Quant’è difficile trovare un posto per studiare!

Con l’avvento della riforma, il ritmo di studio è frenetico e, per razionalizzare al meglio il mio tempo, decido di andare a studiare all’università. Dove? Nelle aule studio. Nella sede in via Porta di Massa, della facoltà di Giurisprudenza, a cui sono iscritto al primo anno, ci sono due aule studio (2° e 3° piano). Le visito entrambe con sfortunato esito. I posti sono tutti occupati. Mi dicono di attendere su delle specie di sedie d’attesa (senza banchi) collocate sui lati della sala, con la speranza che qualche posto si liberi. Inizio a studiare con grande volontà, ma alla scomodità evidente del posto, si aggiunge il rumore assordante del condizionatore che, per arieggiare gli oltre 120 studenti, è costretto a lavorare sodo, emanando un nauseante odore di filtro alla violetta. Inoltre, c’è da considerare l’inevitabile vocio dei giovani giuristi. Le materie sono tutte orali. La mia concentrazione è bassa e fra un articolo e un altro mi ricordo la frase di Stefano, mio collega: “Studiare in facoltà è impossibile”. Mi chiedo: come mai in questa sede c’è un bar così ampio e confortevole, e le aule studio sono così scomode? Basta! Vado a studiare nell’altra sede di Giurisprudenza a via Marina. Ma non appena vedo i banchi della piccola aula studio al primo piano, mi chiedo subito se servono per studiare o prendere un aperitivo. Banchi stretti e poco profondi. Uno studente di Giurisprudenza, studia mediamente con: un manuale di almeno 600 pagine, quaderni, un codice ed eventuali fotocopie integrative. Anche in questa aula la situazione non è delle migliori. Di colpo, un lampo di genio mi coglie. C’è la Biblioteca. Raccolgo i miei libri e mi dirigo di corsa alla sede centrale di Giurisprudenza all’angolo di via Mezzocannone. Sfortunatamente mi viene subito detto che nella biblioteca non si può studiare con i libri propri. Ora capisco perché mesi fa Luigi mi disse: “Vai a studiare in biblioteca, ma stai attento a non farti scoprire”.
Il numero di iscritti a Giurisprudenza supera i 25.000 e le aule studio possono ospitare non più di 400 matricole. Il nostro spirito di adattamento è alto. Non poche volte mi sono rannicchiato in un angolo di quei bei cortili delle sedi antiche, respirando la storia che trasudano quelle pareti, ma purtroppo d’inverno respiri anche il gelo. Altrettante volte sono “emigrato”, come tanti altri colleghi, alla facoltà di Ingegneria di Piazzale Tecchio, decisamente più confortevole e spaziosa. Spesso si vedono ragazzi al bar che studiano. Io sinceramente non ci riesco. 
La mia ricerca estenuante si conclude al punto di partenza. Ritorno alla sede in via Porta di Massa e, nell’attesa che si liberi un posto migliore, gusto ciò che sicuramente non stenterò a trovare: un buon caffè. 
Un incontro
decisamente
fuori dalla
norma
“Il diritto non esiste in nessuna parte del mondo. Esiste solo per chi se lo può comprare”. Di ciò ne è convinto un misterioso professore di diritto romano dell’università di Campobasso, che, lo scorso 21 marzo, ho incontrato nella Biblioteca del Dipartimento di Diritto Romano, insieme a Massimo, studente in procinto di tesi. Insolita affermazione per un professore di diritto, ma altrettanto insolito, è stato lo scambio di idee fra noi tre, che, uniti da un’unica scrivania, abbiamo avuto modo di confrontarci nel vero senso della parola. Il professore, giunto a Napoli per una ricerca, ha interrotto i suoi studi ed ha tenuto una lezione privata sull’incredibile modernità del Diritto Romano. E non solo, la discussione ha toccato diversi punti attuali, come l’inutilità della televisione, l’odio-amore per la nostra città, i grandi maestri di una volta come i professori De Martino e il prof. Labruna. Sentir parlare di connessione fra economia e diritto ed altri particolari, di un popolo esistito a cavallo della nascita di Cristo, mi ha aiutato a concretizzare e addirittura a figurare il mio studio. Il tempo è trascorso veloce. Guardando per caso l’orologio mi sono reso conto che erano trascorse già due ore. Sul finire, il tono è diventato  quasi confidenziale, tanto da augurarci un caloroso buona Pasqua. Resta un unico dubbio. Con chi avevamo parlato? Il professore ha risposto, accennando un sorriso e indicando le pile di libri sul tavolo: “lo trovi scritto in quei libri”. 
Quando sono tornato a casa sono andato a sfogliare un vecchio libro di scuola. Non avrei mai immaginato di fare una cosa del genere. È maturità improvvisa o forse sono gli stimoli ricevuti che sono cambiati?
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