Preoccupazione e momenti di incertezza per tutti gli studenti dell’Università Vanvitelli che si trovano in queste settimane in Spagna dove stavano svolgendo la loro esperienza Erasmus. Una situazione di emergenza, non solo italiana, che ogni Stato sta pian piano decidendo come meglio gestire, cancellando voli, riducendo al minimo le corse dei treni che collegano le varie città della regione e iniziando ad applicare, anche se un po’ in ritardo, chiusure e azioni di contenimento mirate a contrastare e limitare quanto più possibile la diffusione del virus Covid-19, che sta mettendo a dura prova la popolazione mondiale. Una condizione non semplice per i docenti referenti all’Internazionalizzazione, per i funzionari che si occupano degli spostamenti e dei rimpatri, ma soprattutto per gli studenti e le loro famiglie. L’Università Vanvitelli mantiene in costante aggiornamento la pagina Avvisi alla sezione International del sito web, e si tiene in contatto diretto con gli studenti personalmente coinvolti, per consentire a tutti di seguire man mano le indicazioni su come organizzarsi e come affrontare questa particolare situazione in cui ci si è trovati coinvolti. Ad occuparsi delle comunicazioni è il prof. Sergio Minucci, delegato del Rettore all’Internazionalizzazione, che giornalmente ha cercato di offrire massima solidarietà agli studenti all’estero e massima collaborazione con le ambasciate, cercando di trovare insieme la soluzione più sicura per loro. Tra le direttive presenti in pagina, dai link utili per tenersi aggiornati sulla situazione, come quello dell’Ambasciata italiana e di quella spagnola, e il sito della Farnesina, si trova un avviso che invita gli studenti interessati al rientro in Italia a provvedere in maniera autonoma, visti i lunghi tempi di organizzazione delle realtà amministrative più alte, garantendo il sostegno economico dell’Ateneo per spese che hanno come motivazione quello dello spostamento per il rimpatrio.
Ad oggi, 17 marzo, la Spagna registra 7.900 positivi al virus Covid-19, soprattutto concentrati sull’area di Madrid, consapevole che i numeri sembrino destinati ad aumentare e a diffondersi anche in altre zone della regione.
Ad oggi, 17 marzo, la Spagna registra 7.900 positivi al virus Covid-19, soprattutto concentrati sull’area di Madrid, consapevole che i numeri sembrino destinati ad aumentare e a diffondersi anche in altre zone della regione.
Cinque ore di taxi e poi la nave da Barcellona
All’ultimo anno di Giurisprudenza, Federica Migliaccio parte lo scorso 29 gennaio per Murcia, una città della Spagna meridionale, per la sua esperienza Erasmus durante la quale porterà avanti ricerche e approfondimenti per il suo lavoro di tesi. Racconta: “il clima che si respira oggi non è troppo diverso da quello delle settimane scorse. Solo lunedì 16 marzo si è deciso di chiudere scuole e università, ma il problema è che la gente continua a vivere come se la situazione non fosse effettivamente grave”. Federica, napoletana, come altre sue amiche e colleghe italiane che con lei stavano condividendo questa esperienza in Spagna, ha anticipato i tempi governativi, iniziando a fare la spesa per più giorni e prendendo le dovute precauzioni durante le loro brevi uscite, grazie al costante aggiornamento della diffusione del virus in Italia e adeguandosi a distanza con quanto veniva consigliato dai telegiornali. “C’è stato un costante contatto con i nostri genitori, a sera ricevevamo il bollettino della giornata. La nostra paura è che anche in Spagna si registrano numeri di contagio sempre più alti, però senza che vengano prese le stesse misure di precauzione per il contagio come si sta facendo in Italia. Sentiamo la responsabilità di fare tutto in autonomia, quarantena compresa”.
Fondamentale, a livello sia psicologico che pratico, è stata la vicinanza del prof. Minucci, che si è prontamente speso per la tutela dei ragazzi fuori Italia facendo da tramite per loro con le ambasciate: “quando è diventato chiaro che le ambasciate avrebbero impiegato altre settimane, non sappiamo bene quante, prima di fornirci informazioni chiare su come tornare a casa, il prof. Minucci ha immediatamente cercato per noi quale potesse essere il mezzo di trasporto più sicuro. Domani io e una mia amica partiremo con la nave da Barcellona a Civitavecchia. Il problema era come arrivare in modo sicuro da Murcia a Barcellona, sono 5 ore e 30 di viaggio in macchina. L’unico modo per non salire su mezzi pubblici come treni o autobus era prendere un taxi, come abbiamo deciso di fare, nonostante il costo sarà particolarmente pesante. Ci siamo sentite più sicure così”.
I docenti referenti della tesi, sia quello italiano che quello spagnolo, si sono dimostrati comprensivi e molto collaborativi nei confronti della particolare situazione di Federica, permettendole di continuare il suo lavoro anche da casa, mantenendo i contatti tramite email. “In questo caso sono stata più fortunata di altre persone. Conosco ragazze che sono qui in Erasmus studio e devono sostenere degli esami. Alcune hanno deciso di non tornare per non perdere i mesi precedenti. Stanno seguendo lezioni on-line e prendono le loro precauzioni, in attesa di capire come decideranno di muoversi le università in maniera definitiva. Qui le informazioni vanno avanti di settimana in settimana. Al momento sappiamo che la chiusura è prevista fino al 30 marzo”.
Federica sarebbe rientrata in Italia a fine aprile, racconta mentre chiude le ultime valigie, salutando così solo a metà percorso la sua esperienza in Spagna. Ma con lei tanti altri ragazzi si sono ritrovati a vivere la stessa circostanza e per questo motivo è stato creato e fatto girare con un grande passaparola un gruppo whatsapp aperto a tutti quegli italiani rimasti bloccati in Spagna, utile soprattutto per tenersi costantemente aggiornati e sentirsi più vicini in questo particolare momento. Un modo per darsi coraggio e sostegno, un gruppo in cui raccontare del proprio viaggio e di come lo si è vissuto, per chiedere consigli o usato semplicemente per sfogarsi con chi può capirti: “è stato molto importante, intanto perché non ti fa sentire sola e poi perché puoi trovare compagni di viaggio o informazioni importanti che potranno servirti per tornare a casa. Proprio venerdì scorso, il 13 marzo, una ragazza è partita con la nave e ha raccontato di come ci siano molti controlli e di come sia in generale la soluzione migliore; così mi sono convinta a partire, nonostante all’inizio fossi titubante”.
Un’esperienza, quella di Federica, sicuramente indimenticabile, seppure non per gli stessi motivi di tanti altri ragazzi che hanno vissuto l’esperienza Erasmus, ma che descrive come un’occasione formativa ancora più efficace: “in questi mesi le parole di riferimento sono state autonomia e indipendenza, dall’inizio alla fine. I miei genitori mi hanno supportata, nonostante fossero molto in pensiero per me. Io ho cercato di rassicurarli, di non farli preoccupare più del dovuto e ho cercato di essere molto attenta fuori di casa, ma la verità è che qui la situazione è davvero molto sottovalutata. Si muovono lentamente e in ritardo rispetto agli altri Stati”.
Adesso il pensiero fisso è quello di tornare a casa propria, fare i dovuti 14 giorni di quarantena, ma sapere di essere accanto ai propri familiari. Per il futuro, però, Federica non è intimorita da quello che ha vissuto e sostiene che potrebbe tenere in considerazione di ripartire per una prossima esperienza all’estero: “mi sono inizialmente un po’ forzata a partire, ma poi mi sono ambientata benissimo e non mi sono mai sentita abbandonata. La Vanvitelli e i docenti sono stati particolarmente presenti, questo mi rassicura anche per il futuro, sapendo di poter fare sempre riferimento a loro”.
Fondamentale, a livello sia psicologico che pratico, è stata la vicinanza del prof. Minucci, che si è prontamente speso per la tutela dei ragazzi fuori Italia facendo da tramite per loro con le ambasciate: “quando è diventato chiaro che le ambasciate avrebbero impiegato altre settimane, non sappiamo bene quante, prima di fornirci informazioni chiare su come tornare a casa, il prof. Minucci ha immediatamente cercato per noi quale potesse essere il mezzo di trasporto più sicuro. Domani io e una mia amica partiremo con la nave da Barcellona a Civitavecchia. Il problema era come arrivare in modo sicuro da Murcia a Barcellona, sono 5 ore e 30 di viaggio in macchina. L’unico modo per non salire su mezzi pubblici come treni o autobus era prendere un taxi, come abbiamo deciso di fare, nonostante il costo sarà particolarmente pesante. Ci siamo sentite più sicure così”.
I docenti referenti della tesi, sia quello italiano che quello spagnolo, si sono dimostrati comprensivi e molto collaborativi nei confronti della particolare situazione di Federica, permettendole di continuare il suo lavoro anche da casa, mantenendo i contatti tramite email. “In questo caso sono stata più fortunata di altre persone. Conosco ragazze che sono qui in Erasmus studio e devono sostenere degli esami. Alcune hanno deciso di non tornare per non perdere i mesi precedenti. Stanno seguendo lezioni on-line e prendono le loro precauzioni, in attesa di capire come decideranno di muoversi le università in maniera definitiva. Qui le informazioni vanno avanti di settimana in settimana. Al momento sappiamo che la chiusura è prevista fino al 30 marzo”.
Federica sarebbe rientrata in Italia a fine aprile, racconta mentre chiude le ultime valigie, salutando così solo a metà percorso la sua esperienza in Spagna. Ma con lei tanti altri ragazzi si sono ritrovati a vivere la stessa circostanza e per questo motivo è stato creato e fatto girare con un grande passaparola un gruppo whatsapp aperto a tutti quegli italiani rimasti bloccati in Spagna, utile soprattutto per tenersi costantemente aggiornati e sentirsi più vicini in questo particolare momento. Un modo per darsi coraggio e sostegno, un gruppo in cui raccontare del proprio viaggio e di come lo si è vissuto, per chiedere consigli o usato semplicemente per sfogarsi con chi può capirti: “è stato molto importante, intanto perché non ti fa sentire sola e poi perché puoi trovare compagni di viaggio o informazioni importanti che potranno servirti per tornare a casa. Proprio venerdì scorso, il 13 marzo, una ragazza è partita con la nave e ha raccontato di come ci siano molti controlli e di come sia in generale la soluzione migliore; così mi sono convinta a partire, nonostante all’inizio fossi titubante”.
Un’esperienza, quella di Federica, sicuramente indimenticabile, seppure non per gli stessi motivi di tanti altri ragazzi che hanno vissuto l’esperienza Erasmus, ma che descrive come un’occasione formativa ancora più efficace: “in questi mesi le parole di riferimento sono state autonomia e indipendenza, dall’inizio alla fine. I miei genitori mi hanno supportata, nonostante fossero molto in pensiero per me. Io ho cercato di rassicurarli, di non farli preoccupare più del dovuto e ho cercato di essere molto attenta fuori di casa, ma la verità è che qui la situazione è davvero molto sottovalutata. Si muovono lentamente e in ritardo rispetto agli altri Stati”.
Adesso il pensiero fisso è quello di tornare a casa propria, fare i dovuti 14 giorni di quarantena, ma sapere di essere accanto ai propri familiari. Per il futuro, però, Federica non è intimorita da quello che ha vissuto e sostiene che potrebbe tenere in considerazione di ripartire per una prossima esperienza all’estero: “mi sono inizialmente un po’ forzata a partire, ma poi mi sono ambientata benissimo e non mi sono mai sentita abbandonata. La Vanvitelli e i docenti sono stati particolarmente presenti, questo mi rassicura anche per il futuro, sapendo di poter fare sempre riferimento a loro”.
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