due anni fa, in apertura della manifestazione alcuni ragazzi cinesi si esibirono alternando canzoni italiane a canti tradizionali cinesi: fu un momento molto toccante che ci commosse tutti nel profondo, perché la Cina non è così lontana come potrebbe sembrare. Per questa ragione, vivo totalmente questi eventi, anzi ritengo che si possa fare molto di più, considerando l’ingente numero di cinesi che vivono accanto a noi. Partecipare mi fa sentire, anche solo per cinque minuti, di appartenere a quel popolo”, continua Simona. “Questa è un’occasione perfetta per far sì che le due comunità possano entrare in contatto e per noi studenti di comunicare con ragazzi cinesi, cosa che nel solo ambito universitario è difficile da attuarsi”, prosegue Giovanni. Inoltre, alcune studentesse hanno indossato i costumi delle minoranze etniche cinesi, altri li hanno confezionati per l’occasione: “Mia mamma mi ha cucito un vestito di colore rosso, che è il motivo conduttore degli abiti tradizionali, perché è il simbolo del fuoco che purifica e allontana la cattiva sorte. Per questa ragione, un altro rito propiziatorio è quello dei fuochi d’artificio, che secondo la leggenda allontanerebbero i demoni dai villaggi in pericolo. Tra le altre usanze, oltre al colore rosso, anche lo scambio di doni e pacchetti lo rende un po’ simile al nostro Natale”, racconta Angela Marino, iscritta al secondo anno di Lingue e Culture Orientali e Africane. “Per noi futuri sinologi è un momento per entrare vivamente nei costumi e nelle tradizioni cinesi, dai cibi tipici agli abiti, partecipando a tante divertenti attività e festeggiando insieme per augurarsi felicità, benessere e prosperità per il nuovo anno. Questa è solo una data simbolica, perché la tradizione vuole che la festa duri un paio di settimane fino al Festival delle Lanterne quando miriadi di lanterne colorate accese nel cielo spazzeranno via gli spiriti maligni e i cattivi ricordi che hanno accompagnato l’anno passato”, conclude Manuela.
Sabrina Sabatino