Ambiente e tasca: due ragioni per raccogliere la sfida del fotovoltaico

10 milioni di euro nel 2021, quest’anno il cinquanta per cento in più: il consumo energetico della Federico II. Pannelli solari sui tetti delle sedi universitarie?
L’analisi dell’Energy Manager di Ateneo

Dieci milioni circa di euro di bolletta elettrica nel 2021. Non meno di quindici, ben che vada, a fine 2022. Più cinquanta per cento. Il rincaro dell’energia colpisce duramente anche l’Ateneo federiciano, nel quale, come è inevitabile in una Università, soprattutto di grosse dimensioni, non mancano impianti e strutture fortemente energivori. Per citarne solo due: i centri di calcolo ed i sistemi di climatizzazione. Il prof. Luigi Verolino, docente di Elettrotecnica ad Ingegneria, lancia un appello affinché sempre più l’Ateneo si doti di impianti fotovoltaici. Per una questione ambientale – ridurre le emissioni climalteranti in atmosfera – e per una questione di tasca. L’energia autoprodotta potrebbe abbattere notevolmente il costo della bolletta. “Non dico che si potrebbe rendere energeticamente indipendente  l’Ateneo – sostiene – ma certamente ci si potrebbe avvicinare all’obiettivo. Parlo per esperienze vissute, sia pure in altri contesti”. Ne elenca un paio particolarmente significative. Quella della Whirlpool, per esempio, la fabbrica che fino a qualche anno fa – ora è chiusa e gli operai sono in Naspi in attesa che si concretizzi l’ipotesi di una nuova cordata imprenditoriale – dove  Verolino ha progettato un impianto fotovoltaico da un megawatt. “Servivano – spiega – pannelli non piani, ma che seguissero la volta a botte. Non era semplicissimo, ma funzionò e ci fu un risparmio energetico notevolissimo”. A Villaricca poi, va avanti nel racconto il prof. Verolino, “il Comune mi chiese di colonizzare tre scuole con il fotovoltaico. Alla fine del progetto, dopo che erano stati sistemati i pannelli sugli edifici, la bolletta energetica era scesa da 320 mila euro a 40 mila euro a semestre. Duecentottantamila euro di risparmio ogni sei mesi”.

A Monte Sant’Angelo un impianto da 200 kilowatt

Ma dove potrebbero trovare posto gli impianti fotovoltaici alla Federico II, su quali edifici? La vera criticità – chiarisce il docente – è lo spazio e la concavità o convessità delle superfici. Se è tormentata, concava e non piana le difficoltà aumentano. I tetti degli edifici universitari di via Marina potrebbero andare benissimo.Stesso discorso per la sede universitaria che abbiamo a San Giovanni a Teduccio. Un altro spazio dove potremmo mettere i pannelli è certamente quello degli edifici universitari del complesso di Monte Sant’Angelo in via Cinthia. Analogo discorso per tutta l’area del Policlinico, che è anche piuttosto ampia. Le opportunità non mancano e per fortuna non difettano neanche le competenze nel nostro Ateneo. Credo che valga la pena raccogliere la sfida e realizzare uno sforzo importante”. Non è solo il fotovoltaico, peraltro, a rappresentare una opportunità per la Federico II secondo il prof. Verolino: A San Giovanni a Teduccio si dovrebbe puntare anche sul microeolico. Lì le condizioni esistono per un impianto di questo tipo”.

Non si parte peraltro da zero, come tiene a sottolineare il prof. Massimo Dentice d’Accadia, anch’egli docente di Ingegneria, il quale insegna Fisica tecnica industriale. È lui che nella Federico II ha il ruolo di energy manager. Una figura, quest’ultima, che è stata introdotta ormai alcuni anni fa e che ha il compito di gestire ciò che riguarda l’energia all’interno di un’azienda, un ente pubblico, o più in generale una struttura, verificando i consumi, ottimizzandoli e promuovendo interventi mirati all’efficienza energetica e all’uso di fonti rinnovabili. Dice: Abbiamo già due impianti operativi di fotovoltaico. Uno da 20 kilowatt a San Giovanni a Teduccio ed uno, realizzato nell’ambito di un progetto di ricerca, da 100 kilowatt in via Claudio. C’è poi un progetto con gara già appaltata – si attende il parere della soprintendenza – per realizzare un impianto fotovoltaico da 200 kilowatt a Monte Sant’Angelo”. Il prof. Dentice d’Accadia, poi, fa presente che nella Federico II esistono già impianti classificati come fonti rinnovabili a pompa di calore, i quali sono alimentati dall’energia elettrica e dall’aria atmosferica”. Aggiunge: “Da diversi anni, tramite i contratti Consip, acquistiamo energia elettrica interamente prodotta da fonti rinnovabili, compreso l’idroelettrico. Si può fare di più, riconosce, incrementando la copertura attraverso l’impianto di pannelli su altri edifici, ma ci sono alcuni limiti oggettivi: Uno è che una parte non trascurabile delle nostre sedi universitarie è all’interno di palazzi storici e soggetti a vincolo. Un altro limite, legato però alla contingenza, è che in questa fase i tempi di produzione e consegna dei pannelli solari sono molto lunghi. Se oggi si fa un ordine è difficile che si ottengano i moduli prima di nove o dieci mesi. L’energia fotovoltaica in questo momento è clamorosamente più conveniente rispetto ad altre fonti, sebbene i prezzi stiano salendo anche per essa, ma mancano i pannelli sul mercato.

Silicio sempre più raro “l’estrazione comporta anch’essa problemi ambientali”

Il fotovoltaico, tra l’altro, è un settore nell’ambito del quale l’Italia dipende quasi totalmente dalle importazioni per la costruzione degli impianti. “Purtroppo – informa il docente – la produzione del silicio fotovoltaico è molto dispendiosa perché energivora ed è stata per questo delocalizzata in gran parte nei Paesi dove il costo del lavoro è più basso”. Senza dimenticare, aggiunge, che anche l’impatto ambientale del fotovoltaico può essere forte, sebbene si manifesti dove noi non lo vediamo: Silicio, elettrodi e catalizzatori sono sempre più rari e l’estrazione comporta anch’essa problemi ambientali. Nel futuro diventerà anche questo un tema rilevante. È un discorso analogo a quello che va fatto per il litio delle batterie delle auto elettriche. È sempre più raro e prezioso e non sempre è estratto e trattato ecologicamente”. Sottolinea: “Queste considerazioni ovviamente non significano che la strada delle energie alternative non vada perseguita e che non siano da incoraggiare tutte le tecnologie che ci consentano di ridurre progressivamente il ricorso alle energie da fonte fossile. Vuol dire, però, che bisogna continuare a studiare e a svolgere ricerche per arrivare ad una energia che sia davvero verde al cento per cento, anche nella produzione dei materiali che sono utilizzati per gli impianti.

Resta da affrontare un tema non meno importante ai fini della riduzione dell’impatto ambientale e dei costi energetici in bolletta, quello della eliminazione degli sprechi. Più volte le cronache hanno riportato denunce e polemiche relative alla circostanza che in alcuni edifici pubblici le luci restano accese h24, quando non ce ne sarebbe alcuna necessità. Si sprecano soldi ed energia, la produzione della quale ha ovviamente sempre un certo impatto ambientale. È virtuosa da questo punto di vista la Federico II oppure è sprecona? “In linea di massima – risponde l’Energy Manager dell’Ateneo – credo si possa dire che siamo virtuosi e certamente l’attuale situazione dei costi delle bollette rappresenterà un incentivo per fare ancora meglio. Le luci di notte si spengono quasi ovunque. Ci sono particolari situazioni dove non accade. Legate, mi hanno spiegato i responsabili degli uffici tecnici ai quali ho posto il problema più volte, a questioni di sicurezza”.  

Fabrizio Geremicca

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