Una start up di successo sul mercato

Università e spin off: c’è un esempio di successo ed arriva dalla Federico II. Un sistema brevettato per il trattamento dell’obesità che nasce dalle ricerche condotte nell’Ateneo federiciano dalla squadra di cui facevano parte Alessandro Sannino (laurea alla Federico II in Ingegneria chimica, poi ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento), Luigi Ambrosio (Cnr), Luigi Nicolais (Federico II) ed almeno altri dieci ricercatori di diversa estrazione ed interesse scientifico. Il prodotto che è nato dalle loro ricerche è una capsula che, inghiottita prima dei pasti, rilascia nello stomaco una sorta di gel acquoso. Utile, quest’ultimo, ad accelerare la trasmissione del senso di sazietà dallo stomaco al cervello ed a diminuire lo stimolo della fame tra un pasto e l’altro. Lo spin off si chiama Gelesis. Nel 2010 Fierce Biotech, la prima rivista al mondo nel settore delle imprese biotech, che ogni anno seleziona le prime quindici più promettenti start up nel settore, lo ha citato tra i primi quindici. Unico italiano. Una innovazione estremamente competitiva, dunque, quella varata dai ricercatori dell’università napoletana. Un esempio di positiva trasmissione di un prodotto dell’ingegno dai laboratori dell’Ateneo federiciano al mercato internazionale. Ne parla ad Ateneapoli il professore Nicolais, docente ad Ingegneria della Federico II, Ministro dell’Innovazione nel Governo Prodi ed ora Presidente del Consiglio Nazionale di Ricerca, il Cnr. 
In che consiste il progetto che avete realizzato? 
“Si tratta di una sostanza polimerica, una sorta di gel capace di assorbire acqua in grandi quantità e di dare all’acqua una consistenza quasi solida. Il gel si presenta sotto forma di polvere, si versa nell’acqua e in pochissimo tempo genera una rete che lega l’acqua rendendola simile ad una poltiglia molto viscosa. In questo modo l’acqua non fluisce più e rimane confinata in una struttura deformabile, ma non liquida. Il gel ha però la proprietà di essere biodegradabile, quindi, in presenza di un ambiente opportuno, rilascia nuovamente l’acqua e si degrada venendo eliminato. È possibile pertanto avere dei processi di assorbimento e rilascio, che di fatto presentano un’isteresi, cioè perdono di efficienza di volta in volta, così come è possibile eliminare il gel mediante processi di biodegradazione”. 
Come è nata l’idea ed in quali anni è stata sviluppata? 
“Agli inizi degli anni Duemila stavamo studiando alcune possibilità applicative dei polimeri in campo agricolo. Ci ponevamo, in particolare, il problema dell’assorbenza e del lento rilascio di liquidi. Poi, man mano che discutevamo e approfondivamo le ricerche, si sono meglio definiti anche ambiti applicativi di maggiore interesse del mercato”. 
Come siete passati dal progetto e dal prototipo alla produzione in serie? 
“Superata la fase di sperimentazione in laboratorio e convinti dell’efficacia del progetto, ci siamo impegnati a cercare interlocutori esperti di start up. Consapevoli che ciò ci avrebbe esposto e sottoposto a severe valutazioni finalizzate a verificare principalmente la sostenibilità economica del progetto e la forza innovativa della possibile applicazione”.
Quale è stato il momento più importante?
“Il punto di svolta è stato il diciannovesimo Annual Meeting & Clinical Congress della American Association of Clinical Endocrinologists (AACE). In quella occasione presentammo e lanciammo Attiva, il primo idrogeno superassorbente in grado di rimediare al problema dell’obesità e che rappresenta l’oggetto primario di interesse imprenditoriale della Gelesis Srl”. 
L’azienda nata da quella idea è quotata in borsa? 
“No, non è la start up ad essere quotata in borsa, ma la società di coloro i quali hanno apportato i capitali di rischio. Coloro i quali la sostengono”. 
Conosce altre esperienze positive di start up nate in seno alla Federico II e capaci di reggere sul mercato a distanza di tempo? 
“Negli ultimi anni l’attenzione e la sensibilità verso gli spin off è molto cresciuta e ha portato al decollo di interessanti iniziative, alcune delle quali hanno già trovato una forma societaria e affrontano il mercato”.
Qualche esempio?
“Ariespace S.r.l.; NM2; HTExplore, BioLogicaMente, solo per citare alcuni casi. Altre iniziative sono ancora nella fase di incubazione e di passaggio dalla consapevolezza scientifica a quella imprenditoriale. Quello che è interessante notare e sottolineare è il crollo dei pregiudizi che in passato rendevano ancor più difficili questo tipo di esperienze”. 
Quale è, secondo lei, il segreto di una start up ben riuscita? 
“Competenze reali, visione ampia, capacità collaborativa, ottimismo, tenacia, affiatamento nel gruppo”. 
Cosa potrebbe e dovrebbe fare di più l’università per agevolare le idee imprenditoriali dei suoi studenti e dei suoi ricercatori? 
“Sarebbe molto importante se desse loro l’opportunità di confrontarsi con analisti di mercato e venture capitalist. Non meno importante sarebbe se l’università riuscisse anche ad offrire adeguato sostegno organizzativo, amministrativo e tecnico. I campioni da soli non bastano, occorrono allenatori e spazi in cui provare schemi di gioco per poter affrontare le sfide”. 
Fabrizio Geremicca
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