Valutazione: un processo da condividere

Le scienze umane e sociali devono essere sottoposte all’analisi bibliometrica, proprio come le scienze dure. Quali indicatori utilizzare per rendere attendibili i risultati? E’ la domanda chiave su cui si sono interrogati i relatori della III Giornata della Ricerca Scientifica del Polo Umanistico, che si è svolta il 14 marzo scorso nell’Aula Pessina di Giurisprudenza. L’incontro è stato aperto dal Rettore Massimo Marrelli e dal Presidente del Polo delle Scienze Umane e Sociali Mario Rusciano, e presieduto dal prof. Alberto Quadrio Curzio, Vice Presidente dell’Accademia dei Lincei e Presidente della classe delle Scienze morali, storiche e filologiche. 
Il Rettore ha sottolineato che i processi di valutazione prevedono una partecipazione condivisa: “Non si tratta di stilare graduatorie o pagelle ma di arrivare a sistemi che rendano ricercatori e strutture consci del proprio lavoro”. La difficoltà di valutare i prodotti della ricerca in campo umanistico non è una novità: “Sono 15 anni che diciamo di volere la valutazione e che ci areniamo appena parte il processo. Sembra che si voglia la valutazione in linea di principio, piuttosto che con i fatti. Per questo motivo abbiamo creato un gruppo di lavoro della Federico II con cui chiediamo a tutti di collaborare”. Sul carattere indispensabile della valutazione concordi tutti i presenti. “Permette non solo di considerare quanto è stato fatto ma di assumere orientamenti di politica culturale da trasmettere ai giovani che si avviano alla carriera accademica”, ha fatto notare Quadrio Curzio. Secondo il professore, la valutazione “non darà risultati scolpiti nel marmo. Saranno necessari dei miglioramenti”. E Rusciano commenta: “La necessità della valutazione è fuori discussione ma l’eccesso di regole non ha mai fatto bene a nessuno. La pesantezza delle burocrazie e degli adempimenti fa rischiare di non raggiungere l’obiettivo”. “Se crediamo nell’importanza della visibilità internazionale, non possiamo mettere in dubbio la volontà di essere valutati da terzi”, ha affermato Marrelli, precisando che l’identificazione di determinati indicatori è frutto di una precisa politica culturale (“Si può non condividere la scelta, non gli indicatori”). 
“L’area umanistica
è incapace di
fare sistema”
Grande attenzione è stata posta sulla necessità di non uniformare la molteplicità di indirizzi che caratterizzano le scienze umane. “Far convergere posizioni dialogicamente conflittuali all’interno di un unico filone di ricerca costituirebbe un deciso impoverimento, perché limiterebbe la libertà che crea originalità e innovazione”, ha affermato Quadrio Curzio, ricordando gli effetti che le humanities hanno sulle istituzioni e sull’economia sia perché “formano la futura classe dirigente”, sia perché “da questi studi derivano implicazioni di cui la società deve tenere conto”. Gli indicatori bibliometrici sono un parametro di facile utilizzazione ma, secondo Quadrio Curzio, bisogna applicarli con qualche cautela: “I ricercatori italiani sono svantaggiati perché il nostro paese non è dotato di case editrici di caratura internazionale. Inoltre, nel campo delle scienze umane c’è il problema della rilevanza delle monografie rispetto agli articoli scientifici”.
Il quadro dei problemi e delle prospettive della valutazione in area umanistica è stato illustrato da Paola Viparelli, Presidente della Commissione di Valutazione del Polo: “L’esercizio di valutazione è stato ormai avviato. I criteri con cui operano gli esperti delle singole aree GEV (Gruppi Esperti di Valutazione) sono stati pubblicati sul sito dell’ANVUR”. La reazione degli umanisti, tuttavia, non è stata quella ottimale: “Hanno vissuto la valutazione come un duro colpo sferrato alle loro discipline, invece che come una opportunità di migliorare”. La diffidenza è motivata da due potenziali pericoli: “I settori scientifico-tecnologici potrebbero essere avvantaggiati nell’accesso ai finanziamenti per una maggiore visibilità internazionale. Inoltre, si finirebbe col mettere in risalto la frammentazione dell’area umanistica che è incapace di fare sistema”. La Viparelli ha sottolineato che la griglia metodologica individuata risponde a criteri qualitativi, piuttosto che quantitativi: “nei nostri settori si baserà per lo più sulla peer review. L’impact factor finora non è applicabile alle monografie e anche la classificazione delle riviste ha solo uno scopo orientativo”. Il fine è arrivare in futuro alla costituzione di banche dati che permettano il ricorso ai dati bibliometrici. Sergio Benedetto, Responsabile VQR (Valutazione Qualità della Ricerca), ha precisato: “La valutazione riguarderà le aree, le strutture, i Dipartimenti, non i singoli ricercatori. Il giudizio di qualità verterà su rilevanza, originalità/innovazione, internazionalizzazione e potenziale competitivo internazionale”. La valutazione bibliometrica non misurerà la qualità ma l’impatto della ricerca. Benedetto ne ha evidenziato vantaggi e svantaggi: “E’ efficace, economica, non intrusiva, scevra da pregiudizi e opinioni soggettive ed aiuta ad identificare le origini e l’impatto delle idee”. 
Misurare la qualità,
operazione impervia
Tuttavia, misurarne la qualità può essere un’operazione impervia “come valutare la bellezza della Gioconda. Non può essere quantizzata calcolando il numero di biglietti di ingresso staccati al Louvre o il tempo di permanenza dei visitatori davanti al quadro”. Benedetto mette in guardia pure dall’eccessivo ricorso alla peer review: “Non è la panacea, non deve essere mitizzata”. Anche la valutazione dei pari diventa più complicata per le scienze umane “per la difficoltà di confrontare i lavori, data l’unicità dell’oggetto, per la rivalità delle scuole di pensiero di appartenenza e per il numero limitato di esperti”. La classificazione delle riviste è un altro argomento caldo che pone una serie di interrogativi. Chi la fa? Come viene fatta? “L’ANVUR non ha intenzione di produrre liste di proscrizione di case editrici o collane editoriali ma di verificarne l’imparzialità, il rigore, la trasparenza, per favorire l’apertura, l’internazionalizzazione, l’abbandono dell’autoreferenzialità e il riconoscimento del merito”, ha chiarito Benedetto.
Lo stato dell’arte della valutazione all’interno dei singoli settori disciplinari è stato descritto dai Presidenti delle aree 10-14. Si va dall’uso esclusivo della peer review per le Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche, per Storia, Filosofia, Pedagogia, per le Scienze Politiche e Sociali e per l’area giuridica, alla peer review su campione casuale su rivista easy e confronto di controllo per le Scienze Economiche e Statistiche, all’utilizzo dei criteri bibliometrici per Psicologia e Scienze Motorie. “La sede in cui appare un articolo scientifico in questa prima fase non ha peso. Classificare le nostre riviste serve ad aiutarle ad entrare in un circuito internazionale”, ha affermato la prof.ssa Marina Giaveri. E Andrea Graziosi ha aggiunto: “Per classificarle abbiamo usato la reputazione scientifica. E’ stata un’operazione criticabile ma da qualche parte dovevamo pur partire”. “Nel mondo giuridico non ci sono ostilità verso la bibliometria, soltanto un’estrema difficoltà di applicarla”, ha riferito Lorenzo Zoppoli.
La giornata si è conclusa con una tavola rotonda per mettere a fuoco gli aspetti tecnici su cui sta lavorando il gruppo di valutazione di Ateneo, coordinata dal Vice-Presidente del Polo Stefano Consiglio. “Dal confronto sono emerse le diverse esigenze delle varie aree scientifiche – è il parere del prof. Roberto Delle Donne – L’individuazione di parametri da parte di ciascun GEV è il primo passo per adeguarsi agli standard internazionali. Rimane aperto il problema dell’autorizzazione che gli autori dovrebbero chiedere agli editori per i pdf dei propri lavori”. Anche la prof.ssa Lilia Costabile ha giudicato la giornata “proficua e chiarificatrice” e poi ha sollevato un problema specifico: “Tra le scienze economiche ve ne sono alcune morali e altre ingegneristiche. E’ un’area composita in cui in passato si sono verificate diverse tensioni. Da qui l’esigenza di sottolineare che venga garantito il pluralismo sia nella scelta dei pari, sia nella compilazione delle liste”.
Manuela Pitterà
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