Universiade: il due volte campione olimpico (e architetto mancato). Davide Tizzano ‘Head of sport’

“Arriveremo a luglio super pronti”. Parola di Davide Tizzano, fresco di promozione da Sport Operation Manager a Head of sport per le Universiadi che si terranno in Campania dal 3 al 14 luglio. Si occuperà del coordinamento delle fasi organizzative, di impianti di gara, volontari, federazioni e cerimonie di premiazione. In carriera, tra i tanti successi, due ori nel canottaggio in due specialità diverse, caso più unico che raro in Italia, e una Vuitton Cup nella vela. Non sono mancate le battute d’arresto e le ripartenze. Ferito alle gambe da malviventi, si è rimesso in piedi in due settimane e ha partecipato alle Olimpiadi. Da studente di Architettura della Federico II ha abbandonato gli studi dopo un solo anno. Il tempo di vincere i CNU (Campionati Nazionali Universitari) dell’89 con i colori del CUS Napoli. Sui libri ci è tornato più tardi per laurearsi in Scienze Motorie a Torino. Dott. Tizzano, meglio lo sport vissuto sopra l’acqua o quello in uffi cio? “La costante è che mi diverto. Ho trovato la motivazione dietro le carte”. Sta vivendo le Universiadi da vicino. Impressioni? “È sottovalutato, ma dopo le Olimpiadi è l’evento multidisciplinare più importante al mondo. Parliamo di 18 sport, 125 paesi, migliaia di atleti. Grazie alla FISU (Federazione Internazionale Sport Universitari) è strutturato in modo molto professionale. Sul territorio resterà un gruppo di lavoro che avrà maturato competenze straordinarie che spero possano servire a eventi futuri. Gli impianti sono stati messi a posto e sono dei gioielli omologati per ospitare eventi internazionali”. Quando saranno noti i nomi dei partecipanti? “Entro il 15 giugno deve essere tutto defi nito. Ci saranno circa ottomila partecipanti”. Gli atleti avranno tra i 18 e i 26 anni. Come deve vivere la manifestazione uno sportivo/studente? “C’è chi viene per vincere e chi per partecipare. Ci sarà un modo diverso di vivere le gare, ma tutti saranno felici di indossare la maglia della propria nazione”. Il suo primo mondiale risale al 1984. Aveva 16 anni. Come viveva lei lo sport da giovanissimo? “Con molto divertimento. Siamo stati una settimana in ritiro in Danimarca e dieci giorni in Svezia. C’era un gruppo di napoletani eccezionali, tra cui Agostino Abbagnale. Un’esperienza bellissima. Sono arrivato ultimo, ma mi è servita ad imparare”. Quattro anni dopo è arrivato l’oro a Seul, seguito nel ’96 da un altro oro, ad Atlanta. Due medaglie in due specialità diverse è un bis per pochi. Insomma, ha imparato bene… “In Italia l’unico di fronte al quale devo togliermi il cappello è sempre Agostino Abbagnale. Lui ne ha vinte tre, sempre su due barche diverse”. Adattarsi alle nuove sfi de. Su questo, cosa direbbe a uno studente? “È fondamentale, soprattutto nel lavoro. A vent’anni, molti hanno un’idea di quello che vorrebbero fare da grandi. Quell’idea, però, potrebbe risultare limitante o fuorviante. Dopo il diploma mi sono iscritto ad Architettura alla Federico II con scarsissimi risultati, tenuto conto che vivevo quasi trecento giorni l’anno fuori sede per impegni sportivi. Era il 1989 e vinsi anche i Campionati Nazionali Universitari con il CUS Napoli. Ho ripreso a studiare più tardi, l’anno dopo le Olimpiadi del ’96. Nel ’99 mi sono diplomato all’ISEF, nel 2001 mi sono iscritto all’Università di Torino al Corso di Scienze Motorie e, sempre lì, mi sono specializzato in Gestione degli impianti sportivi e marketing”. Da sportivo ha dovuto fare i conti anche con un lungo stop a seguito di un tentativo di rapina subito. Come ha affrontato quella disavventura? “È successo nell’87. Dopo tre mesi ho vinto la preolimpica a Seul. In questi giorni, per i fatti di cronaca legati alla piccola Noemi, sto rivivendo quelle sensazioni. A me è andata bene perché a parte un po’ di buchi nelle gambe, non ho subito particolari danni. Dopo due settimane ho ripreso a camminare e ad andare veloce. Forse è stata colpita più la parte emotiva. Napoli non può permettersi questa barbarie”. Nel corso della carriera universitaria può bastare meno per bloccarsi. Cosa direbbe a uno studente che perde la bussola? “Lo sconforto fa parte della vita, anche dei più brillanti. Bisogna fermarsi un attimo, fare un’analisi di quello che sta avvenendo e poi ripartire. Al mio primo mondiale sono arrivato ultimo. Cosa avrei dovuto fare? Avrei dovuto smettere? Invece sono andato avanti, cercando di correggere gli errori e di lavorare di più. È cambiata la consapevolezza di me e del mio valore. Mi ‘atteggiavo’ di più (ride). Ho avuto compagni di barca importanti che mi hanno aiutato in questo”. Un consiglio agli atleti napoletani che parteciperanno alle Universiadi? “Godersi questa fortuna. Poter gareggiare di fronte ad amici, parenti e tifosi sarà impagabile. Noi abbiamo girato il mondo in siti di gara lontani e remoti dove forse non avevamo nemmeno un supporter. Qui, invece, ci sarà una città intera a sostenerli. L’augurio è di godersela perché sarà un’esperienza di vita indimenticabile”.
Ciro Baldini
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