Il salto d’appello: la criticità più grave

Il salto d’appello: la criticità più grave

La parola agli studenti

I contatti con la segreteria, l’ansia prima di un esame e la passione per le lingue. Ancora: i problemi dei fuorisede e il famigerato salto dell’appello – nessuna delizia, solo croce. Per capire come funzionino davvero le cose nei corridoi delle Università, basta chiedere ai ragazzi. Basta avvicinarsi ad uno studente in attesa che lo sportellista a via Marina gli risolva il problema burocratico o ad un altro che, nel cortile di Palazzo del Mediterraneo, guarda la porta chiusa che conduce agli uffici del docente di turno per sostenere l’esame. Pregi e difetti diventano concreti: svuotano o riempiono gli slogan – a seconda dei casi. “Ho studiato, ma sono nel panico”, racconta Edoardo, 21enne in procinto di sostenere Giapponese I per Lingue e Culture comparate.

Le domande sull’Ateneo lo distraggono per un attimo, e inizia a spiegare che si iscriverebbe di nuovo “perché io amo il giapponese e L’Orientale offre molto da questo punto di vista”. Una passione che tuttavia non nasconde “la cattiva organizzazione generale. Quando bisogna sostenere un esame si scopre sempre all’ultimo momento in quale sede doversi dirigere. È stressante”. Un consiglio per chi seguirà i suoi stessi passi ce l’ha: “fare amicizia e informarsi bene”. Perché “le materie sono molto impegnative”. In piedi, poco più in là c’è Luca, a consumare l’uscio dell’entrata con passi rapidi e nervosi. Collega d’esame e di Corso di Edoardo, il 24enne è potentino: quindi un fuorisede.

Delle problematiche da affrontare in questa situazione ne sa più di qualcosa:bisogna fare i conti con la penuria di trasporti. Stamattina mi sono svegliato alle 5 per arrivare in tempo qui a sostenere Giapponese”. Ma non è solo questo il punto. Quando ha provato a vivere a Napoli, oltre al caroaffitti – sul quale proprio il sindacato studentesco Link ha protestato a più riprese nei mesi scorsi – ha dovuto fare i conti con “appartamenti davvero ridotti male”. Proprietari che imbellettano le case alla buona, così da ricavare stanze-gabbia e fittarle – rigorosamente in nero – a 400, 500 euro. Un altro fuorisede è Mattia, solo 19 anni, pugliese di origine. Troppo timido per esporsi, afferma però di “non aver riscontrato tutti questi problemi nel trovare una stanza”. Anzi, consiglia di “cercarla il più possibile vicino all’Università”. O di andare forse nella stessa agenzia immobiliare che lo ha aiutato.

Antonio, invece, che ha 24 anni e lavora già, ha appena risolto un problema in segreteria. Con lui si fa un gioco: digitare la parola “unior” su Google per capire quali siano le informazioni che gli utenti cercano di più su L’Orientale. Le prime due: come funziona la segreteria e se uffici e docenti rispondano alle mail. “Quattro anni fa, quando mi sono iscrittoè laureato in Comparate e sta per iniziare una seconda Triennale, in Scienze Politiche perché ha bisogno di studiare arabola segreteria funzionava malissimo. Devo dire però che nel tempo è migliorata molto. Sono appena uscito: ci ho messo pochissimo a risolvere un problema”. Sulla macchina della comunicazione studenti-docenti-uffici: “A me hanno sempre risposto tutti e anche celermente”.

In attesa di qualche amica, davanti a Palazzo del Mediterraneo, Bianca non vede l’ora di soffermarsi su quella che per lei – e non solo – è la criticità più grave de L’Orientale: il salto d’appello. Ovvero l’impossibilità di ripetere lo stesso esame di lingua nella medesima sessione. Le conseguenze sono abbastanza evidenti: “Tanto stress, perché in questo modo si accavallano molti esami e alla fine il percorso ne risente tantissimo”. Poi aggiunge: “Diversi studenti, presi dallo sconforto, vanno alla Federico II”. Nell’aula T1, Tania, 22enne appassionata di cinese, aspetta che inizi un evento sul Paese del Dragone. E racconta della sua scelta linguistica: “Non me ne sono mai pentita. Anzi, dopo il primo anno – che è più difficile per metodo e approcci completamente differenti – secondo e terzo vanno da sé. In tanti mi hanno chiesto consiglio sul cinese e quello che dico sempre è di frequentare molto i lettorati, durante i quali si ha a che fare con docenti madrelingua. Studiare questa lingua è un qualcosa di completamente differente dall’inglese”.

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