Campi Flegrei: “la sismicità è dovuta alla fratturazione delle rocce determinata dalla pressione dell’acqua”. Uno studio presentato in Dipartimento dalla prof.ssa Annamaria Lima

Drenare acqua dal sottosuolo attraverso i pozzi per mitigare la sismicità legata al bradisismo nei Campi Flegrei. È la proposta di un gruppo di ricercatori: Annamaria Lima, che insegna Geochimica e Vulcanologia al Dipartimento di Scienze della Terra; Benedetto De Vivo, il quale ha a sua volta insegnato per molti anni alla Federico II, prima di andare in pensione; il vulcanologo Robert Bodnar, del Virginia Polytechnic.
Avanzano tale idea in uno studio che apparirà presto su American Mineralogist. Lima ne ha parlato anche il 15 ottobre nel corso di un seminario all’Università. “La nostra proposta – dice ad Ateneapoli – deriva dal modello di interpretazione del fenomeno che abbiamo elaborato. Nei Campi Flegrei non ci sono evidenze di risalita del magma, anzi scende”. Prosegue: “Abbiamo prove, dati oggettivi i quali indicano che in epoche passate il magma era a 4 o 5 chilometri di profondità. Indagini con il metodo della tomografia, realizzate nel 2008, testimoniano che è adesso tra 7,5 e 8 chilometri sotto il livello del suolo”.
Se il magma scende, dunque, a cosa è dovuta la sismicità legata al sollevamento del suolo? L’ipotesi della docente è che sia dovuta alla idrofratturazione.
Argomenta: “Il magma raffreddandosi libera acqua salata e gas ad alta temperatura, che si accumulano sotto un profondo strato di rocce impermeabili. Periodicamente queste rocce cedono alla pressione e si fratturano, così i fluidi di origine magmatica sfuggono e finiscono per essere trattenuti da un secondo livello impermeabile, a circa 3 chilometri di profondità, più elastico. È la deformazione di questo strato che provoca il sollevamento del suolo e i sismi. Quando lo strato cede e si frattura, libera i fluidi accumulati sotto e si innesca la subsidenza. Il suolo inizia a scendere. Le fratture poi si richiudono perché le riempiono le sostanze disciolte dell’acqua, che a quel punto non trova sfoghi e va di nuovo in pressione. Di nuovo fratture e risalita del suolo.
Il ciclo ricomincia, come fa da millenni. La sismicità nei Campi Flegrei è dovuta in sostanza alla fratturazione delle rocce determinata dalla pressione dell’acqua. Lì sotto c’è uno strato di roccia pozzolanica con proprietà elastiche. Resiste fino ad un certo punto e poi si si spacca ed ecco che si generano i terremoti”.

“Bisogna che si attinga acqua dal sottosuolo”


Sulla base di questo modello, Lima sostiene che per mitigare la sismicità “bisogna che si attinga acqua dal sottosuolo. Non bisognerebbe neppure emungerla, ma realizzare una serie di pozzi a circa 3 chilometri di profondità dai quali l’acqua risalirebbe da sola, perché è in pressione. Un po’ come accade per i pozzi artesiani. Il nostro progetto prevede di intercettare l’acquifero profondo e quello più superficiale. Dobbiamo drenare il sistema Campi Flegrei, ma per farlo dobbiamo realizzare pozzi e servono trivellazioni. Prima delle quali, però, va realizzato uno studio di fattibilità di dettaglio. In ogni caso, bisognerebbe scegliere posti non troppo antropizzati”.
Quanta acqua bisognerebbe drenare dalle profondità dei Campi Flegrei, secondo l’ipotesi della prof.ssa Lima? “Va studiato. Certo è che bisogna prelevare quantità tali che possano incidere sulla pressione. Servirà una serie di pozzi che attingano acqua da vari punti”. Il liquido – va avanti nella spiegazione la docente – “potrebbe essere raccolto ed utilizzato per estrarne il litio ed altri elementi utili contenuti in sospensione. Il litio in particolare è prezioso e si ricava facilmente dall’acqua attraverso filtri. Il liquido così depurato potrebbe essere impiegato ai fini del teleriscaldamento e di altre attività antropiche”.
Non sembra un progetto facilissimo da realizzare. “Ci rendiamo conto della difficoltà – ammette la docente – ma toglieremmo di mezzo un bel problema. Nei Campi Flegrei resterebbe solo la sismicità legata all’eventualità che risalga il magma, e ne guadagnerebbe anche la sorveglianza. Eliminati i terremoti determinati dalla idrofratturazione, i fenomeni sismici che si dovessero verificare potrebbero più agevolmente essere ricondotti al pericolo effettivo di una eruzione”. Le trivellazioni non sono rischiose in un’area come i Campi Flegrei? “Nulla è esente da rischi in assoluto, ma in questo caso le perforazioni ed i pozzi sarebbero preceduti da uno studio di fattibilità necessario appunto a capire come e dove realizzare gli interventi”.
Quando la prof.ssa Lima ha tenuto il suo seminario nei Campi Flegrei gli abitanti vivevano una fase di relativa tranquillità. Dopo le numerosissime scosse degli ultimi mesi, alcune delle quali di magnitudo piuttosto rilevante, fino a 4.1, i fenomeni si sono attenuati ed anche l’innalzamento del suolo pare stia rallentando rispetto agli ultimi due anni.
La docente, che vive a Bagnoli, se ne rallegra come tutti. “Sono una studiosa – racconta – conosco i fenomeni in atto, la loro natura e la loro genesi, ma ciò non toglie che come tutti non ho chiuso occhio di notte quando ci sono stati gli sciami sismici più intensi. Ho tre nipotini e anch’essi, quando i terremoti sono stati più forti, erano terrorizzati. Stai sempre lì a chiederti se la casa resisterà, se non ci siano rischi relativi alla tenuta degli immobili. C’è poco da fare, di fronte a questi fenomeni naturali siamo piccolissimi. L’unica strada che possiamo imboccare è quella dell’approfondimento delle conoscenze e della prevenzione. Entrare a fondo nei fenomeni, studiarli sempre di più senza pregiudizi ci permette di calibrare le strategie più idonee a prevenire i disastri”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n.17 – 2024 – Pagina 9

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