Sempre più connessi e immersi nella rete, psicologi a confronto

Sono sempre più giovani e sempre più immersi nella rete. Talvolta sviluppano vere e proprie dipendenze. Caso limite, gli hikikomori giapponesi, adolescenti completamente ritirati dalla vita sociale. Pediatri, medici e psicologi lanciano l’allarme. Di come stanno cambiando i rapporti sociali ai tempi di internet 2.0 si parlerà durante
il convegno ‘Tra le maglie della rete. Tessitura dei legami in adolescenza: provocazioni, rischi e nuove opportunità’, ospitato il 24 e 25 marzo all’Accademia Pontaniana e a Palazzo Serra di Cassano, e patrocinato dal Dipartimento di Studi Umanistici. “Il convegno mira ad evidenziare i nodi della questione sia da un punto di vista clinico che della ricerca – spiega Valentina Boursier, ricercatrice di Psicologia clinica e tra gli organizzatori della due giorni – Il focus sarà sugli adolescenti. Va inteso che noi non inquadriamo l’adolescenza entro termini temporali precisi, quindi può comprendere una fascia più ampia che arriva oltre i 20 anni. La questione verrà analizzata sotto diversi aspetti e ne verranno considerate tutte le sfaccettature, anche quelle positive: se è infatti facile individuare i rischi nell’uso della rete, non sempre è facile intuirne le opportunità”. Anche la psicologia, quindi, deve fare i conti con Facebooke Instagram se circa il 98% dei giovani italiani utilizza uno smartphone, dei quali il 95% ha un profilo sui social e il 98% usa WhatsApp. “I rapporti umani e le relazioni, anche tra coetanei, sono per forza di cose modificate dall’utilizzo di questi strumenti. Diventano rapporti mediati. Il problema sopraggiunge quando il ‘medium’ diventa un muro, come nei casi estremi dei giovani che si chiudono nella loro stanza, davanti al pc, e non ne escono neanche per mangiare. Per fortuna in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, siamo  ancora lontani da questo ritiro sociale
estremo”. Durante il convegno – che vedrà una prima giornata aperta al pubblico e rivolta a tutti (gli studenti della Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche possono acquisire un credito formativo) e una seconda dedicata ad un pubblico ristretto (ci si deve prenotare) pensata per i ricercatori e per gli studenti della Magistrale in Psicologia Clinica – si affronterà la questione con l’intervento di diversi esperti italiani: Federico Tonioni, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si occupa di cyberbullismo; Matteo Lancini, di Milano Bicocca, che parlerà delle nuove patologie legate ad internet; Daniele La Barbera che affronterà il tema delle mutazioni percettive. “Come psicologi ci porremo degli interrogativi, ai quali ormai non possiamo che dare spazio – afferma Boursier – perché la rete e i social sono entrati prepotentemente nella vita dei giovani, dei nativi digitali, diventando per noi anche uno strumento di analisi. Un ragazzo, ad esempio, che porta durante una seduta di analisi un videogioco, sta lanciando un messaggio, trasmette qualcosa, dà un’immagine di sé che noi dobbiamo interpretare, così come si interpretano i disegni dei bambini”. È proprio un iperutilizzo della propria immagine, soprattutto per ricevere conferma dalproprio gruppo, uno degli elementi più evidenti dell’utilizzo della rete da parte dei più giovani, si pensi ai video su youtube o alla mania dei selfie. Ma il senso di comunità virtuale si può promuovere e far arrivare, con risvolti positivi, anche in ambiti educativi. Quindi, se sono cambiati i rapporti sociali, così come i rapporti familiari, sembra ovvio pensare che le radici di questo mutamento siano entrate anche nelle antiche mura delle accademie italiane, soprattutto se si considera che Facebook è nato proprio per mettere in contatto tra loro gli studenti universitari di Harward. “Sicuramente sono cambiati anche i rapporti nelle università, soprattutto perché è cambiata la velocità di trasmissione delle informazioni e dei messaggi, che adesso sono istantanei. Già alle scuole superiori molto spesso i docenti creano gruppi WhatsApp con gli studenti per assegnare i compiti o fornire informazioni varie: questo ha modificato il rapporto studente-docente. Da un lato in maniera positiva perché c’è uno scambio rapido di notizie, dall’altro negativo perché si è eliminato l’utilissimo ‘tempo dell’attesa’. All’università ancora non siamo a questo
tipo di interazione, però ci sono mutamenti significativi nella didattica”. Pensiamo, infatti, alla didattica 2.0, non solo le università telematiche, dove si incontra il docente de visu solo per l’esame, ma anche alle tante piattaforme di e-learning, come la stessa Federica: “Sicuramente questo offre tanti vantaggi perché permette di raggiungere anche chi non può frequentare le sedi accademiche. Inoltre, per alcuni versi, la didattica è più interattiva. Però non va dimenticata l’importanza dello scambio non digitalizzato tra esseri umani, tra studente e docente. Quella  attraverso il monitor è una relazione schermata, falsata dalla rete che non dà spazio ai mutamenti emotivi”.
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