“Il ricercatore è anche manager, oggi. Non può chiudersi in laboratorio a fare esperimenti: deve saper pianificare su quattro – cinque anni tanto dal punto di vista del budget che per il tipo di ricerca, che deve essere il più flessibile possibile”. Classe 1984, nato a Roma, una carriera fulminante che lo vede attualmente docente di Biologia Molecolare al Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali della Federico II e Principal investigator di un gruppo di ricerca sulla biologia delle cellule staminali tramite approcci di genomica integrata al Tigem di Pozzuoli, Davide Cacchiarelli è tra i vincitori dell’edizione 2024 del Premio ‘Alfredo Margreth’.
Il riconoscimento, destinato agli under 40 anni che abbiano condotto ricerche nel campo della biologia cellulare, gli è stato consegnato il 7 novembre scorso a Roma dal Presidente dell’Accademia dei Lincei Roberto Antonelli e dal Vicepresidente Carlo Doglioni, per il suo lavoro sulla regolazione del differenziamento e riprogrammazione muscolare in condizioni fisiologiche e nella distrofia muscolare di Duchenne, una malattia neuromuscolare che causa la degenerazione del tessuto muscolare e quindi la progressiva perdita di forza e riduzione delle abilità motorie. Ateneapoli lo ha raggiunto telefonicamente mentre si trova in Svizzera in qualità di Direttore scientifico di una della Spin-off dell’Istituto Telethon, per presentare alcune soluzioni a una società elvetica in vista di una possibile partnership.
Schietto, sicuro di sé, Cacchiarelli non si nasconde dietro parole di circostanza e si riconosce i giusti meriti: “Sono stato molto bravo, diventando anche professore a Napoli senza essere figlio di nessuno; ma ho avuto anche fortuna”. Ai più giovani con il sogno della ricerca dice: “serve passione, ma non ragionate di pancia”.
Professore, cosa significa questo premio?
“Molto spesso i premi sono un modo per contarsi, per vedere che impatto ha avuto ciò che si è fatto in un certo periodo della vita. È vero, durante la mia carriera ho ottenuto tutti i tipi di finanziamenti che si possano avere nella ricerca, ma con un premio è un po’ diverso: non si seleziona una pletora di persone, ma soltanto una. È un riconoscimento che attesta che in quell’area di ricerca si è tra i primi – non in senso assoluto, ovviamente, ci sono tanti colleghi che non vengono nemmeno menzionati”.
Venendo al motivo del riconoscimento, ci racconta meglio di cosa si occupa e delle sue ricerche sulla fisiopatologia muscolare?
“Ho iniziato a studiare l’uso dei MicroRNA come molecole sia perché svolgono un ruolo nel differenziamento muscolare della distrofia di Duchenne insieme ad altre molecole, le Long non-coding RNA, sia per il loro possibile uso terapeutico. Successivamente, durante il mio lavoro all’estero e al rientro in Italia, mi sono un po’ allontanato dalla fisiopatologia del muscolo, ma sono sempre rimasto all’interno di come si studia e si ottiene il differenziamento muscolare. Abbiamo studiato come si differenzia il muscolo, come si riprogramma tramite l’uso di fattori di trascrizione e anche come tracciare il differenziamento muscolare facendo studi dalla singola cellula, in cui si ricostruisce tramite un approccio pionieristico chiamato Pseudotime, riorganizzando le cellule non da quando le si colleziona, ma analizzando il loro trascritto uno ad uno e posizionandoli lungo una linea di differenziamento immaginaria. In sostanza, tutto questo parte nel 2007 e arriva ad oggi, 2024”.
Uscire dalla comfort zone
A proposito del suo percorso nel mondo della ricerca: quando è scattata la scintilla?
“Dopo la Triennale in Biotecnologie alla Cattolica, ho conseguito la Magistrale in Genetica e Biologia molecolare a La Sapienza, tutt’oggi una delle Scuole più importanti e formative in questi due settori. Come spesso accade, tutto è iniziato grazie al carisma di un docente – la mia mentore è stata la prof.ssa Irene Bozzoni, che a Roma ha ammaliato me e alcuni compagni, tanto che abbiamo fatto il dottorato con lei – e d’altra parte anche il tipo di ricerca di avanguardia: il topic che ho scelto era di grande interesse e il laboratorio è sempre stato ben finanziato”.
Lei ha trascorso dei periodi di ricerca ad Harvard e al MIT di Boston. Che importanza hanno avuto queste esperienze nella sua formazione?
“Il passaggio all’estero è stato fondamentale, anche se non sono così convinto che sia una tappa obbligata come dice qualcuno. Certamente permette di fare ricerca a livelli ancora più alti per il tipo di finanziamenti e per l’esposizione alle nuove frontiere di ricerca e di scienza – ad Harvard si va a pranzo con i Premi Nobel, tanto per dire. E aggiungo che, se si vuol diventare indipendente in un gruppo di ricerca in Italia – questo lo imponeva la mia mentore – è utile fare esperienze del genere per andare in contesti totalmente diversi da quelli in cui si è cresciuti: tutto nuovo, nessuna rete di salvataggio; cavarsela da soli”.
Uscire dalla comfort zone, in sintesi.
“Assolutamente sì. Infatti sono diventato professore a Napoli senza essere figlio di nessuno”.
“Il ricercatore è chiamato ad essere manager”
In base alla sua esperienza, quali caratteristiche deve avere un ricercatore per arrivare a questi livelli?
“In primis deve avere passione – sembra banale, ma conta innanzitutto questo. Quello del ricercatore-professore è una di quelle occupazioni che, oggi, inserisce in catene produttive; le università sono diventate delle aziende e per questo funzionano con certi criteri. Il docente deve studiare per creare filoni di ricerca innovativi – e la ricerca non è neanche poi tanto libera perché vincolata ai tipi di finanziamenti e legata alle Grant Agencies – ne è responsabile e deve trovare i soldi per sostenerla; e deve pure fare i conti con il fatto che l’università paga gli stipendi, ma non fornisce soldi per i gruppi di ricerca.
Questo significa che i collaboratori più efficienti, spesso, vengono mandati via ed è frustrante, oltre che allucinante nell’ottica di una azienda che deve funzionare bene. Aggiungo pure che il ricercatore è chiamato ad essere manager. Non si può pensare di chiudersi in laboratorio a fare esperimenti: bisogna saper pianificare a quattro-cinque anni, tanto dal punto di vista del budget che per il tipo di ricerca, che deve essere il più flessibile possibile”.
Serve passione “ma non fate scelte di pancia”
Si è mai trovato a confrontarsi con giovani studenti con il sogno della ricerca? Se sì, qual è il suo consiglio?
“Mi è successo molte volte. Il “difetto” del biotecnologo/biologo è che nell’ambito biomedico, cioè il mio, o si sta in laboratorio a fare ricerca o si fa il biologo specialista dopo aver frequentato la Scuola di Specializzazione: non ci sono molte altre opzioni. E soprattutto può essere frustrante, perché solo l’1% di quelli che fanno Biologia diventa professore e riesce a portare avanti una ricerca puramente indipendente. Faccio così con i ragazzi: gli chiedo di ragionare su questo e di non fare scelte di pancia – cosa che ho fatto io invece – per non precludersi nulla e per capire quali sono le reali possibilità”.
“Sono stato molto bravo, ma anche molto fortunato”
Dunque lei è un’eccezione…
“Sicuramente sono stato molto bravo, ma anche molto fortunato; la fortuna si materializza anche in eventi e incontri che avvengono in un certo modo e in un certo momento. Perciò, ripeto, ai ragazzi consiglio di non escludere niente a priori, ma di non intraprendere questo percorso se non c’è un particolare commitment per la ricerca, perché è molto limitante”.
Cosa si augura per il suo futuro?
“Ho avuto e continuo ad avere tante soddisfazioni dal mio lavoro e augurarsi che possa continuare la mia ricerca con flessibilità e finanziamenti che ho ad oggi, credo sia già tantissimo. Non c’è nulla che non va: sono in una grande fondazione come Telethon che supporta ricerche rischiose e innovative e mi trovo in un Dipartimento che funziona benissimo, sempre attento alle necessità. Spero che il contesto lavorativo rimanga sempre così stimolante e flessibile, spesso ciò che fa desistere alcuni colleghi è proprio la frustrazione per un sistema che non inserisce la marcia giusta”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n.18 – 2024 – Pagina 12