Quali sono le differenze tra un’andata e un ritorno? Molte. Forse tante quante il valore che gli si dà, in virtù del proprio percorso. Un’andata, oggi, può significare cominciare una nuova vita lavorativa, un percorso universitario lontano dalle proprie origini. All’opposto, il ritorno diventerebbe un viaggio a ritroso verso i luoghi dei propri affetti. Di questa sofferta ambivalenza, Milano ne assurge a sicuro simbolo come città di destinazione, seppur meno che in passato. Ma se il viaggio fosse compiuto al contrario? Se gli 800 chilometri che separano il capoluogo lombardo fossero percorsi per stabilirsi a Napoli, quale senso potrebbe avere questa scelta? Prova a spiegarlo Enrico Solimena, 26enne meneghino che, dopo il conseguimento della Triennale in Filosofia alla Statale di Milano con tesi sullo Stato cosmopolita, ha deciso, nel luglio del 2019, di trasferirsi alle pendici del Vesuvio per proseguire la propria formazione filosofica al Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II. “I motivi alla base di questo cambiamento sono stati sostanzialmente due. Il primo riguarda il fatto che di solito i Corsi di Studio Magistrali della nostra disciplina sono molto simili ai primi tre anni. Confrontarmi di nuovo con programmi già affrontati e professori già conosciuti non mi sembrava molto costruttivo. In secondo luogo, avevo voglia di mettermi alla prova: vivere da solo, allargare gli orizzonti in senso più trasversale possibile”. Bologna, Perugia, Roma sembravano essere le uniche destinazioni possibili nel post Triennale. “Tutte ottime università, le città le conoscevo, eppure mi son detto di voler valutare anche altro”. E il caso vuole, nonostante il forte accento lombardo, che un legame indiretto con Napoli, sia di fatto ‘genetico’: “Mio padre è nato qui e all’età di quattro anni si è trasferito al nord con la famiglia”. Ma non è stato certo quello il motivo scatenante. “Via via, leggendo articoli sulla vita sociale della città, approfondendo per bene la Guida dello studente e spulciando nei vari esami, l’idea partenopea si è fatta sempre più stimolante”. A conti fatti, ora che manca un solo esame per chiudere il cerchio, si possono trarre anche delle conclusioni. “Le cose positive sono state davvero tante. La mia vita da studente qui è molto bella, vivo in centro, vicino a tutto ciò che mi serve, ai luoghi della socialità. D’altra parte devo anche ammettere che muoversi con i mezzi pubblici è davvero difficile. Fortunatamente non ne ho mai avuto l’esigenza, tuttavia il fatto che gli autobus sono spesso in ritardo e la metro chiude presto, è stato un problema anche voler raggiungere il Vomero di sera”. Ma lungi dal pentirsi della scelta, Enrico ritiene che Napoli l’abbia aiutato a raggiungere la maturità giusta e una visione più ampia delle cose, per tornare a vecchi progetti: “Cinque anni fa io e alcuni amici creammo una lista civica per la città. Non mi candidai perché sentivo di dover vivere nuove esperienze e crescere, anche politicamente. Napoli mi ha restituito tutto questo. Mi piacerebbe replicare alcune cose viste qui, che riguardano soprattutto la vita sociale. Che una piazza diventi un luogo naturale di aggregazione mi ha fatto riflettere. Ho sentito la città piegarsi all’esigenza del vedersi, di prestarsi all’incontro”. Forse, proprio per questo, la chiosa finale del giovane è malinconica: “Certo, tornare a casa non mi dispiace, ma al tempo stesso sono triste, Napoli mi mancherà”.
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