Il terzo anno a Giurisprudenza è un cerbero a tre teste: Diritto Penale, Commerciale e Procedura Civile. Tra i corridoi del Dipartimento, si vocifera sia l’anno più difficile tra i cinque. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto ad alcuni studenti attualmente al quarto e quinto anno: se alcuni tirano un sospiro di sollievo, convinti che ormai “il peggio è passato”; altri, invece, avvertono: “aspettate di vedere il quarto”.
Ognuno ha sviluppato una propria tecnica di sopravvivenza, vere e proprie scuole di pensiero su quale sia l’organizzazione più efficace da adottare. Per Sara Antinolfi, ad esempio, “soprattutto se ci sono esami arretrati, date prima quelli così da accumulare quanti più crediti possibili, anche per agevolazioni sulle tasse. Poi, concentratevi su Commerciale e Penale. Per dare Diritto Penale a luglio ho perso tutta la sessione estiva, dato che ho studiato solo quello”.
Di opposte vedute è invece Marcella Patalano che, nonostante qualche esame in sospeso, ha scelto di tirare dritto e suggerisce a chiunque si trovasse nella stessa situazione di “non darvi troppo peso e andare avanti”: “Non avrei potuto fare scelta migliore. È al terzo anno che capisci se la scelta è stata giusta, perché entri proprio nel vivo della questione. Per decidere quale indirizzo seguire, gli esami di quest’anno sono fondamentali”.
Perciò, “fate quello che dovete nel modo più accurato possibile. La difficoltà più grande starà nell’acquisire il linguaggio tecnico, ma è qui che si gettano le basi per quarto e quinto anno: questi argomenti, l’anno prossimo, verranno dati per scontato”.
Se ne avesse la possibilità, però, confessa che riorganizzerebbe la sessione così: “a dicembre, approfittate per levarvi qualche esame rimasto in sospeso e seguite Diritto Amministrativo, per sostenerlo a gennaio. Se frequentate il corso, un mesetto basta per ripeterlo. Nel secondo semestre, cercate di togliervi subito Diritto Commerciale: datelo al primo appello e approfittate dei mesi primaverili, perché il materiale da studiare è davvero tanto”.
“Dare priorità agli esami più pesanti”
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Lorenza Gatto, per la quale il terzo è stato “senza dubbio l’anno più difficile e, perciò, consiglio assolutamente di dare priorità agli esami più pesanti, in particolare Commerciale. Non sono materie che si preparano in quindici giorni, ci vuole davvero tanta costanza”. “Un’iniziazione alle procedure”: così lo descrive Mario Catullo. Il suo suggerimento? “Intrecciate un dialogo con chi sarà al di là della cattedra: andate ai corsi, ai seminari, ai ricevimenti ed indicate le vostre perplessità, insicurezze e incomprensioni che il più delle volte saranno accolte con piacere”. Così come anche una vicinanza “tra chi ha già superato quel periodo e chi si prepara ad affrontarlo può fornire davvero tanto supporto”.
Per Anna Izzo, invece, il terzo anno non è stato poi così difficile. Dover affrontare, tuttavia, il corso obbligatorio a scelta per l’acquisizione dei crediti extra “mi ha tolto tanto tempo”. Comunque, “sul piatto della bilancia pesa molto di più il quarto anno, considerando che ci sono tutte le Procedure”. Indipendentemente da ciò, l’unica soluzione è “affrontare gli esami con volontà e dedizione, siamo anche ragazzi, oltre che studenti: non possiamo recluderci per dedicarci interamente allo studio. Ognuno ha il proprio tempo, i propri talenti e il proprio percorso”.
Per venire incontro ai ragazzi, però, secondo Anna, “marzo dovrebbe essere sessione. Immaginate una persona che, dopo aver dato un esame a dicembre, vuole preparare una procedura di più di 800 pagine per gennaio o febbraio. Non può che significare reclusione in casa e poco sonno”. Conferma Flavia D’Amato: la parte più difficile “non è tanto l’esame in sé, ma l’organizzazione. Bisogna prendersi il giusto tempo per concentrarsi, ma anche per riposare. Non è pensabile dare uno di questi esami e poi, subito, attaccare con un altro”. La sua strategia? “Levare il prima possibile la materia che piace di meno. Cercate di capire durante il corso cosa vi appassiona e cosa no. Almeno, se arrivate stanchi all’ultimo appello, non dovete anche studiare qualcosa che vi annoia”.
In ogni caso, a mettere tutti d’accordo è la necessità di rivedere la distribuzione degli esami, almeno tra il primo e il secondo semestre. Secondo Mattia, infatti, il vero scoglio del terzo anno è Diritto Commerciale che, però, “non può essere spostato: al primo sarebbe follia; al secondo rischierebbe di appesantire chi esce dal primo e, nel metabolizzare l’impatto con l’università, non ha ancora sostenuto Privato o Costituzionale. Al quarto lo si aggiungerebbe ad altri esami altrettanto consistenti e al quinto… beh, manco a darlo tre mesi prima della laurea”.
Si potrebbe, però, “anticipare una Procedura dal secondo al primo così che, nei mesi estivi, ci si possa concentrare solo su Commerciale e Penale”. In alternativa, come suggerisce Marcella Patalano, “portare Diritto Penale al primo semestre, perché va sì digerito, ma è comunque molto gestibile, a differenza di Commerciale o Procedura Civile”.
Prove intercorso, pro e contro
L’idea di introdurre, ad esempio, delle prove intercorso è per Fabiana Ossorio un’arma a doppio taglio: “Alcuni miei amici, che le hanno potute sostenere, si sono concentrati a dare la prima metà dell’esame nella prima parte dell’anno, e poi il resto nella seconda. Così facendo, però, hanno studiato quella materia per un anno intero e poi, a luglio, hanno dovuto iniziare tutti gli altri esami da zero”. A suo dire, sul terzo anno “si fa tantissimo terrorismo psicologico. È solo una questione di lunghezza del programma e dei manuali, ma non sono argomenti difficili da capire, nemmeno Procedura civile 1: la prima parte è più che altro principi e istituti. È la seconda che è tosta. Inoltre, seguire i corsi serve come infarinatura, ma non si può procedere di pari passo. È necessario portarsi avanti, perché il professore non riuscirà mai a spiegare tutto il programma”.
Per lei, non solo servirebbero più appelli, ma anche attenersi alla calendarizzazione già esistente: “La data di aprile di quest’anno era utilissima, ma doveva essere rispettata. Nel mio caso, invece, alcuni professori avevano fissato due date a maggio e non era molto utile, a quel punto, dare due appelli a distanza solo di pochi giorni”.
Per Sara Antinolfi, invece, le prove intercorso sarebbero un buon modo per alleggerire il tutto: “aiuterebbero tantissimo a dividere il carico, così come anche anticipare gli esami più semplici degli ultimi anni, rimescolando il piano di studi”. Per lei, infatti, “la divisione è fatta proprio male”: “Al primo semestre ci sono materie tranquille, come Amministrativo e Storia della Giustizia, per poi essere catapultati in tre esami che sono uno peggio dell’altro. In più, gli studenti non sono spinti a seguire le lezioni: nei corsi che frequento siamo in dieci perché, se ci si deve preparare per gli esami di dicembre, andare anche a lezione diventa difficile. A tante persone crea disagio avere intere mattinate bloccate.
L’università non ti mette nella condizione di affrontare gli esami perché, almeno per la mia esperienza, solo per dare Penale occorrono minimo tre mesi. Ormai è come se l’università non fosse più un percorso: si basa molto sull’organizzazione dei singoli, ma, se poi uno va fuori corso e ha esami arretrati, l’ordine che l’università tenta di dare si perde comunque”.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n.18 – 2024 – Pagina 21