Amirante: “confesso di aver vissuto”

Coglie un po’ di sorpresa la notizia che dal prossimo primo novembre andrà in pensione il prof. Carlo Amirante, professore di Diritto Costituzionale e di Dottrina dello Stato, molto apprezzato dagli studenti. Ha 72 anni ma ne dimostra dieci di meno, sia nel fisico che nello spirito. Sulla forma fisica spiega: “ho giocato a calcio, ho fatto pesca subacquea, ho giocato nella serie B di ping pong”. Quanto allo spirito, aggiunge: “confesso di aver vissuto”. 
Dallo sport 
a Porto Alegre
Un percorso formativo sia preaccademico che accademico originale, fatto di studio e contemporanea pratica forense, seguito da viaggi e permanenze all’estero; frequentazioni con importanti studiosi stranieri, con esponenti del ’68 berlinese, più recentemente col mondo dei forum di Porto Alegre; decine e decine di libri, pubblicazioni, studi, di cui molti sui temi dei diritti fondamentali, umani e sociali. Tutte tappe di una vita intensa e secondo il prof. Amirante c’è ancora tanto da fare. “Vengo invitato a tenere conferenze e seminari, a partecipare a dibattiti, e proseguo con i miei studi”. Probabilmente continuerà a girare il mondo come ha sempre fatto. Berlino, Bremen, Parigi, Londra, Bruxelles, Toronto, Città del Messico, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Caracas, Bogotà, Barcellona, Madrid, Varsavia, Sarajevo, Valencia, Pechino e Mosca sono le città nelle cui Università ha condotto ricerche e tenuto corsi e seminari, forte della conoscenza di ben cinque lingue. “Inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese”, elenca mentre sta seduto dietro a una scrivania invasa dai suoi testi, “anche se, certo, non le conosco tutte allo stesso livello”. 
L’avventura accademica e umana di Carlo Amirante è iniziata nel 1960, anno della sua laurea (conseguita con il massimo dei voti) in Giurisprudenza alla Federico II. Anzi, prima. “Ho avuto la fortuna di intrattenere rapporti molto stretti con un mio zio avvocato – racconta – con la conseguenza che fin dal primo anno di università ho potuto svolgere la pratica forense. A ridosso della laurea ho collaborato finanche alla redazione di comparse per giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione”. Questa esperienza è stato lo spunto per una riflessione successiva, stimolata dal confronto con altre culture giuridiche: “gli studenti di una moderna Facoltà giuridica dovrebbero destinare, come avviene in altri Paesi, l’ultimo anno di università alla frequentazione pressoché quotidiana dei tribunali. Da noi questo non avviene. Ci vorrebbe una via di mezzo tra il nostro sistema, troppo teorico, e quello americano, dove forse si commette l’errore opposto. Sono stato a lungo in Canada, dove le Facoltà giuridiche si chiamano law school e insegnano a diventare avvocati. Lì la prova finale consiste in una simulazione processuale che si svolge davanti a una vera e propria Corte in cui siede un Presidente importante”. Prima del Canada, però, c’è stata la Germania, dove il prof. Amirante ha trovato punti di riferimento importanti per i suoi studi e per la vita. E’ tedesca sua moglie Luitgard, ex docente universitaria ed interprete parlamentare, da cui ha avuto due figli, Isabella Sabinae e Lorenzo (nessuno dei due laureato in legge, altro dato singolare) e di cui dice: “ha avuto un’importanza non marginale nel mio stile di vita e nella mia formazione, mi ha sostenuto in tutte le mie scelte e ha sopportato il peso maggiore dei miei impegni”. Sono tedeschi i maestri della sua giovinezza, forti i rapporti con la Scuola di Francoforte e Habermas. Nel 1970 esce la monografia ‘La dignità dell’uomo nella legge fondamentale di Bonn e nella Costituzione italiana’; nel 1980 ‘Diritti fondamentali e sistema costituzionale nella Repubblica Federale Tedesca’.  Carlo Amirante diventa associato nell’80, ma insegna fin dal 1974, prima presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania, poi presso la Facoltà di Economia dell’Università della Calabria. “L’esperienza calabrese è stata affascinante – dice – era l’unica Università fondata con legge, un’Università regionale e residenziale, cioè con una residenza gratuita ed obbligatoria per studenti e docenti. Era ben finanziata, si trattò dell’unico intervento dello Stato a favore della Calabria negli anni ’70-’72. La dirigenza era prestigiosa: Andreatta Rettore e Silos Labini Preside di Economia. C’erano molti docenti stranieri”. Risale all’84 il primo concorso a professore ordinario, dieci anni dopo Amirante entra alla Federico II, dove occupa la cattedra lasciata vacante dal senatore Massimo Villone. “Qui ho avuto un rapporto molto bello con gli studenti e con i miei collaboratori. Gli studenti napoletani, come in tutte le Università di massa, sono una compagine molto varia, ma se ne enuclea un gruppo che davvero studia nel solco di un’antichissima tradizione che parte da Gianbattista Vico, quel Vico che si ritrovò a insegnare retorica perché già allora c’erano le baronie che ostacolavano gli studiosi”. Piccolo aneddoto vichiano: “l’Istituto Italiano di Studi filosofici mi regalò una pergamena contenente un documento in cui Vico impegna un anello di famiglia per poter stampare la sua opera più importante”. 
“Sono stato 
studente anch’io”
Ma torniamo ai ragazzi. Il professore sa di essere da loro molto amato, forse perché è abbastanza indulgente in sede di valutazione. “I miei collaboratori mi incolpano di essere troppo generoso, ma la principale funzione di un docente è quella di trasmettere cultura e formazione professionale. Agli esami effettuo il riscontro dell’apprendimento di una metodologia piuttosto che l’acquisizione di dati che si dimenticano facilmente. La fase più importante è quella della stimolazione degli allievi. E poi mi ricordo sempre di essere stato uno studente anch’io”. 
La Facoltà giuridica federiciana è stata inoltre il luogo in cui si è sviluppata una battaglia culturale che il prof. Amirante include tra i ricordi più belli della sua presenza a Napoli, quella volta a contrastare l’ultimo tentativo di riforma costituzio-nale. “Vi hanno partecipato quasi tutti i costituzionalisti, ricercatori, studiosi e studenti, uniti nel far fronte contro una riforma della costituzione che avrebbe stravolto il rapporto tra Governo e Parlamento, tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio, abbassando il livello di funzionamento delle istituzioni democratiche”. 
Sara Pepe
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