Tra sfide di potere, stereotipi da infrangere e modelli di leadership in evoluzione, il grande schermo ha raccontato nel tempo il volto delle donne manager. Un viaggio cinematografico che gli studenti dei corsi di Organizzazione Aziendale hanno intrapreso attraverso un’esercitazione ideata dalla prof.ssa Alessia Berni. L’iniziativa si inserisce tra le attività della Parthenope Women’s Week, organizzata dal CUG (Comitato Unico di Garanzia) – presieduto dalla prof.ssa Maria Ferrara, ordinaria di Organizzazione Aziendale presso il Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi (DISAQ).
“Con il supporto di tutti i docenti delle discipline organizzative, ho proposto un modo coinvolgente per portare l’attenzione sulla parità dei diritti e sull’empowerment femminile – ha spiegato la prof.ssa Berni durante la sua lezione del 13 marzo – L’obiettivo è quello di comprendere e indagare come la rappresentazione delle donne a capo di aziende, nei film, sia cambiata nel tempo in relazione ai cambiamenti della società”. Il tema della diversità e del diversity management è infatti “centrale negli studi organizzativi per una questione chiave come la gestione delle risorse umane”. In Italia, il gender gap è particolarmente evidente: “Le donne, in media, guadagnano meno degli uomini, spesso a causa del ricorso più frequente al part-time per conciliare vita lavorativa e privata. Inoltre, le donne sono meno rappresentate nei ruoli di vertice e in posizioni di maggiore responsabilità”.
Da qui l’idea di utilizzare il cinema come specchio della realtà per stimolare una riflessione critica. Si è partiti con la visione di spezzoni tratti da ‘Working Girl’, uno dei primi esempi degli anni ’80. “Prima di quella data, i film con donne leader in ambito aziendale erano rari – ha spiegato Berni – Molto più comuni erano le figure femminili in posizioni di comando in ambito militare o politico”. L’analisi si è spostata su titoli più recenti e noti come ‘Il diavolo veste Prada’, ‘Joy’, ‘Ricatto d’amore’, ‘Morning glory’, ‘Lo stagista inaspettato’, ‘Miss Sloane’, ‘The Post’ e ‘Bombshell – La voce dello scandalo’.
Al termine dei video, sono emerse alcune considerazioni significative. “Nei primi film, la donna in carriera è spesso rappresentata come crudele e priva di empatia, come nel caso di Miranda Presley (Meryl Streep) ne Il diavolo veste Prada (2006). Per essere riconosciuta come una vera leader, deve adottare atteggiamenti dispotici, quasi caricaturali e ‘maschili’, rinunciando all’empatia per non perdere autorevolezza”. Inoltre, queste protagoniste appaiono frequentemente “sole, prive di una vita familiare, come se carriera e vita privata fossero inconciliabili”. A distanza di un decennio, però, qualcosa inizia a cambiare: “le protagoniste assumono tratti più realistici e complessi, mostrando pregi, difetti e una maggiore profondità emotiva. Film come Lo stagista inaspettato (2015), con Anne Hathaway, ne sono un esempio”. Tuttavia, il rischio è che alcuni preconcetti persistano sotto forme contrapposte: da un lato la donna leader viene ritratta come autoritaria e fredda, dall’altro come fragile e costantemente messa in discussione.
Esempi tratti dal cinema italiano hanno poi offerto ulteriori spunti di riflessione. Pellicole come ‘Mi piace lavorare’ che affronta il tema del mobbing e ‘Tutta la vita davanti’ che mette in luce la precarietà del lavoro femminile. In ‘Scusate se esisto!’, invece, la protagonista (Paola Cortellesi) è costretta a fingersi segretaria di un uomo per far valere il proprio talento.
Alla luce di quanto emerso, gli studenti, divisi in gruppi di lavoro, hanno confrontato due tra i film proposti, approfondendo aspetti chiave come: la presenza di stereotipi, le modalità con cui la protagonista esercita il potere e costruisce il proprio stile di leadership, le dinamiche relazionali con colleghi e superiori, le difficoltà affrontate e il contesto storico e culturale di riferimento. Particolare attenzione è stata dedicata all’evoluzione del personaggio femminile e alla trasformazione del suo ruolo nel corso della narrazione.
I risultati, come confermato dalla docente, “sono stati incoraggianti e hanno dimostrato l’efficacia del cinema come strumento didattico, soprattutto nell’ambito dell’organizzazione e del management”.
Il dibattito finale si è concentrato “sulle cause delle disparità di trattamento, condizioni e opportunità tra uomini e donne, evidenziando quanto sia fondamentale adottare politiche di inclusione capaci di valorizzare tutte le diversità, non solo di genere, ma anche culturali, etniche, di orientamento sessuale e di ideologia politica”. Un cambiamento che, ha concluso Berni, “può realizzarsi solo attraverso una maggiore sensibilizzazione delle nuove generazioni”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n. 5 – 2025 – Pagina 35