L’Ambasciatore di Svizzera in Italia ospite alla Federico II
744 km di frontiera si interpongono tra Svizzera e Italia, eppure questo confine unisce più di quanto divide: comunicazione costante tra ministeri, partnership commerciali di prim’ordine, ma soprattutto condivisione di valori. “L’Italia è estremamente solidale a livello internazionale e anche la Svizzera ha alle spalle una grandissima tradizione di aiuti umanitari. Io dico sempre che la Svizzera fa tantissime cose e forse non ne parla abbastanza; spesso ho l’impressione che per l’Italia sia la stessa cosa: in tutte le missioni internazionali ci sono sempre italiani”, è la testimonianza di Monika Schmutz Kirgoz, Ambasciatrice di Svizzera in Italia e ospite d’onore del convegno tenutosi giovedì 2 febbraio nella sede centrale della Federico II. La sua presenza davanti agli studenti corona l’istituzione dell’accordo tra la Federico II e il Corpo Consolare, nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni dell’Ateneo, che persegue l’obiettivo di “sviluppare relazioni con tanti Paesi, permettendoci di rafforzare l’immagine della Federico II nel mondo”, come ha affermato in apertura la prof.ssa Valentina Della Corte, delegata del Rettore Unina 2024. Corpo Consolare, tra l’altro, presente a Napoli con la rappresentanza di circa 70 Paesi, ricorda il Console Onorario del Principato di Monaco e Segretario generale del Corpo Consolare di Napoli Mariano Bruno che, riprendendo il titolo dell’evento, ‘La Svizzera incontra i talenti del domani’, afferma che è necessario “avere la presunzione e la visione di poter formare questi talenti nel futuro, ma soprattutto dobbiamo saperli mantenere e fare dei percorsi di carriera ad hoc per poterli valorizzare”.
La storia della Console Schmutz Kirgoz è allora indubbiamente un modello a cui ispirarsi: laureata in Sociologia e Scienze Politiche a Losanna e specializzata al Politecnico Federale di Zurigo sui Paesi in via di sviluppo, ha lavorato per quindici anni in Medio-oriente, spostandosi tra vari Stati tra cui il Libano, dove si trovava al momento dell’esplosione nel porto di Beirut nel 2020 (dove è per altro rimasta ferita). Alla domanda ‘com’è essere una diplomatica donna?’ risponde, ironizzando, che “ogni tanto è un vantaggio, poiché, essendo poche, si ricordano di me”. Nella sua carriera si è relazionata con numerose organizzazioni, anche le più pericolose: “la nostra politica estera vuole che parliamo con tutti”, afferma mostrando una foto con il capo di Hezbollah, organizzazione estremista islamica libanese con cui, ricorda, “la Svizzera è uno dei pochi paesi a dialogare. L’Unione Europea ad esempio no, poiché la sua politica vuole che non si parli con le organizzazioni considerate terroristiche”. Mentre racconta, mostra alcune immagini dei suoi incontri con i più importanti leader: grandi capi religiosi islamici, l’ex primo Ministro di Israele Simon Peres… ma confessa che “probabilmente le persone che mi hanno impressionato di più non sono in queste foto, ma i tanti che lavorano nelle ONG. Spesso mi dico che forse un giorno potrò avere il privilegio di scrivere un libro su tutte queste persone che mi hanno segnato. Ad esempio in Israele c’era una ONG che voleva portare all’attenzione le azioni dell’esercito israeliano nei territori occupati. Il fondatore era un ebreo ortodosso che era stato nell’esercito e aveva visto tutto quello che quest’ultimo aveva fatto, e spiegava a noi dell’ambasciata che era proprio per le sue motivazioni religiose se n’era andato e, ritenendo che tutto ciò non andasse bene, aveva fondato la sua organizzazione. Le persone così mi impressionano, perché lottano e credono in qualcosa e cercano di migliorare la vita degli altri”.
La Svizzera è nata come “una confederazione di popoli tra loro diversi, ma in equilibrio e perciò si guarda a questa come un modello di convivenza di successo. La pluralità di culture e lingue diverse costituisce il nostro DNA e ci permette di avere dei rapporti intensi e molto ricchi con gli altri Paesi”, spiega Raffaella D’Errico, Console Onorario della Federazione Svizzera in Napoli. Il che rende questo Paese “il prodotto più interessante che ci sia al mondo da vendere, con la sua democrazia diretta, la neutralità, le sue quattro lingue e tutti i suoi contesti culturali”, spiega Schmutz Kirgoz quando le viene chiesto perché ha deciso di intraprendere la carriera diplomatica. E ai giovani in sala che vogliono seguirne le orme racconta: “Il mio paese è la Svizzera, ma la mia patria è il mondo. Per fare questo mestiere bisogna avere una predisposizione ad amare la vita. Ogni quattro anni il Ministero ti manda in un Paese che non sai qual è: nuova cultura, nuove religioni, nuovi contesti. È una vita che è quasi un compartimento di tantissime vite. Bisogna avere un po’ il gusto per l’avventura”. Un consiglio per tutti gli aspiranti diplomatici? “Cercate di apprendere almeno l’inglese”.
Giulia Cioffi