Studenti, ricercatori e docenti: la comunità dell’Osservatorio sul romanzo contemporaneo

A che punto è il romanzo? Questa è la domanda capitale a fondamento di un progetto biennale nato e curato dal prof. Francesco De Cristofaro con il supporto della ricercatrice Elisabetta Abignente, al Dipartimento di Studi Umanistici. Si tratta dell’Osservatorio sul romanzo contemporaneo, il cui obiettivo, attraverso le più disparate linee di ricerca, sarà di rispondere, da qui al 2025, alla questione di come si sia evoluto e quali percorsi stia seguendo attualmente, allestendo una mappa di questa specifica forma letteraria nel terzo millennio. Il tutto sarà raccolto in un volume di almeno 600 pagine, suddiviso in tre parti: la prima, contenente le letture e i risultati dei seminari plenari, la seconda, che raccoglierà dieci saggi scritti a più mani, mentre la terza rappresenterà una schedatura dei romanzi italiani e non pubblicati nel primo quarto di secolo. In realtà, un primo approccio al quesito di base è stato già approntato lo scorso anno – una sorta di sondaggio, inchiesta preliminare – con i risultati e le circa 40 proposte raccolte in un opuscolo pubblicato dalla rivista aurarivista.it; ma, soprattutto causa Covid – che ha impedito gli incontri in presenza – si può dire che i lavori abbiano preso il via da qualche mese. I circa 100 studenti che hanno aderito nei passati dodici mesi sul gruppo facebook, sono stati suddivisi in dieci gruppi coerenti, a capo dei quali ci sono docenti, ricercatori, studiosi affermati, pronti a gestire il mare magnum di idee. La vera novità del progetto, però, sta tutta nel tentativo di far sedere i partecipanti dalla stessa parte: ragazzi – perlopiù della Magistrale in Filologia Moderna – docenti e ricercatori, come un corpo unico. “Vogliamo creare una comunità che si incontri in modo plenario una volta al mese in coincidenza con gli appuntamenti seminariali – spiega il prof. De Cristofaro – Nel giro di qualche mese, i gruppi, uno per volta, relazioneranno sull’andamento del proprio lavoro. Il modello al quale ci stiamo rifacendo, il Literary Lab di Franco Moretti di Stanford, è molto raro negli studi umanistici, che tendono troppo all’individualismo. Ecco, noi vogliamo superare questo limite e produrre un lavoro di équipe, con relativi saggi di gruppo”.Il romanzo “si è disseminato, è diventato globale”Un progetto utile a ricordare all’Università l’importanza della dimensione laboratoriale, e perché no, a fare di Napoli il centro nevralgico di studi di respiro nazionale: “Non penso che abbia pari nel nostro Paese. Tra l’altro, nell’ultima riunione, avvenuta una ventina di giorni fa, c’erano ricercatori provenienti da tutta Italia. Mi auguro che questo possa essere un volano anche per la città. Detto questo, collaborando con la rivista Aura, che tuttora ci ospita, ci siamo resi conto di volerci soffermare sul coinvolgimento diretto di docenti e discenti. Molti dei nostri ragazzi hanno una gran voglia di confrontarsi con la scrittura, al di là della tesi. E devo dire che la qualità c’è tutta”. Il percorso – è evidente – sarà lungo; d’altronde l’obiettivo è poderoso. 
Ma vale la pena capire, seppur in linee generali, che cosa contraddistingue il romanzo contemporaneo dalle forme precedenti. “Beh, già rispetto a quello dell’Ottocento è molto diverso. Allora tutti i romanzi, nonostante le diversità, avevano una matrice comune e molto riconoscibile. Oggi il discorso è completamente diverso. Il romanzo ha riacquistato la sua dimensione di non forma, è difficile definirne i confini. Nello specifico letterario, ad esempio, questo si dissemina in non fiction – reportage – nell’autofinzione, dove regna un gioco di occultamenti, non si capisce se sia autobiografico o una proiezione del soggetto. Ma ciò che risulta davvero interessante è il fatto che il romanzo contemporaneo esce fuori da se stesso. Serie tv, videogame, cinema, prendono molto della loro organizzazione dai suoi principi. È quasi come se questo dettasse la legge della narrazione. Vale lo stesso per le esperienze che viviamo quando visitiamo i musei, che oggi poggiano molto sullo storytelling, cioè tentano di trasformare l’informazione in un racconto, per coinvolgere maggiormente il pubblico. Insomma il romanzo si è disseminato, è diventato globale, riacquistando la sua forza, In parte resistendo agli attacchi di altri mezzi, in parte realizzando con questi una vera e propria osmosi”.
Claudio Tranchino 

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