“È troppo tiempo ca nun me vaso ‘e sorde mie! Chille sentono ‘a mancanza!” Vi sareste mai aspettati di sentire una frase simile uscire dalla bocca del celebre e avaro zio Paperone? Grazie ad un’iniziativa promossa da Panini Comics, in collaborazione con l’Università Federico II e altre istituzioni accademiche italiane, il dialetto partenopeo trova nuova vita nelle pagine di Topolino. Il progetto inedito, creato per celebrare la Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue Locali (17 gennaio), ha portato alla pubblicazione, il 15 gennaio, di un numero speciale del fumetto tradotto in quattro dialetti della tradizione italiana: napoletano, catanese, fiorentino e milanese.
Tra i protagonisti che hanno reso possibile tutto ciò, c’è il prof. Giovanni Abete, fonetista, dialettologo e docente di Linguistica Generale al Dipartimento di Studi Umanistici, che ha curato l’edizione napoletana. “La proposta di collaborazione è arrivata da parte del collega Riccardo Regis, dell’Università di Torino – racconta Abete ad Ateneapoli – Non ho avuto dubbi: mi è sembrata da subito un’idea stimolante”. La storia oggetto di traduzioni si intitola ‘Zio Paperone e il PDP 6000’ ed è stata scritta da Niccolò Testi e illustrata da Alessandro Perina. La trama: zio Paperone è impegnato a difendere il suo deposito dall’ennesimo piano della Banda Bassotti. Per farlo, si avvale dell’aiuto dell’inventore Archimede Pitagorico, che gli fornisce un sofisticato sistema di difesa basato sull’intelligenza artificiale.
“Si dovrebbe parlare di adattamento più che di traduzione – puntualizza il docente – Molte espressioni non potevano essere trasposte letteralmente senza perdere la loro efficacia o il loro umorismo. Ho cercato dunque di mantenere lo spirito originale, ma rendendo il tutto più vicino alla sensibilità linguistica napoletana”. Il professore si è rifatto a modelli autorevoli della tradizione partenopea, come Eduardo De Filippo e Salvatore Di Giacomo: “Ho seguito una grafia tradizionale, ma non mi considero un purista. Ogni scelta dipende dal contesto e dal tipo di testo”.
Per il docente una “scommessa culturale”
L’iniziativa rappresenta una vera “scommessa culturale, che cerca di avvicinare giovanissimi e non alla lettura dei testi in dialetto”. Perché, sebbene dialetti come il napoletano, dal punto di vista orale, godano di ottima salute e non presentino problemi di conservazione, lo stesso infatti non si può dire della loro forma scritta. “Ci sono poche persone che leggono e scrivono in napoletano, il che è un vero peccato: abbiamo la fortuna di possedere una ricca letteratura a cui solo in pochi possono accedere. La fruizione del fumetto dunque potrà rappresentare un piccolo sforzo”.
Poi un’informazione importante: “Il napoletano è a tutti gli effetti un dialetto, non una lingua, come molti credono, pur considerando l’indiscutibile prestigio di cui gode rispetto ad altri dialetti campani e del resto d’Italia. Dal punto di vista degli usi, però, rimane un sistema linguistico geograficamente limitato, parlato prevalentemente a Napoli e in alcuni comuni della provincia, e utilizzato soprattutto in contesti informali”. Ciò non deve, però, portare ad una sua stigmatizzazione o ad una gerarchizzazione nei confronti dell’italiano standard. “Iniziative di questo genere mirano a sensibilizzare i lettori italiani affinché comprendano la complessità linguistica della nostra Penisola. Abbiamo tantissimi dialetti: indicarne il numero preciso sarebbe impossibile. Si tratta dunque di un patrimonio che va conservato, studiato e non ripudiato, per garantirne al massimo la sua trasmissione, sia orale che scritta”.
Per Abete, questo progetto ha rappresentato non solo una sfida professionale, ma anche un’occasione di grande divertimento: “Per me è stato entusiasmante. In alcuni momenti, mentre trovavo soluzioni per l’adattamento, mi è capitato di ridere da solo. Spero di riuscire a trasmettere le stesse sensazioni ai lettori”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n. 1 – 2025 – Pagina 24