Salto di specie dei virus, uno studio coordinato dal prof. Roperto

Il prof. Sante Roperto, docente di Malattie infettive degli animali domestici al Dipartimento di Medicina Veterinaria, ha pubblicato recentemente su una rivista scientifica del gruppo Nature una ricerca relativa ad un tema che fino ad un paio di anni fa era quasi di nicchia, riservato ai ricercatori, ma che ha conosciuto grande popolarità nella pubblica opinione a seguito della pandemia di coronavirus: il salto di specie dei virus. “Chiariamo subito – precisa peraltro il docente – che il mio studio, condotto insieme al Dipartimento di Veterinaria dell’Ateneo di Bari e all’Istituto Zooprofilattico, ha evidenziato il passaggio di specie di un virus che non colpisce l’uomo e che non è pericoloso per noi. Mi riferisco al papilloma virus dei bovini. Attraverso una indagine che ha riguardato tutta l’Italia meridionale, ad eccezione della Sicilia, e che si è protratta per un anno, abbiamo rilevato che il virus, finora riscontrato solo nei bovini, si è evoluto in maniera tale da infettare anche le capre e le pecore. Nei bovini è oncogeno ed è piuttosto pericoloso, perché determina tumori della vescica. Nelle pecore e nelle capre al momento non abbiamo verificato la stessa cosa, se non piccole lesioni cutanee. È un aspetto, peraltro, che dovrà essere ulteriormente sviluppato attraverso il prosieguo della ricerca”. 
Sempre più spesso, si diceva, la ricerca focalizza la sua attenzione sulla problematica del salto di specie dei virus. Riguarda gli animali, ma non esclude certamente l’uomo. “Ben prima della pandemia da coronavirus – ricorda il prof. Roperto – sono stati documentati non pochi casi di virus che hanno avuto la capacità di evolversi in maniera tale da colpire anche l’uomo. Organismi fino ad allora presenti solo in alcune specie animali. Uno di essi è il virus dell’Hiv, quello che provoca l’Aids. Poi l’influenza suina, quella aviaria. Lo stesso Ebola, che in alcune zone dell’Africa ha provocato stragi terribili, perché ha una letalità del trenta per cento, è trasmigrato dal serbatoio animale all’essere umano. Per fortuna non ha la capacità di diventare pandemico”. I motivi per i quali alcuni virus o batteri realizzano il salto di specie è legato a vari fattori. “Nel caso del papilloma virus bovino, certamente la promiscuità tra bovini, ovini e caprini che si riscontra in varie zone dell’Italia meridionale ha svolto un ruolo importante. In altre situazioni il detonatore che innesca il passaggio di un determinato virus da un animale all’uomo può essere il deterioramento della qualità ambientale. Si riducono gli spazi naturali e l’uomo entra in contatto stretto con specie che prima non incontrava. Il salto di specie di un virus tra animali o tra animale ed uomo non è una evenienza banale, facile, ma può capitare e rischia di essere sempre più frequente per i motivi ai quali accennavo prima. Se le condizioni sono per esso favorevoli, il virus ad un certo punto adotta strategie nuove, si modifica e trova recettori nell’organismo di un’altra specie animale o dell’uomo al quale legarsi. Questa evoluzione che i virus fanno anche rapidamente garantisce a loro una sopravvivenza e per noi rappresenta un potenziale pericolo”. Attenzione all’igiene ed al benessere animale, tutela degli spazi naturali sono alcune delle strategie da mettere in campo per scongiurare il rischio che i virus trasmigrino da specie nelle quali hanno sempre dimorato in altre nuove o nell’organismo umano. “È fondamentale poi studiare e capire sempre meglio la vita dei virus. Conoscerli, analizzare che tipo di percorso seguono, aiuterà a prevenire le future pandemie”. Veterinari e medici, biologi e naturalisti possono e devono giocare in squadra questa partita decisiva. “È il concetto di One Health – sottolinea il prof. Roperto – che sempre più si sta affermando a livello internazionale”. 
 
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