Tra i corsi a scelta che propone Agraria ai suoi studenti nel secondo semestre che sta per cominciare c’è anche Agrometeorologia. Vale sei crediti. Lo tiene il prof. Mario Palladino, casertano, cinquantaduenne. “È un insegnamento – racconta il docente – che io stesso ebbi modo di frequentare quando ero studente, all’inizio degli anni Novanta. Lo tenne il prof. Paolo Ceccon, giovane docente di Udine. Dopo di allora, a quanto mi risulti, non è stato mai più riproposto. Fu una meteora. L’ho ripescato un anno fa, quando mi offrii di insegnare nuovamente Agrometeorologia. Non ci furono obiezioni, la proposta piacque. Nell’anno accademico 2020/2021 ebbi poco più di una decina di allievi che frequentarono il corso”. La disciplina “studia come la meteorologia influenza le produzioni agricole. Può avere importanti ricadute operative nell’ottimizzare le strategie di produzione e di difesa dalle avversità, per esempio di contrasto ai parassiti e agli insetti nocivi”. Temperatura, vento, irraggiamento solare non solo, infatti, influenzano in maniera determinante le coltivazioni, ma possono determinare in un certo periodo e non in un altro il picco della schiusa delle uova di organismi potenzialmente dannosi per una certa produzione. “Tramite l’applicazione di modelli matematici ed il rilievo di umidità e pioggia – esemplifica il docente – è possibile prevedere che in una certa zona il rischio di attacchi alla vite della peronospora sarà massimo in un determinato periodo e non in un altro. Il che può aiutare a piazzare le trappole con i feromoni o ad impiegare i prodotti fitosanitari in maniera tale da massimizzarne l’efficacia, dosare al meglio le quantità e, nel caso dei fitofarmaci, minimizzare l’impatto ambientale”. La Regione Campania ha un’ottima stazione agrometeo. “L’anno scorso ho ospitato durante il corso un funzionario che ce ne ha parlato diffusamente”. Quel che manca, però, è la capacità di utilizzare i dati che si raccolgono. “C’è un bollettino fisiopatologico – sottolinea il prof. Palladino – ma si basa sull’osservazione diretta dei tecnici, i quali nei campi e nelle aziende agricole constatano la presenza di questo o quel parassita o fungo o insetto. Quando li vedono, però, è tardi per rimediare. Serve un sistema che si basi sulla prevenzione attraverso veri e propri bollettini i quali, alla luce dei dati raccolti dalla stazione agrometeo, diramino allerta per questo o quell’organismo patogeno. È un sistema, l’ho raccontato già un anno fa agli studenti, che per esempio funziona bene in Emilia Romagna. La lotta biologica o integrata dovrebbe appoggiarsi su questi dati e su questi modelli”. Durante il corso sarà naturalmente affrontato anche il tema dei cambiamenti climatici, dell’influenza che essi hanno sulle produzioni agricole e delle modalità di adattamento che possono essere adottate per adeguare le coltivazioni all’aumento globale delle temperature. “È un argomento che l’anno scorso ha suscitato molto interesse tra gli studenti. Abbiamo parlato non solo del surriscaldamento, ma anche dell’aumento della probabilità che si verifichino eventi estremi, della necessità che le aziende modellino le loro produzioni per adeguarsi al mutare del clima, per esempio puntando su specie tropicali in certe zone dove finora non si coltivavano”. Il metodo adottato durante il corso, conclude il docente, si basa sulla costante interlocuzione con gli studenti: “Cerco di stimolare la loro curiosità, di sollecitare domande, di mettere sempre in relazione gli aspetti teorici della disciplina con le possibili applicazioni concrete”.
Fabrizio Geremicca
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