Si progetta al Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Management Internazionale. Il 4 giugno, tra Palazzo Pacanowski e Microsoft Teams, gli studenti che seguono le lezioni di Metodi quantitativi per le analisi di mercato della prof.ssa Giorgia Rivieccio, secondo anno, hanno presentato i risultati di un project work in cui hanno analizzato le iniziative sostenibili delle aziende operanti nel settore degli spirits e del glass packaging. Motore del progetto, l’azienda Bruni Glass Spa a Berlin Packaging Company che – con Stefano Pozzo, European Branding and Digital Director, e Leonardo Stefanelli, Market & Product Intelligence Manager – ha poi valutato, molto positivamente, il lavoro degli studenti.
“I ragazzi – 54 partecipanti, divisi in otto gruppi – hanno analizzato le più grandi corporate, a livello europeo, operanti nel mercato dei soft drink e degli alcolici in vetro, con l’obiettivo di realizzarne una mappatura della sostenibilità, dichiarata o effettiva”, spiega la prof.ssa Rivieccio. La mission assegnata “dalla Berlin Company, che si occupa di packaging e glass packaging, quindi vetro, e che è molto orientata alla sostenibilità, si snodava lungo due direttive. Da un lato individuare aziende realmente sostenibili sotto il profilo di packaging, prodotto e processo, e, dall’altro, comprendere se, a fronte di una manifesta sostenibilità, ci fosse anche un aumento del prezzo del prodotto nei marketplace”. Ciò su cui la docente punta l’attenzione è “lo spirito e la perizia con cui gli studenti si sono lanciati in questo progetto, anche divertendosi tantissimo. A ciascun gruppo è stato assegnato un brand owner, cioè la corporate, e ogni membro ha analizzato uno dei brand a questa appartenenti”. Per ogni brand “hanno studiato il sito web, il suo universo social e il marketplace. Hanno condotto l’analisi della sostenibilità grazie al text mining – una tecnica di intelligenza artificiale che trasforma il testo libero in dati strutturati – e creato nuvole di parole con le keywords che hanno identificato in modo da avere chiaro se, e come, l’azienda comunica al cliente il suo concetto di sostenibilità”. Di conseguenza “hanno analizzato le risposte dei clienti, tramite social e recensioni, per capire quale fosse la loro percezione di questo messaggio dell’azienda”. In merito alla questione del rapporto sostenibilità-prezzo, “si sono accorti che una maggiore attenzione al primo fattore di questo binomio si riflette anche in una crescita di prezzo, ma che ci sono anche tanti altri fattori da prendere in considerazione”. La Berlin Company “è stata talmente soddisfatta del lavoro svolto dai ragazzi che ha chiesto loro di procedere ad un ulteriore approfondimento dei progetti. In più, sta offrendo degli stage: è una bella realtà, una multinazionale che sta acquisendo tanto nel settore del packaging e che di conseguenza è interessata ad assumere”. Nativa americana, “l’headquarter europeo è a Milano, quindi ci sarebbe da trasferirsi. I ragazzi sono stati felici e mi hanno ringraziata. Mi dicevano che l’aspetto più bello di questo lavoro è stato poter operare su un caso reale con una vera azienda oltre che poter stare in gruppo, seppur a distanza, in un incontro di menti e abilità diverse”. È stato bello “anche potersi incontrare in presenza il giorno della presentazione. In aula c’erano una ventina di ragazzi, il resto era da casa. I più erano già vaccinati e li ho trovati molto sereni”.
Gli studenti raccontano
Ecco qualche focus più specifico sulle analisi condotte, proprio dai protagonisti del project work. “Il mio gruppo ha analizzato la corporate Diageo, multinazionale tra i più grandi produttori di bevande alcoliche, il cui portafoglio include, ad esempio, il whisky Johnnie Walker, la vodka Ketel One, il Bayleis”, spiega Anna Bastone che condivide alcune curiose scoperte emerse durante l’analisi. All’interno di Diageo “Johnnie Walker è risultato il più sostenibile, in merito al packaging e al processo produttivo. Entro il 2030 punta a lanciare una bottiglia plastic free in carta, il che ci ha sorpreso perché, se si pensa all’alcolico, si immagina la tipica bottiglia di vetro. Ma mira anche a ridurre le emissioni di carbonio e il consumo di acqua”. Un altro tipo di sostenibilità, legata al consumo, “l’abbiamo rilevata ad esempio nel brand Ketel One che mira a ridurre gli sprechi alimentari insegnando a creare drink con determinati alimenti invece di buttarli via”. Quanto ai prezzi: “I brand più costosi sono risultati, in base alla nostra analisi, i non sostenibili”. Tesse un bilancio di questa esperienza: “Mi mancano tre esami alla Laurea e sono felice di aver partecipato a questo project work. È stato il primo reale confronto con il mondo del lavoro in cui ci siamo messi completamente in gioco”. Prosegue: “Abbiamo sfruttato competenze statistiche e informatiche perché con la prof.ssa Rivieccio abbiamo imparato ad utilizzare software per l’analisi dei dati ed R per il text mining. Ma anche competenze sul versante digitale e comunicazione; un po’ tutto quello che abbiamo studiato finora”. L’idea dello stage a Milano “mi incuriosisce, ma sono un po’ indecisa sul mio futuro. Non mi vedo ancora collocata in un campo professionale preciso, ma direi che sono più interessata al settore di marketing e comunicazione”. Michela Polise e il suo team, invece, si sono concentrati “sul gruppo Campari e sul brand Aperol. Campari affronta il tema della sostenibilità, Aperol no. Nella word cloud di Aperol compare la parola vetro, ad esempio, ma solo in relazione ai suoi bicchieri. Stesso dicasi per la parola packaging, solo in relazione al pacco che al cliente arriva a domicilio”. Anche lei orientata al marketing strategico, “vorrei occuparmi di branding, allineamento del prodotto, offerta e proposta di valore – dice – Non sono tanto interessata ai temi analitici. Mi piace l’idea del marketing customer oriented”. Michela era tra gli studenti e le studentesse che, il 4 giugno, sono tornati in aula: “È stata una bella soddisfazione. Anche questo semestre è andato avanti tra aperture e chiusure, con diverse difficoltà. Abbiamo svolto praticamente tutto a distanza, lezioni, ricevimenti e incontri vari. È bello essere in aula”.
“I ragazzi – 54 partecipanti, divisi in otto gruppi – hanno analizzato le più grandi corporate, a livello europeo, operanti nel mercato dei soft drink e degli alcolici in vetro, con l’obiettivo di realizzarne una mappatura della sostenibilità, dichiarata o effettiva”, spiega la prof.ssa Rivieccio. La mission assegnata “dalla Berlin Company, che si occupa di packaging e glass packaging, quindi vetro, e che è molto orientata alla sostenibilità, si snodava lungo due direttive. Da un lato individuare aziende realmente sostenibili sotto il profilo di packaging, prodotto e processo, e, dall’altro, comprendere se, a fronte di una manifesta sostenibilità, ci fosse anche un aumento del prezzo del prodotto nei marketplace”. Ciò su cui la docente punta l’attenzione è “lo spirito e la perizia con cui gli studenti si sono lanciati in questo progetto, anche divertendosi tantissimo. A ciascun gruppo è stato assegnato un brand owner, cioè la corporate, e ogni membro ha analizzato uno dei brand a questa appartenenti”. Per ogni brand “hanno studiato il sito web, il suo universo social e il marketplace. Hanno condotto l’analisi della sostenibilità grazie al text mining – una tecnica di intelligenza artificiale che trasforma il testo libero in dati strutturati – e creato nuvole di parole con le keywords che hanno identificato in modo da avere chiaro se, e come, l’azienda comunica al cliente il suo concetto di sostenibilità”. Di conseguenza “hanno analizzato le risposte dei clienti, tramite social e recensioni, per capire quale fosse la loro percezione di questo messaggio dell’azienda”. In merito alla questione del rapporto sostenibilità-prezzo, “si sono accorti che una maggiore attenzione al primo fattore di questo binomio si riflette anche in una crescita di prezzo, ma che ci sono anche tanti altri fattori da prendere in considerazione”. La Berlin Company “è stata talmente soddisfatta del lavoro svolto dai ragazzi che ha chiesto loro di procedere ad un ulteriore approfondimento dei progetti. In più, sta offrendo degli stage: è una bella realtà, una multinazionale che sta acquisendo tanto nel settore del packaging e che di conseguenza è interessata ad assumere”. Nativa americana, “l’headquarter europeo è a Milano, quindi ci sarebbe da trasferirsi. I ragazzi sono stati felici e mi hanno ringraziata. Mi dicevano che l’aspetto più bello di questo lavoro è stato poter operare su un caso reale con una vera azienda oltre che poter stare in gruppo, seppur a distanza, in un incontro di menti e abilità diverse”. È stato bello “anche potersi incontrare in presenza il giorno della presentazione. In aula c’erano una ventina di ragazzi, il resto era da casa. I più erano già vaccinati e li ho trovati molto sereni”.
Gli studenti raccontano
Ecco qualche focus più specifico sulle analisi condotte, proprio dai protagonisti del project work. “Il mio gruppo ha analizzato la corporate Diageo, multinazionale tra i più grandi produttori di bevande alcoliche, il cui portafoglio include, ad esempio, il whisky Johnnie Walker, la vodka Ketel One, il Bayleis”, spiega Anna Bastone che condivide alcune curiose scoperte emerse durante l’analisi. All’interno di Diageo “Johnnie Walker è risultato il più sostenibile, in merito al packaging e al processo produttivo. Entro il 2030 punta a lanciare una bottiglia plastic free in carta, il che ci ha sorpreso perché, se si pensa all’alcolico, si immagina la tipica bottiglia di vetro. Ma mira anche a ridurre le emissioni di carbonio e il consumo di acqua”. Un altro tipo di sostenibilità, legata al consumo, “l’abbiamo rilevata ad esempio nel brand Ketel One che mira a ridurre gli sprechi alimentari insegnando a creare drink con determinati alimenti invece di buttarli via”. Quanto ai prezzi: “I brand più costosi sono risultati, in base alla nostra analisi, i non sostenibili”. Tesse un bilancio di questa esperienza: “Mi mancano tre esami alla Laurea e sono felice di aver partecipato a questo project work. È stato il primo reale confronto con il mondo del lavoro in cui ci siamo messi completamente in gioco”. Prosegue: “Abbiamo sfruttato competenze statistiche e informatiche perché con la prof.ssa Rivieccio abbiamo imparato ad utilizzare software per l’analisi dei dati ed R per il text mining. Ma anche competenze sul versante digitale e comunicazione; un po’ tutto quello che abbiamo studiato finora”. L’idea dello stage a Milano “mi incuriosisce, ma sono un po’ indecisa sul mio futuro. Non mi vedo ancora collocata in un campo professionale preciso, ma direi che sono più interessata al settore di marketing e comunicazione”. Michela Polise e il suo team, invece, si sono concentrati “sul gruppo Campari e sul brand Aperol. Campari affronta il tema della sostenibilità, Aperol no. Nella word cloud di Aperol compare la parola vetro, ad esempio, ma solo in relazione ai suoi bicchieri. Stesso dicasi per la parola packaging, solo in relazione al pacco che al cliente arriva a domicilio”. Anche lei orientata al marketing strategico, “vorrei occuparmi di branding, allineamento del prodotto, offerta e proposta di valore – dice – Non sono tanto interessata ai temi analitici. Mi piace l’idea del marketing customer oriented”. Michela era tra gli studenti e le studentesse che, il 4 giugno, sono tornati in aula: “È stata una bella soddisfazione. Anche questo semestre è andato avanti tra aperture e chiusure, con diverse difficoltà. Abbiamo svolto praticamente tutto a distanza, lezioni, ricevimenti e incontri vari. È bello essere in aula”.
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