Le elezioni del Rettore alla Federico II si prestano ad esser analizzate anche in termini degli stili di leadership dei due candidati. Occupandomi da sempre di leadership educativa, vorrei proporre una interpretazione sulla base di uno dei tanti modelli utilizzati per la leadership organizzativa, politica e, appunto, delle istituzioni come l’università e la scuola (e con evidenti analogie con le organizzazioni di ricerca). In questo modello, fondamentalmente un ‘classico’, ci si interroga su due dimensioni che caratterizzano lo stile di un leader o, anche, di una compagine di leadership che si candida al governo di una organizzazione.
La prima riguarda il tipo di orientamento che si ha verso i fini istituzionali: da un lato, una focalizzazione sulle transazioni riguardanti i mezzi (carriere, risorse, budget) che devono dividersi i membri, i gruppi, le strutture (in questo caso si parla di trasposizione dei mezzi in fini); dall’altro, una centratura sulla formazione degli obiettivi (innanzitutto la missione istituzionale), che in talune fasi richiede una vera e propria tras-formazione degli stessi fini (in questo caso si evidenzia la valenza innovativa).
L’altra dimensione riguarda, invece, le modalità di comunicazione e relazione: un primo tipo è il carisma del capo, che si basa sulla sua capacità di fascinazione e di influenza sui suoi seguaci, trasmessa verticalmente dai più stretti collaboratori alla base; un altro tipo, invece, è la leadership democratica, fondata su una condivisione del potere che coinvolge orizzontalmente non solo i collaboratori, ma promuove l’empowerment finanche della base stessa.
Naturalmente, qui si sono presentati modelli, tipi astratti che nella realtà non si ritrovano mai in una loro piena coerenza. Nonostante questo caveat, tuttavia, mi sentirei qui di provare ad applicarli ai due candidati alla carica di Rettore, sulla base della campagna elettorale fin qui condotta da entrambi.
Partendo da Califano, non c’è dubbio che le sue modalità di comunicazione richiamino quella carismatica, in cui una indubbia scioltezza si coniuga con una modalità molto duale di relazione: con atteggiamenti seduttivi, in modo friendly, si rivolge immediatamente all’elettore per catturarne il consenso stabilendo una relazione transattiva.
Nel caso di Lorito, uno stile comunicativo apparentemente più asciutto, o più neutrale dal punto di vista emotivo, tende, invece, al coinvolgimento attivo e costante non tanto di singoli, quanto di gruppi, comunità, nella identificazione e condivisione dei fini istituzionali, realizzando uno stile orientato democraticamente.
Se si considera, quindi, la sfida che queste leadership rappresentano, abbiamo una sorta di contrapposizione: da un lato, un minore interesse a formare o tras-formare gli stessi fini istituzionali, ma in una logica conservativa cerca di fondare il consenso attraverso una ‘simpatica’ negoziazione di mezzi. Dall’altro, una condivisione degli obiettivi e volta alla ‘mobilitazione’ collettiva per la tras-formazione degli stessi fini in modo innovativo. Ecco questa la vera natura della posta in gioco per la leadership della Federico II.
Roberto Serpieri
Professore Ordinario di Sociologia dell’Educazione
Dipartimento di Scienze Sociali- Università Federico II