Si terrà fino a inizio maggio il Laboratorio di Fonti per lo studio della politica internazionale in età contemporanea organizzato dal prof. Paolo Wulzer, docente di Storia delle Relazioni internazionali, e indirizzato agli studenti del Corso di Laurea Triennale in Scienze Politiche e Relazioni internazionali per l’acquisizione di 3 crediti da integrare nelle altre attività formative. Un’iniziativa che si rinnova a distanza di un anno e che “ha lo scopo di presentare agli studenti le fonti principali che lo storico utilizza per trattare argomenti di politica internazionale e di metterli in contatto con un materiale più specialistico”, come spiega il prof. Wulzer.
Il laboratorio convoglia il passaggio da uno studio teorico a un approccio più attivo. Gli studenti si eserciteranno con i metodi di consultazione di fonti primarie e secondarie, ad esempio “analizzare un trattato, un documento diplomatico, un archivio o raccolte storiche di documenti editi dai singoli governi”. Il lavoro di interpretazione delle fonti viene svolto su documenti contraddistinti da una forte specificità, pertanto “bisogna capire perché i documenti sono importanti, come si trovano, che tipo di informazioni si possono ricavare da essi e in che modo vanno integrati ad altre fonti e, in particolare, bisogna comprendere come documenti che nascono in un ambito storico possano avere una ricaduta politica molto attuale e nell’immediato”, precisa il prof. Wulzer. In aula, il docente ha citato ad esempio il caso WikiLeaks, “ovvero la messa in rete di documenti relativi alla politica estera americana, i quali hanno portato alla luce materiale molto delicato e che, in circostanze normali, avremmo conosciuto solo dopo trent’anni perché questa documentazione viene segregata a lungo per motivi di sicurezza nazionale, per cui quella esistente oggi arriva fino alla fine degli anni Settanta. Invece, in quel caso, i documenti hanno avuto un impatto politico molto forte perché sono comparsi subito”.
Utile ma non indispensabile ai fini della partecipazione al Laboratorio è l’avere sostenuto l’esame di Storia delle Relazioni internazionali, “durante il quale si spiega il che cosa e il perché è successo mentre nel laboratorio si risponde alla domanda: come lo sappiamo?”.
Durante il laboratorio, le attività degli studenti si alternano a lezioni frontali in cui sono veicolate spiegazioni e coordinate storiche “anche con l’intervento di altri docenti per rendere la varietà di tutte le aree geopolitiche coinvolte e discutere nello specifico sulla complessità delle problematiche trattate”.
Affinché gli studenti possano valutare la formazione degli indirizzi di politica estera, è essenziale, dunque, un focus sull’assortimento delle fonti documentarie classiche, vale a dire “sulla differenza tra un documento ufficiale, che può essere un trattato o una dichiarazione pubblica prodotta dai governi, dai Ministeri degli Esteri, e un documento diplomatico, ma non per capire cosa dicono, che è la meta di altri insegnamenti, piuttosto per intendere il processo decisionale che si cela dietro una scelta di politica estera”.
Il primo step pratico è quello di rintracciare le fonti “negli archivi, nelle collezioni pubblicate dai governi, sui giornali o sui siti Internet dedicati a questi argomenti. Spesso, però, è necessario integrare con la storiografia esistente o con le memorie storiche di qualche protagonista della vita politica internazionale, perché il documento in sé – in quanto prodotto di un certo ambiente, cultura o pensiero – può produrre una visione parziale, e allora diventa imprescindibile imparare a soppesare le fonti”.
Le valutazioni degli studenti avverranno in itinere e saranno subordinate alla partecipazione attiva alle lezioni con frequenti esercitazioni in classe cui seguirà la presentazione di una tesina finale: “su un argomento relativo ai rapporti tra due o più paesi in una determinata fase storica. Lo studente dovrà svolgere una specie di paper scritto usando le fonti consultabili, quindi se qualcuno vorrà occuparsi di argomenti più recenti dovrà lavorare su altro materiale e chiaramente tarare il discorso, tenendo presente che la documentazione diplomatica non si rende disponibile prima di trent’anni”, conclude il docente.
Il laboratorio convoglia il passaggio da uno studio teorico a un approccio più attivo. Gli studenti si eserciteranno con i metodi di consultazione di fonti primarie e secondarie, ad esempio “analizzare un trattato, un documento diplomatico, un archivio o raccolte storiche di documenti editi dai singoli governi”. Il lavoro di interpretazione delle fonti viene svolto su documenti contraddistinti da una forte specificità, pertanto “bisogna capire perché i documenti sono importanti, come si trovano, che tipo di informazioni si possono ricavare da essi e in che modo vanno integrati ad altre fonti e, in particolare, bisogna comprendere come documenti che nascono in un ambito storico possano avere una ricaduta politica molto attuale e nell’immediato”, precisa il prof. Wulzer. In aula, il docente ha citato ad esempio il caso WikiLeaks, “ovvero la messa in rete di documenti relativi alla politica estera americana, i quali hanno portato alla luce materiale molto delicato e che, in circostanze normali, avremmo conosciuto solo dopo trent’anni perché questa documentazione viene segregata a lungo per motivi di sicurezza nazionale, per cui quella esistente oggi arriva fino alla fine degli anni Settanta. Invece, in quel caso, i documenti hanno avuto un impatto politico molto forte perché sono comparsi subito”.
Utile ma non indispensabile ai fini della partecipazione al Laboratorio è l’avere sostenuto l’esame di Storia delle Relazioni internazionali, “durante il quale si spiega il che cosa e il perché è successo mentre nel laboratorio si risponde alla domanda: come lo sappiamo?”.
Durante il laboratorio, le attività degli studenti si alternano a lezioni frontali in cui sono veicolate spiegazioni e coordinate storiche “anche con l’intervento di altri docenti per rendere la varietà di tutte le aree geopolitiche coinvolte e discutere nello specifico sulla complessità delle problematiche trattate”.
Affinché gli studenti possano valutare la formazione degli indirizzi di politica estera, è essenziale, dunque, un focus sull’assortimento delle fonti documentarie classiche, vale a dire “sulla differenza tra un documento ufficiale, che può essere un trattato o una dichiarazione pubblica prodotta dai governi, dai Ministeri degli Esteri, e un documento diplomatico, ma non per capire cosa dicono, che è la meta di altri insegnamenti, piuttosto per intendere il processo decisionale che si cela dietro una scelta di politica estera”.
Il primo step pratico è quello di rintracciare le fonti “negli archivi, nelle collezioni pubblicate dai governi, sui giornali o sui siti Internet dedicati a questi argomenti. Spesso, però, è necessario integrare con la storiografia esistente o con le memorie storiche di qualche protagonista della vita politica internazionale, perché il documento in sé – in quanto prodotto di un certo ambiente, cultura o pensiero – può produrre una visione parziale, e allora diventa imprescindibile imparare a soppesare le fonti”.
Le valutazioni degli studenti avverranno in itinere e saranno subordinate alla partecipazione attiva alle lezioni con frequenti esercitazioni in classe cui seguirà la presentazione di una tesina finale: “su un argomento relativo ai rapporti tra due o più paesi in una determinata fase storica. Lo studente dovrà svolgere una specie di paper scritto usando le fonti consultabili, quindi se qualcuno vorrà occuparsi di argomenti più recenti dovrà lavorare su altro materiale e chiaramente tarare il discorso, tenendo presente che la documentazione diplomatica non si rende disponibile prima di trent’anni”, conclude il docente.