Il prof. Giuseppe Olivieri ha salutato le aule universitarie con l’ultima lezione il 27 maggio. Maestro di Procedura Civile, 30 anni di docenza alla Federico II, una parentesi da magistrato e una lunga carriera da avvocato, il professore va in pensione da novembre prossimo. “Mi sono laureato nel marzo del 1968 – racconta – Subito dopo ho superato brillantemente il concorso in magistratura ed ho esercitato la professione per dieci anni. L’amore per l’insegnamento, però, mi convinse a lasciare la toga e a salire in cattedra. Dall’86 al ‘90 ho insegnato Istituzioni di diritto processuale, dal ‘91 ho assunto la titolarità della disciplina di Procedura Civile”. Il prof. Olivieri ne ha incontrati di studenti, collaboratori e colleghi nella sua lunga carriera: “Nella mia ultima lezione erano tutti lì a farmi festa, c’erano anche miei ex allievi oggi magistrati o giudici, un incontro inaspettato che mi ha donato un’enorme gioia. Ricordo, infatti, tutti i miei studenti, soprattutto quelli che hanno riscontrato maggiori difficoltà. C’è grande soddisfazione quando l’impegno costante porta a risultati brillanti”. Il docente ha sempre avuto un ottimo rapporto con i ragazzi. “Non ho mai nascosto a chi fosse in aula le criticità della disciplina – commenta – L’esame presuppone una padronanza del diritto sostanziale molto tecnica, che non si affronta con la memoria. Ho sempre consigliato di porsi domande quando si studia, di individuare gli argomenti fondamentali e costruire un ragionamento”. Perché “i ragazzi di oggi sono un po’ incerti, molto dubbiosi per il loro futuro. Chi studia non crede di fare una cosa utile. Molti vivono l’università come una tappa quasi obbligatoria. La mia sensazione è che c’è una maggiore difficoltà ad organizzare lo studio, a schematizzare. Non so se sia colpa delle scuole di base, ma gli studenti non sanno fare più i riassunti. Il dono della sintesi, invece, non è da sottovalutare, anzi aiuta moltissimo”. Ed è così che da studente è riuscito a laurearsi in tempi brevi: “Ero molto organizzato ed attento alle lezioni e agli appelli d’esame. Anche io, talvolta, come fanno molti ragazzi, tendevo a saltare le ultime pagine del programma. Niente di più sbagliato, poi dovevo correre il doppio per recuperare”. Il primo consiglio: “Imparare a chiedere aiuto al docente e ai collaboratori. Non siate timorosi, ma protagonisti attivi, la materia necessita di queste collaborazioni”. Solo così “si possono selezionare gli argomenti che piacciono di più e capire la strada per il futuro. Avevo una predilezione per il Diritto Civile e ho fatto di tutto per portarla avanti. Come ho detto a chiusura corso, occorre scegliere il lavoro che più piace. In questo modo, come me, sentirete di non aver lavorato per trent’anni. Io mi sento un privilegiato”. Il 31 ottobre scadrà il ‘rapporto’ fra il docente ed il Dipartimento: “Non farò più lezione o quant’altro, ma all’occorrenza sarò presente a convegni di studio o tavole rotonde. Ora voglio dedicarmi alle passioni, continuerò a fare l’avvocato, ma ho voglia di rimettermi a studiare la materia civile e dedicare del tempo alla storia e alla letteratura”. Cosa mancherà di più al prof. Olivieri di questi 30 anni? “Il dialogo con gli studenti. Mi piace il mio lavoro, i ragazzi mi hanno sempre restituito quello che ho insegnato. Mi mancheranno anche i miei compagni di viaggio, fra collaboratori e docenti, la lista sarebbe troppo lunga”. Il docente saluta i giovani con un ultimo consiglio: “Bisogna capire che nel mondo del lavoro occorre qualificazione, c’è molta competizione fuori queste mura, si deve essere preparati. Quando mi sono laureato, il Paese era diverso, c’erano concorsi pubblici all’ordine del giorno, e quello che sognavi di fare, quello ottenevi, sempre con il giusto impegno si intende”. Oggi, invece, “se si vuole entrare in uno studio professionale, ad esempio, si deve essere preparatissimi e motivati. Ho molti allievi che lavorano all’estero e che hanno studiato anche il diritto del Paese che li ospita. Ovviamente, bisogna conoscere l’inglese, senza questa lingua si è come analfabeti culturali e non si può andare da nessuna parte”.
Susy Lubrano
Susy Lubrano