E’ del 24 marzo il comunicato nato dalla riunione dei ricercatori dell’Ateneo, e successivamente accolto e sottoscritto dal Senato Accademico del 30 marzo, in cui vengono rese note le posizioni del movimento di protesta a L’Orientale in merito al DdL Gelmini.
Dopo gli ultimi incontri tra i rappresentanti dei ricercatori italiani Marco Merafina e Annalisa Monaco e il Sen. Valditara, relatore nella VII Commissione del Senato del DdL Gelmini, in tutti gli Atenei italiani si resta in attesa di risposte al riguardo, e nel contempo si prepara la mobilitazione attraverso assemblee, mozioni, riunioni. L’Orientale con la sua realtà tanto carica di specificità si trova a vivere a pieno questo momento di tensione, al quale partecipano tutte le componenti del mondo accademico, visto che la posta in gioco è il futuro stesso del sistema universitario. “Siamo tutti abbastanza in allarme per le prospettive del DdL Gelmini sul nostro ruolo, posto ad esaurimento e senza la previsione di percorsi credibili sulla progressione di carriera”, afferma il prof. Giancarlo Lacerenza, uno degli stimolatori del movimento dei ricercatori all’Orientale. I ricercatori nel comunicato sottoscrivono “una valutazione negativa del DdL Gelmini nel suo complesso e, in particolare, delle sezioni riguardanti la posizione degli attuali ricercatori (…) e scelgono a maggioranza di aderire, con effetto immediato, allo stato di agitazione proclamato in data 18 marzo 2010 dal CNRU dichiarandosi pronti a manifestare la propria indisponibilità ad accettare e assumere incarichi di docenza nella consueta forma dell’affidamento e della supplenza a partire dal prossimo anno accademico 2010/2011, con effetto definitivo qualora il prossimo settembre 2010 non sia stata accolta la richiesta avanzata dal CNRU di modifica sostanziale del DdL Gelmini nella parte riguardante lo statuto giuridico dei ricercatori”. Dopo trent’anni dall’istituzione di questa figura, ancora oggi, infatti, non si è arrivati ad una definizione dello stato giuridico dei ricercatori, anzi si stabilisce la messa ad esaurimento del ruolo di ricercatore a tempo indeterminato, con l’introduzione della figura di ricercatore a tempo determinato, assunto per chiamata diretta degli Atenei. “La situazione è passata dallo stallo al peggioramento – commenta dal suo punto di vista personale di ricercatore dell’Orientale il prof. Alberto Manco – Quando abbiamo visto che il disegno di legge metteva la pietra tombale sullo stato giuridico e ne faceva una categoria ad esaurimento, allora, si è capito che era la fine per la ricerca e per i ricercatori. E’ stata lesa la nostra dignità di persone. Ci sono ricercatori che hanno un altissimo profilo scientifico e che tuttavia stentano ad essere riconosciuti come docenti, e parlo di persone di cinquant’anni, che da anni ricoprono incarichi di docenza a titolo gratuito. Nella situazione attuale dell’Università, ricoprire incarichi di docenza rappresenta un modo per non far morire la didattica, e questi vengono stabiliti in base ad una reciproca presa di responsabilità tra ricercatori e Consigli di Facoltà. Il ricercatore sa che se quel corso non lo fa lui, allora, non lo farà nessuno, perché non c’è nessun altro che lo può ricoprire”. Ma proprio nel Comunicato si ricorda come “le esigenze didattiche abbiano di fatto imposto per anni il sacrificio delle attività di ricerca che la legge riconosceva come compito principale dei ricercatori universitari”. Inoltre, aggiunge Lacerenza: “Anche all’Orientale, come altrove, tutti i ricercatori attivi sono regolarmente impegnati nelle attività didattiche, sacrificando parte più o meno cospicua delle ore per la ricerca, sulla quale però poi si viene principalmente valutati”. Nel caso di un Ateneo come L’Orientale, inoltre, si tratta di un apporto altamente significativo perché ha permesso, tra l’altro, di mantenere in vita materie ‘di nicchia’ che altrimenti sarebbero morte, e pensare che queste possano essere coperte da docenti con contratti a tempo determinato di tre anni è, valuta il prof. Manco, impossibile, “perché sono insegnamenti per i quali siamo difficilmente sostituibili, in quanto ognuno di noi ha una competenza specifica cresciuta all’interno dell’Ateneo, per cui ogni insegnamento è intrinsecamente non demandabile ad altri”. In Ateneo, però, si è fatto fronte comune sulla riforma e, ricorda ancora Manco, “abbiamo invitato docenti ordinari ed associati ad aderire alla nostra protesta, rifiutando incarichi a tempo non retribuiti. Dobbiamo ricordare che siamo tutti sotto lo stesso tetto”.
(Va.Or.)
Dopo gli ultimi incontri tra i rappresentanti dei ricercatori italiani Marco Merafina e Annalisa Monaco e il Sen. Valditara, relatore nella VII Commissione del Senato del DdL Gelmini, in tutti gli Atenei italiani si resta in attesa di risposte al riguardo, e nel contempo si prepara la mobilitazione attraverso assemblee, mozioni, riunioni. L’Orientale con la sua realtà tanto carica di specificità si trova a vivere a pieno questo momento di tensione, al quale partecipano tutte le componenti del mondo accademico, visto che la posta in gioco è il futuro stesso del sistema universitario. “Siamo tutti abbastanza in allarme per le prospettive del DdL Gelmini sul nostro ruolo, posto ad esaurimento e senza la previsione di percorsi credibili sulla progressione di carriera”, afferma il prof. Giancarlo Lacerenza, uno degli stimolatori del movimento dei ricercatori all’Orientale. I ricercatori nel comunicato sottoscrivono “una valutazione negativa del DdL Gelmini nel suo complesso e, in particolare, delle sezioni riguardanti la posizione degli attuali ricercatori (…) e scelgono a maggioranza di aderire, con effetto immediato, allo stato di agitazione proclamato in data 18 marzo 2010 dal CNRU dichiarandosi pronti a manifestare la propria indisponibilità ad accettare e assumere incarichi di docenza nella consueta forma dell’affidamento e della supplenza a partire dal prossimo anno accademico 2010/2011, con effetto definitivo qualora il prossimo settembre 2010 non sia stata accolta la richiesta avanzata dal CNRU di modifica sostanziale del DdL Gelmini nella parte riguardante lo statuto giuridico dei ricercatori”. Dopo trent’anni dall’istituzione di questa figura, ancora oggi, infatti, non si è arrivati ad una definizione dello stato giuridico dei ricercatori, anzi si stabilisce la messa ad esaurimento del ruolo di ricercatore a tempo indeterminato, con l’introduzione della figura di ricercatore a tempo determinato, assunto per chiamata diretta degli Atenei. “La situazione è passata dallo stallo al peggioramento – commenta dal suo punto di vista personale di ricercatore dell’Orientale il prof. Alberto Manco – Quando abbiamo visto che il disegno di legge metteva la pietra tombale sullo stato giuridico e ne faceva una categoria ad esaurimento, allora, si è capito che era la fine per la ricerca e per i ricercatori. E’ stata lesa la nostra dignità di persone. Ci sono ricercatori che hanno un altissimo profilo scientifico e che tuttavia stentano ad essere riconosciuti come docenti, e parlo di persone di cinquant’anni, che da anni ricoprono incarichi di docenza a titolo gratuito. Nella situazione attuale dell’Università, ricoprire incarichi di docenza rappresenta un modo per non far morire la didattica, e questi vengono stabiliti in base ad una reciproca presa di responsabilità tra ricercatori e Consigli di Facoltà. Il ricercatore sa che se quel corso non lo fa lui, allora, non lo farà nessuno, perché non c’è nessun altro che lo può ricoprire”. Ma proprio nel Comunicato si ricorda come “le esigenze didattiche abbiano di fatto imposto per anni il sacrificio delle attività di ricerca che la legge riconosceva come compito principale dei ricercatori universitari”. Inoltre, aggiunge Lacerenza: “Anche all’Orientale, come altrove, tutti i ricercatori attivi sono regolarmente impegnati nelle attività didattiche, sacrificando parte più o meno cospicua delle ore per la ricerca, sulla quale però poi si viene principalmente valutati”. Nel caso di un Ateneo come L’Orientale, inoltre, si tratta di un apporto altamente significativo perché ha permesso, tra l’altro, di mantenere in vita materie ‘di nicchia’ che altrimenti sarebbero morte, e pensare che queste possano essere coperte da docenti con contratti a tempo determinato di tre anni è, valuta il prof. Manco, impossibile, “perché sono insegnamenti per i quali siamo difficilmente sostituibili, in quanto ognuno di noi ha una competenza specifica cresciuta all’interno dell’Ateneo, per cui ogni insegnamento è intrinsecamente non demandabile ad altri”. In Ateneo, però, si è fatto fronte comune sulla riforma e, ricorda ancora Manco, “abbiamo invitato docenti ordinari ed associati ad aderire alla nostra protesta, rifiutando incarichi a tempo non retribuiti. Dobbiamo ricordare che siamo tutti sotto lo stesso tetto”.
(Va.Or.)