Nove Corsi di Laurea, circa 120 iscritti per il Polo Universitario Penitenziario

“È una realtà fortemente sostenuta dall’Ateneo, non è un corpo esterno ed estraneo alla Federico II”, dice la prof.ssa Marella Santangelo

Quattro gli studenti immatricolati ad Ingegneria Meccatronica, il Corso di Laurea professionalizzante che è stato proposto quest’anno per la prima volta agli studenti del Polo Universitario Penitenziario della Federico II. “È il nono Corso di Laurea che abbiamo attivato – dice la prof.ssa Marella Santangelo, docente di Progettazione ad Architettura, che ne è delegata di Ateneo – ed è una bella scommessa. I Corsi Professionalizzanti, infatti, prevedono un notevole numero di ore di attività pratica. Questione non facilissima da risolvere per studenti detenuti, anche in considerazione della circostanza che i quattro immatricolati sono tutti in regime di alta sicurezza. Non ci siamo lasciati scoraggiare, però, forti del sostegno della Prorettrice Rita Mastrullo, che ha molto caldeggiato una soluzione, e della direzione del Penitenziario. Alla fine, e a valle di alcuni sopralluoghi che ho condotto con il prof. Andrea Irace, che è il Coordinatore del Corso di studio in Meccatronica, abbiamo organizzato gli spazi per le attività pratiche degli studenti all’interno dell’officina che è già attiva nel penitenziario. In questo modo sarà garantita ai quattro immatricolati quella parte di formazione sul campo indispensabile a conseguire i crediti formativi della Laurea Triennale in Ingegneria Meccatronica”. La ricerca di soluzioni ai problemi che giorno dopo giorno si pongono, d’altronde, è una necessità che è emersa sin dall’inizio per la Coordinatrice del Polo Universitario Penitenziario federiciano. Il quale, oggi, è ormai una realtà consolidata e riconosciuta a livello nazionale. “Partimmo quattro anni fa – ricorda la docente – sulla base di una idea condivisa con Adriana Tocco, che poi è morta, la quale all’epoca era la garante regionale dei detenuti, e con il forte incoraggiamento di Gaetano Manfredi, che era in quegli anni il Presidente della Crui, la Conferenza dei Rettori. Oggi proponiamo nove Corsi di Laurea, abbiamo circa 120 iscritti, 40 dei quali si sono immatricolati nelle scorse settimane, e coinvolgiamo un centinaio di docenti nelle lezioni ed un buon numero di tutor. Il Polo, in sostanza, è una realtà fortemente sostenuta dall’Ateneo, non è un corpo esterno ed estraneo alla Federico II. Mi pare molto significativo e non era scontato, anche perché entrare in un penitenziario è comunque una esperienza con un impatto emotivo piuttosto forte”. Una delle peculiarità del Polo federiciano: è organizzato con i suoi spazi all’interno del carcere di Secondigliano. Siamo i più numerosi in Italia con queste caratteristiche. Non i più numerosi in assoluto, perché l’Università Statale di Milano ha un polo penitenziario con più iscritti rispetto al nostro. Non hanno, però, spazi concentrati in una unica sede. Sono distribuiti tra diversi istituti”.

I Corsi di Laurea con il maggior numero di studenti, tra i detenuti immatricolati alla Federico II, sono Scienze Erboristiche, Scienze Gastronomiche, Scienze Politiche, Sociologia. Ci sono, poi, iscritti a Farmacia, a Giurisprudenza (quattro), a Storia e ad altri Corsi di Laurea. “Uno dei prossimi obiettivi – dice la prof.ssa Santangelo – è continuare a svolgere un’azione di orientamento serio in presenza. Dopo il primo anno accademico, quello 2018/2019, anche le attività del Polo federiciano sono state ovviamente in grandissima parte calibrate in modalità online. Superata – si spera – la pandemia, è tempo di radicarci sempre più negli spazi fisici a noi destinati, di moltiplicare le opportunità di contatto diretto tra tutor, professori e studenti. Vorremmo aumentare il numero di iscritti. Lo spazio ci sta”. In questa prospettiva, la docente punta anche a stringere un collegamento forte con la nuova sede universitaria aperta dall’Ateneo a Scampia e destinata ai Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie. “Credo – dice – che sarebbe interessante trovare il modo di consentire ai nostri studenti detenuti di iscriversi anche a qualcuno di questi Corsi di Laurea proposti nella sede di Scampia. Sia per le buone prospettive lavorative che sono correlate a quelle lauree, sia per una questione di vicinanza tra il penitenziario e la nuova sede. È un discorso che si potrebbe sviluppare in particolar modo con i detenuti in regime di media sicurezza, naturalmente in sinergia e con il contributo dei giudici di sorveglianza. I quali, a parte qualche eccezione, si sono finora mostrati piuttosto collaborativi con noi del Polo universitario federiciano”. Un altro obiettivo dei prossimi anni, va avanti la docente, “è di avviare iniziative di orientamento e di facilitazione all’ingresso nel mondo del lavoro. Non è impossibile e credo che valga la pena provarci. Bisognerà, naturalmente, sensibilizzare anche i potenziali datori di lavoro, affinché non prevalga lo stigma che rende in genere piuttosto difficile ad un ex detenuto di trovare opportunità di inserimento lavorativo. Non mi scoraggio, però, e sono convinta che anche su questo versante si possano ottenere buoni risultati. Tutto sta a far capire che le persone possono cambiare, che magari una opportunità di studio e formazione può trasformare un individuo. Non bisogna crocifiggere le persone – questo vale per tutti, non solo per i detenuti – a ciò che hanno fatto di sbagliato”. Lo dimostra la storia del primo laureato, Pierdonato Zito, che ha 63 anni ed ha conseguito il titolo Triennale in Scienze Sociali. È stato in carcere trent’anni, parte dei quali trascorsi in regime di isolamento (il controverso 41 bis) ed è attualmente in semilibertà. Si è laureato con 110 e lode. Lo testimoniano, ancora, le storie di quelli che stanno per conseguire anch’essi il titolo di laurea in Urbanistica e in Scienze Erboristiche e che dovrebbero tagliare il traguardo nei primi mesi del 2023. “Studiare è impegnativo anche in un penitenziario, forse soprattutto lì. Consente, però, ai detenuti di guardare al futuro e di riempire di significato il tempo vuoto del carcere”, conclude la prof.ssa Santangelo.

Fabrizio Geremicca

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