Trombetti parla da candidato

E’ un momento particolare per l’Università Federico II: 6 candidati alla Presidenza dei Poli, due a Rettore, due per la Presidenza di Sociologia, il rinnovo del CdiA (docenti, ricercatori e tecnici) ad ottobre. Un giugno più caldo di così non si poteva immaginare. Dopo l’ufficializzazione della candidatura di Labruna siamo andati a cercare anche l’altro candidato, il prof. Guido Trombetti. 51 anni, Preside di Scienze da 7 anni, facoltà che con i suoi 400 professori ordinari ed associati, rappresenta circa il 25% del corpo elettorale rettorale. La nostra vorrebbe essere una chiacchierata a tutto campo. Ma, il professore-candidato vuole affrontare solo alcuni punti, del resto, il momento è particolare, vista anche la grana dell’elezione alla Presidenza del Polo scientifico. E forse, tatticamente, potrebbe anche non essere un caso se l’ufficializzazione di Labruna è avvenuta proprio in questi giorni. Quello che presentiamo è praticamente la prima bozza del programma di Trombetti. Anche se lui non lo ammette chiaramente. E i punti centrali sono quattro: decentramento, avanzata forte dei Poli, più poteri ai Dipartimenti, attenzione all’area delle Scienze della vita ed alle loro difficoltà strutturali. Incontriamo Trombetti nella sua spartana, essenziale presidenza; quasi in una dimensione francescana. Ben diversa dagli ampi saloni con marmi e sulle pareti quadri del seicento napoletano, che contraddistinguono la Presidenza di Giurisprudenza. Trombetti commenta: “a me va bene così. C’è quello che occorre”. 
I POLI. “L’ateneo Federico II: è un antico e laico ateneo, un patrimonio di tutti da non disperdere. E il grande ateneo ha la capacità di trasformarsi adeguandosi. Come? In un progetto federativo di università dove una serie di funzioni sono trasferite alla periferia. Conservando al centro un ruolo di programmazione generale del sistema, di indirizzo politico e di gestione della valutazione, cioè un ruolo alto del centro”. “Una scelta che si colloca in continuità con il disegno di decentramento previsto dalla legge 382/80”. E nei rapporti con il territorio: “l’innovazione e il trasferimento tecnologico, la nuova imprenditoria, il sistema di formazione integrato che una unità scientifica e territoriale può meglio gestire. Su questo lo Statuto dell’ateneo è molto avanzato. Ma poi tutte queste iniziative bisogna attuarle e crederci fortemente fino in fondo”. Da parte del candidato a Rettore. Ripete. “Così i mega atenei saranno restituiti ai ruoli alti, sburocratizzando e cedendo la gestione quotidiana ai Poli”.
Poli, 
Dipartimenti 
e una 
Bassanini 
per l’Università
Dipartimenti. “Nell’ambito dei Poli e senza creare raddoppi di competenze va rinforzato e valorizzato il ruolo dei Dipartimenti, oggi troppo marginali rispetto alle facoltà. Naturalmente questo significa rinforzare anche la capacità di iniziativa autonoma dei Dipartimenti nell’ambito dei Poli. Mentre le facoltà continueranno ad avere un ruolo fondamentale nell’organizzazione della didattica e come sede di mediazione tra le varie spinte”. “Io spero che non vi siano resistenze al processo di decentramento in Poli dell’ateneo, così come accadde alla nascita dei Dipartimenti”. Egemonie: “un presupposto essenziale è garantire le piccole facoltà attraverso una regolamentazione accurata che eviti situazioni di egemonia; altrimenti il Polo nasce tra sospetti e timori che lo minerebbero alle origini”.
Il tema della valutazione: “ci dobbiamo adeguare all’idea che l’autonomia si esercita nell’ambito di un sistema efficiente di valutazione: della didattica, della ricerca, che è la base fondamentale della programmazione. Questo processo è già in atto e va portato avanti”. Un esempio: “nell’ambito della didattica: l’80% degli studenti di Ingegneria ha partecipato alla valutazione (con i questionari). Anche a Scienze la partecipazione è stata molto elevata. Questo significa che questa cultura si va affermando, ma la valutazione deve interessare più campi: didattica, ricerca, amministrazione”.
Sulla ricerca: “l’epoca dell’assistenzialismo è finita. Le risorse vanno cercate in un forte rapporto con il territorio e distribuite secondo criteri di valutazione e incentivazione della produttività. La centralità della ricerca scientifica è la principale caratteristica della ricerca universitaria. E la ricerca costa. 
Nel distribuire le risorse: tutti i ricercatori vanno messi in condizioni di fare ricerca, perché è un diritto-dovere. E quindi va garantita a tutti un livello di decorosa attività; va incentivata quella di eccellenza, attraverso criteri di valutazione il più trasparenti possibile. E andrebbe creata anche una anagrafe dei finanziamenti: per evitare duplicazioni e concentrazioni eccessive: Università, CNR, MURST, enti locali, etc”.
Ricerca di base. “Non vi è progresso scientifico senza ricerca di base di grande qualità. E bisogna spezzare l’equivoco, talvolta pretestuoso, di considerare improduttivo tutto ciò che non è immediatamente commercializzabile. Il valore scientifico della ricerca di base per un paese, è ormai chiaro a tutti, ma non è mai errato ricordarlo”.
Didattica. Altro grande tema. “Siamo di fronte ad un cambiamento epocale: la più grande trasformazione che la didattica abbia mai avuto. È necessario uno sforzo di fantasia, che definisca il ruolo dell’università nella formazione, attraverso il modello 3+2. Mi sembra che non in tutte le aree la discussione sia stata approfondita e c’è un ritardo rispetto alle università settentrionali. Ciò probabilmente è dovuto al tessuto socio-economico e produttivo 
 

che è più arretrato nel Mezzogiorno. Pur essendo conscio della necessità di rispondere alla richiesta di competenze professionali, il ruolo dell’università resta quello di offrire formazione. Sarebbe un errore di prospettiva imperdonabile e riduttivo, pensare che il tre abbia un ruolo professionalizzante. Lo stesso errore che fu commesso con gli Istituti tecnici negli anni ‘60. Dovremmo perciò adeguare i contenuti dei corsi ai mutati atteggiamenti socio-economici, adeguare i contenuti quantitativamente all’apprendimento sostenibile, perché se da un lato è illusorio che tutti gli immatricolati si laureino in tempi prevedibili, le percentuali attuali sono inaccettabili. 
Per me, apprendimento sostenibile, significa che il volume di conoscenze richiesto sia tale da consentire allo studente che si impegna adeguatamente di laurearsi nei tempi previsti”. Poi, dopo “ci sono altri strumenti formativi come il master, cioè specializzarsi”.
Carenze di organico
a Farmacia, sede a 
Veterinaria, Agraria e Architettura
Almeno altri 4 “piccoli interventi” nel programma Trombetti, come li chiama lui, che invece sono tratti distintivi importanti di un ateneo moderno e al passo con l’Europa. “Uffici di accoglienza per gli studenti stranieri, per i docenti visitatori e gli studenti Erasmus. Bisogna semplificare la macchina burocratica dell’Università. In un certo senso l’Università dovrebbe darsi una sua legge Bassanini, dalle pratiche studenti a quelle docenti. Lo snellimento e la semplificazione della macchina burocratica passa però attraverso una valorizzazione e responsabilizzazione dei funzionari e dei dirigenti, che nell’università sono già di livello altissimo. Ma sono contrario a commistioni e interferenze tra l’attività dei docenti e quella dei dirigenti negli uffici dell’amministrazione. A tal fine e nell’ottica di semplificazione sono contrario a nuove strutture e figure (il Forum istituzionale proposto da Labruna?), che appesantirebbero una macchina già di per se complessa (CdiA, S.A., Commissioni del CdiA), attraverso funzioni inevitabilmente ambigue”.
Un discorso a parte “merita” il problema della progressione di carriera. “Ritengo inaccettabile che il riconoscimento della funzione docente ai ricercatori non sia ancora legge in Italia. Dopo anni di discussioni parlamentari e rinvii pretestuosi, dal momento che tale funzione docente è già nei fatti da anni e soltanto l’opposizione di lobby trasversali ne blocca l’attuazione”.
Formazione permanente. “È in atto un tentativo di sottrarre all’università il ruolo centrale di ricerca e formazione che sono la spina dorsale delle società evolute. E questa è una sfida che l’università deve raccogliere”. Infine attenzione ai problemi strutturali. “La sede di Veterinaria, problemi edilizi di Architettura e di Agraria, e nell’area tecnico-scientifica di Farmacia, che ha un rapporto docenti-studenti che è il più basso nell’ateneo, al punto da configurarsi come vera e propria emergenza”. Fin qui i primi punti programmatici del neo candidato Trombetti che da alcune settimane ha avviato una fitta serie di incontri con i docenti di tutte le facoltà. Ad un’altra serie di nostre domande, invece, Trombetti non risponde o è evasivo.
Medicina in “esilio” dal governo dell’ateneo da 25 anni, dal rettorato Cuomo. Come la vede? “Per quanto mi riguarda c’è un punto irrinunciabile: i colleghi delle facoltà mediche sono professori universitari esattamente come tutti gli altri. L’ateneo deve però garantire la libertà e qualità della ricerca e nei rapporti con l’Azienda, facendo ogni sforzo –come l’ha già fatto- per modificare il decreto Bindi, lì dove si manifesta come un attacco all’autonomia universitaria, e far si che gli operatori dell’area medica abbiano, compatibilmente con l’attuale piano normativo, uno status come quello di tutti gli altri colleghi dell’ateneo. Ciò non significa, sia ben chiaro, dimenticare o sottovalutare la complessità dei problemi legati all’assistenza”. Crede che per il rettorato ci siano anche valutazioni generazionali o anagrafiche? “No comment”.
È vero che la triade di Vallo della Lucania intende dividersi il rettorato? “No comment”. Come valuta le tre candidature alla Presidenza del Polo Scientifico? “No comment”. Quando sarà ufficializzata la candidatura di Trombetti? Se lo chiedono in molti. “No comment”.  (P.I.)
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