Tibetano si insegna solo a Napoli

L’insegnamento del Tibetano all’Orientale, ancora oggi l’unico Ateneo in Italia dove si studia questa lingua, nasce negli anni ‘60 per opera di Giuseppe Tucci. A lui si deve la scoperta del Tibet come importante campo di ricerca per l’orientalistica. “Il prof. Tucci – spiega la prof.ssa Giacomella Orofino, docente di Lingua e letteratura tibetana- portò a Roma un gran numero di  manoscritti e documenti che sono tuttora conservati nella capitale. All’Orientale ha fondato la prima cattedra di Tibetano. Dopo di lui ha insegnato Namkhai Norbu, chiamato a Napoli proprio per questa lingua”.
Allieva del prof. Norbu, Giacomella Orofino ha ampliato l’offerta didattica di Tibetano, inserendo anche una nuova disciplina, non strettamente legata alla lingua. “Ho due insegnamenti- spiega- Lingua e Letteratura Tibetana, corso che appartiene anche al vecchio ordinamento, seguito da un gruppo di circa 20 studenti assistiti dal lavoro di un lettore madrelingua. Poi con l’introduzione della riforma, ho deciso di attivare un nuovo corso in Civiltà e Religioni Indotibetane, così da offrire anche agli studenti che non conoscono la lingua l’opportunità di studiare questo settore, visto che siamo gli unici in Italia”. E sono oltre una trentina gli studenti che hanno scelto di approfondire lo studio di questo tipo di cultura, anche non conoscendone la lingua, perché chi è interessato agli studi orientali non può prescindere dalla cultura himalayana.
“C’è un crescente aumento d’interesse per l’Oriente – spiega Orofino- e proprio questo Ateneo che fonda le sue radici su questi studi non può trascurarlo”.
Lo studio del tibetano, soprattutto classico, non è agevole ma, rassicura la docente, “nel corso è previsto anche l’insegnamento di tibetano moderno che attrae molto gli studenti”. Non sono pochi coloro che dopo aver affrontato nel triennio lo studio dei testi antichi ed aver vissuto un soggiorno in Tibet, si appassionano al tibetano moderno. “Ogni anno almeno sei o sette ragazzi si recano all’Università di Laza, purtroppo a loro spese perché noi non abbiamo la possibilità di finanziare borse di studio, dove non solo  studiano due lingue, cinese e tibetano, ma entrano in contatto con un mondo che li lascia estasiati. Chi ha sempre studiato testi classici ritorna innamorato della musica pop, del cinema, dell’arte contemporanea tibetana”, sottolinea la professoressa.
Le attività della cattedra non si limitano all’insegnamento in aula. Oltre ai viaggi, gli studenti sono spinti a frequentare i tanti seminari e cicli di incontri organizzati dal Centro Studi sul Buddismo. “Abbiamo fondato questo Centro- spiega Orofino- perché l’Orientale deve continuare ad essere un punto di riferimento per questo tipo di studi. Abbiamo tanti docenti  di testi classici, archeologi, che hanno portato avanti importantissimi scavi in Nepal, proprio nella regione dove si pensa sia nato Buddha. Organizziamo  diverse conferenze aperte al pubblico; quest’anno saranno dedicate al tema della storia e filosofia del buddismo, dalle sue origini ad oggi”. Il 21 novembre è in programma un incontro che si svolgerà a Palazzo Du Mesnil su ‘Buddismo e diritti umani. Il caso della Birmania’. Attesi ospiti d’eccezione tra i quali alcuni rappresentanti del governo in esilio. 
“Cerco sempre di affrontare temi che spaziano dalla letteratura religiosa alla politica, dalla storia all’economia per offrire ai miei allievi una visione d’assieme. Sono soddisfatta perché ho molti studenti entusiasti provenienti da diverse città italiane -Brescia, Milano, Palermo, Pisa- che sono venuti a Napoli per studiare all’Orientale”, asserisce la prof.ssa Orofino. “Se i ragazzi sono preparati bene avranno anche buone opportunità di trovare lavoro” aggiunge. E per un esperto di tibetano non sembra difficile inserirsi in Organizzazioni non Governative impegnate in missioni umanitarie e di assistenza allo sviluppo. “Tre miei studenti insegnano attualmente inglese in una scuola in Tibet. Ma i campi d’inserimento sono diversi anche perché questi ragazzi non studiano solo tibetano, ma generalmente lo accompagnano al cinese o al giapponese, quindi hanno un tipo di conoscenze che consente loro di trovare facile inserimento nel settore umanitario”, conclude la docente.
Valentina Orellana
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