La notizia: il prof. Massimo Pica Ciamarra, dal 1971 professore associato di Progettazione architettonica alla Facoltà di Architettura, progettista e professore universitario affermato, tra l’altro vice presidente dal 1990 del prestigioso IN/Arch (Istituto Nazionale di Architettura fondato da Bruno Zevi), e dell’O.I.A. (Observatoire International de l’Architecture) di Parigi, sempre dal ’90, collaborazioni e progetti per CNR e Murst, è stato nuovamente bocciato al concorso per professore ordinario. È l’ennesima puntata di concorsopoli, e di quanti chiedono trasparenza sui meccanismi concorsuali? Abbiamo cercato di saperne di più.
Un professore anziano, amico di Pica Ciamarra, un giorno gli disse: “tu sei l’unico che è riuscito a mettere dei suoi allievi in cattedra”, ma non se stesso. L’interessato ribatte: “nessun problema. È dal 1974 che vedo questo incidente ripetersi sulla mia strada. La questione sembrava risolta già nel ‘75-‘76 ma poi c’è stato qualche intoppo, che si è ripetuto anche altre volte negli anni a venire”. Infatti, quest’anno sembrava che la facoltà di Architettura, compatta, avrebbe sostenuto Ciamarra, tra l’altro, avendo bandito la cattedra proprio per lui. E invece… “Come diceva Malaparte, preferisco essere sconfitto ma simpatico, alla tracotanza dei vincitori”. “Continuo a vincere premi di architettura, progetti nazionali e internazionali, ad essere presente nel dibattito scientifico internazionale. Insomma, le soddisfazioni ce l’ho, ma altrove”. Difatti, il suo palmares, è di quelli da fare invidia ai maggiori architetti a livello mondiale: progettazione di Piazzale Tecchio a Fuorigrotta per i mondiali del ‘90, la nuova sede dell’Istituto Motori a Fuorigrotta, il grattacielo Enel al centro Direzionale, i progetti per le Università di Lattakya, Yarmouk University, gli spazi centrali di Melun Sénart; il Pole musicale et festif a Grenoble, il Regierungsriertel Am Alten Steiger and Erfurt e nel 2000 i concorsi per la riqualificazione urbana intorno alla Fiera di Bari, ad Agrigento, la Biblioteca Fonteguerriana di Pistoia ed a novembre l’apertura all’Università di Siviglia (Spagna) di una mostra sulle architetture dello studio Pica Ciamarra Associati. Solo per citare una parte del suo vasto curriculum. Insomma, una stima profonda, da Parigi agli Stati Uniti, alla Germania, ma non nell’Università italiana. Forse anche per aver battuto, in concorsi internazionali, nomi grossi dell’architettura nostrana, professori come Paolo Portoghesi ed altri? Pica Ciamarra non risponde. “Non so, capita talvolta di vincere e di battere importanti colleghi. È normale, che qualcuno vinca e qualche altro perda”. Gli giriamo una considerazione di un professore, di qualche anno fa, che sul problema degli associati affermava: “quando sei docente universitario da tanti anni e non vai in cattedra, vuol dire che hai qualche grosso nemico nazionale”. Pica schiva: “non voglio fare polemiche. Preferisco confrontarmi a 2000-2500 chilometri di distanza. Ho difficoltà a pensare che ci siano diversità di posizioni, locali o nazionali”. Incalziamo, qualcuno gliel’ha giurata, la vogliono mortificare? “Non credo, non ho motivo di ritenerlo, anzi, ho avuto molte attestazioni di stima dalla facoltà e dal Preside Cesarano. Sono sufficientemente sereno, ed a 63 anni non demordo. Mi rendo conto che agli occhi esterni questa situazione può essere quantomeno strana. Il meccanismo però non lo so decodificare”. Preferisce parlare d’altro: “a breve apriremo un museo sul mare a Bagnoli, con la Fondazione IDIS. Una cosa che ha lasciato stupiti, anche per lo scenario naturale, coloro che sono intervenuti nei giorni scorsi al summit mondiale dei musei della Scienza a Napoli”. Lei ne è stato il progettista? “Si. Ecco, questi sono i miei piaceri. È una cosa molto divertente e bella dovuta alla grinta di Vittorio Silvestrini”.
Professore, neanche un po’ di fastidio?, gli chiediamo. “Certo, sono dispiaciuto, ma l’etichetta di sconfitto nell’accademia non è una delle peggiori e mi appartiene da molto tempo. È la mia etichetta”. Veramente, anche al Nobel Rubbia è stata rifiutata la titolarità di cattedra nell’Università. E lui: “non commento. Di certo per me non significa minore impegno sul profilo culturale, nazionale ed internazionale. Dove anzi sono molto presente. Certo, sono amareggiato, ma null’altro. Credo invece che bisogna eccitare le idee e che valga la pena di sostenere delle idee nell’architettura. E questo nessuno me lo toglie dalla testa. Non demordo”.
Quanto pesa la facoltà di appartenenza e quanto le strategie accademiche nazionali o i baroni nei concorsi a cattedre? “Io so che avevo il sostegno forte, compatto, della mia facoltà. Ma so, per esperienza, che a volte ci possono essere anche altre regie, esterne che possono mettere in condizione le Scuole a non mettere a posto i propri candidati. Perché si determinano altri fattori, un qualcosa che non so definire”.
Quanto pesano invece i titoli, i premi internazionali vinti nei concorsi a cattedra? “Meno. Anzi, sono negativi. È bene che i commissari non lo sappiano, non ne siano a conoscenza”. In pratica, più sei bravo e affermato, più sei pericoloso. “Ma non accade solo nella mia area disciplinare”. Cosa cambia, ora, nei suoi rapporti con l’università e la facoltà? “Sto pensando se sia il caso di abbandonare l’Università. La nostra università ha bisogno di trasformazioni, di adeguamento ai tempi, di arricchirsi, di confrontarsi internazionalmente. Nel momento in cui ti trovi in difficoltà, vuol dire che c’è una differenza sul peso che si vuole dare alle cose che si dicono, che tu dici. È un segnale con cui ti fanno intendere che devi avere un minore peso nel nostro sistema. Allora diventa sterile l’impegno a continuare nell’Università”. In cattedra è stato chiamato un non napoletano? “No. È stato chiamato uno della facoltà. È diventato ordinario Sandro Raffone, sempre napoletano. Un ragazzo bravo, il più anziano fra i giovani. Cosa che mi ha fatto piacere, al punto da essermi auto invitato a tenere una lezione nel suo corso”.
Cosa risponde il Preside Arcangelo Cesarano? “L’esito non è ancora ufficiale. Un po’ tutti in facoltà ci aspettavamo che quest’anno ce l’avrebbe fatta. I concorsi universitari sono sempre una cosa un po’ complicata. I parametri richiesti per vincere sono: didattica, ricerca e gestione. Va anche detto che, in facoltà, essendo l’area della progettazione molto vasta, c’erano diverse attese e complessivamente abbiamo parecchi docenti un po’ anziani che attendono da tempo. Come va detto che manca il ricambio per problemi di budget”. Tornando ai requisiti: “Pica Ciamarra è un progettista di fama internazionale, di indubbia qualità. Ma, nell’accademia, questo non significa che obbligatoriamente i grandi progettisti debbano essere professori universitari. Ad esempio, Renzo Piano non è in cattedra”.
Paolo Iannotti
Un professore anziano, amico di Pica Ciamarra, un giorno gli disse: “tu sei l’unico che è riuscito a mettere dei suoi allievi in cattedra”, ma non se stesso. L’interessato ribatte: “nessun problema. È dal 1974 che vedo questo incidente ripetersi sulla mia strada. La questione sembrava risolta già nel ‘75-‘76 ma poi c’è stato qualche intoppo, che si è ripetuto anche altre volte negli anni a venire”. Infatti, quest’anno sembrava che la facoltà di Architettura, compatta, avrebbe sostenuto Ciamarra, tra l’altro, avendo bandito la cattedra proprio per lui. E invece… “Come diceva Malaparte, preferisco essere sconfitto ma simpatico, alla tracotanza dei vincitori”. “Continuo a vincere premi di architettura, progetti nazionali e internazionali, ad essere presente nel dibattito scientifico internazionale. Insomma, le soddisfazioni ce l’ho, ma altrove”. Difatti, il suo palmares, è di quelli da fare invidia ai maggiori architetti a livello mondiale: progettazione di Piazzale Tecchio a Fuorigrotta per i mondiali del ‘90, la nuova sede dell’Istituto Motori a Fuorigrotta, il grattacielo Enel al centro Direzionale, i progetti per le Università di Lattakya, Yarmouk University, gli spazi centrali di Melun Sénart; il Pole musicale et festif a Grenoble, il Regierungsriertel Am Alten Steiger and Erfurt e nel 2000 i concorsi per la riqualificazione urbana intorno alla Fiera di Bari, ad Agrigento, la Biblioteca Fonteguerriana di Pistoia ed a novembre l’apertura all’Università di Siviglia (Spagna) di una mostra sulle architetture dello studio Pica Ciamarra Associati. Solo per citare una parte del suo vasto curriculum. Insomma, una stima profonda, da Parigi agli Stati Uniti, alla Germania, ma non nell’Università italiana. Forse anche per aver battuto, in concorsi internazionali, nomi grossi dell’architettura nostrana, professori come Paolo Portoghesi ed altri? Pica Ciamarra non risponde. “Non so, capita talvolta di vincere e di battere importanti colleghi. È normale, che qualcuno vinca e qualche altro perda”. Gli giriamo una considerazione di un professore, di qualche anno fa, che sul problema degli associati affermava: “quando sei docente universitario da tanti anni e non vai in cattedra, vuol dire che hai qualche grosso nemico nazionale”. Pica schiva: “non voglio fare polemiche. Preferisco confrontarmi a 2000-2500 chilometri di distanza. Ho difficoltà a pensare che ci siano diversità di posizioni, locali o nazionali”. Incalziamo, qualcuno gliel’ha giurata, la vogliono mortificare? “Non credo, non ho motivo di ritenerlo, anzi, ho avuto molte attestazioni di stima dalla facoltà e dal Preside Cesarano. Sono sufficientemente sereno, ed a 63 anni non demordo. Mi rendo conto che agli occhi esterni questa situazione può essere quantomeno strana. Il meccanismo però non lo so decodificare”. Preferisce parlare d’altro: “a breve apriremo un museo sul mare a Bagnoli, con la Fondazione IDIS. Una cosa che ha lasciato stupiti, anche per lo scenario naturale, coloro che sono intervenuti nei giorni scorsi al summit mondiale dei musei della Scienza a Napoli”. Lei ne è stato il progettista? “Si. Ecco, questi sono i miei piaceri. È una cosa molto divertente e bella dovuta alla grinta di Vittorio Silvestrini”.
Professore, neanche un po’ di fastidio?, gli chiediamo. “Certo, sono dispiaciuto, ma l’etichetta di sconfitto nell’accademia non è una delle peggiori e mi appartiene da molto tempo. È la mia etichetta”. Veramente, anche al Nobel Rubbia è stata rifiutata la titolarità di cattedra nell’Università. E lui: “non commento. Di certo per me non significa minore impegno sul profilo culturale, nazionale ed internazionale. Dove anzi sono molto presente. Certo, sono amareggiato, ma null’altro. Credo invece che bisogna eccitare le idee e che valga la pena di sostenere delle idee nell’architettura. E questo nessuno me lo toglie dalla testa. Non demordo”.
Quanto pesa la facoltà di appartenenza e quanto le strategie accademiche nazionali o i baroni nei concorsi a cattedre? “Io so che avevo il sostegno forte, compatto, della mia facoltà. Ma so, per esperienza, che a volte ci possono essere anche altre regie, esterne che possono mettere in condizione le Scuole a non mettere a posto i propri candidati. Perché si determinano altri fattori, un qualcosa che non so definire”.
Quanto pesano invece i titoli, i premi internazionali vinti nei concorsi a cattedra? “Meno. Anzi, sono negativi. È bene che i commissari non lo sappiano, non ne siano a conoscenza”. In pratica, più sei bravo e affermato, più sei pericoloso. “Ma non accade solo nella mia area disciplinare”. Cosa cambia, ora, nei suoi rapporti con l’università e la facoltà? “Sto pensando se sia il caso di abbandonare l’Università. La nostra università ha bisogno di trasformazioni, di adeguamento ai tempi, di arricchirsi, di confrontarsi internazionalmente. Nel momento in cui ti trovi in difficoltà, vuol dire che c’è una differenza sul peso che si vuole dare alle cose che si dicono, che tu dici. È un segnale con cui ti fanno intendere che devi avere un minore peso nel nostro sistema. Allora diventa sterile l’impegno a continuare nell’Università”. In cattedra è stato chiamato un non napoletano? “No. È stato chiamato uno della facoltà. È diventato ordinario Sandro Raffone, sempre napoletano. Un ragazzo bravo, il più anziano fra i giovani. Cosa che mi ha fatto piacere, al punto da essermi auto invitato a tenere una lezione nel suo corso”.
Cosa risponde il Preside Arcangelo Cesarano? “L’esito non è ancora ufficiale. Un po’ tutti in facoltà ci aspettavamo che quest’anno ce l’avrebbe fatta. I concorsi universitari sono sempre una cosa un po’ complicata. I parametri richiesti per vincere sono: didattica, ricerca e gestione. Va anche detto che, in facoltà, essendo l’area della progettazione molto vasta, c’erano diverse attese e complessivamente abbiamo parecchi docenti un po’ anziani che attendono da tempo. Come va detto che manca il ricambio per problemi di budget”. Tornando ai requisiti: “Pica Ciamarra è un progettista di fama internazionale, di indubbia qualità. Ma, nell’accademia, questo non significa che obbligatoriamente i grandi progettisti debbano essere professori universitari. Ad esempio, Renzo Piano non è in cattedra”.
Paolo Iannotti