Patate e segale (antico cereale utilizzato per la produzione di pane) dei borghi del Matese sono oggetto di studio dell’Università Vanvitelli e in particolare del gruppo di ricerca del prof. Antimo Di Maro e del quale fanno parte anche il tecnologo Nicola Landi e la ricercatrice Sara Ragucci. “Da diversi anni – premette il prof. Di Maro, che insegna Biochimica presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche (Distabif) – sono impegnato nella valorizzazione dei prodotti agricoli locali dell’alto Casertano, quali i finocchietti, le cicerchie, le lenticchie e i ceci di Valle Agricola, i fagioli di Gallo Matese e i fagioli Curniciello di Caiazzo. Nel solco di queste attività ora sono parte di un progetto che coinvolge i Comuni di Castello del Matese e di Letino e 4 Atenei”.
Oltre alla Vanvitelli: la Federico II con i Dipartimenti di Architettura, prof.ssa Adelina Picone, e Agraria, prof. Giovanni Ciacia; l’Università di Salerno con il Dipartimento di Farmacia, prof.ssa Enrica De Falco; l’Università del Sannio con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie, prof. Carmine Guarino. Sono parte attiva del progetto anche associazioni ed enti strettamente legati al territorio. “Non meno importante il ruolo rivestito dagli abitanti del luogo: artigiani, produttori e agricoltori. Sono anzi i veri protagonisti, in quanto artefici delle produzioni e custodi delle tradizioni locali”.
Il progetto investe vari aspetti, dal miglioramento della sentieristica per facilitare i collegamenti tra le aree del Matese al recupero di edifici e alla rifunzionalizzazione di immobili comunali da adibire a museo diffuso e a spazio di coworking (in questo ambito dà il suo contributo Architettura della Federico II) fino alla valorizzazione di prodotti agroalimentari specifici e tipici di quel territorio.
Tra essi, appunto, la patata e la segale. “Noi della Vanvitelli – informa il prof. Di Maro – riceviamo i prodotti da alcuni campi pilota, da terreni sottoposti ad analisi e campionamenti dai colleghi dell’Università di Salerno e determiniamo i valori nutrizionali e le biomolecole presenti sia nelle patate di Letino che nella segale coltivata a Letino e a Castello del Matese. I valori nutrizionali, affiancati da studi agronomici e coadiuvati da ricerche sulle tradizioni locali – tutti gli abitanti del territorio casertano riconoscono la bontà delle patate di Letino – aiuteranno a far conoscere e a promuoverne la coltivazione sia delle patate che della segale locale”.
Le quali “sono solo uno degli esempi dei prodotti locali dell’alto Casertano la cui richiesta è in crescita da parte dei consumatori, sempre più attenti al consumo di prodotti genuini in grado di apportare benefici alla salute. I territori impervi del Matese, poco inclini all’agricoltura intensiva, nel corso del tempo sono stati plasmati dalle vicissitudini delle comunità locali, diventando un serbatoio di biodiversità e tradizioni locali. Il possibile rilancio di questo territorio può essere un nuovo volano per generare un’economia circolare che potrà portare ricchezza per gli abitanti locali”.
Lo studio sulle patate e sulla segale, come si diceva poc’anzi, è parte di un progetto più vasto. Si chiama “Rigenerazione culturale e sociale dei borghi storici di Castello del Matese e Letino in forma aggregata” ed è stato finanziato dal Ministero della Cultura con fondi del piano Next Generation EU del PNRR. Punta a valorizzare le tradizioni culturali, artigiane e agricole dei borghi interni dell’alto Casertano per contrastare il fenomeno dell’abbandono e dello spopolamento da parte delle giovani generazioni.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n. 2 – 2025 – Pagina 9