Lezione straordinaria di Gherardo Colombo, il magistrato di Mani Pulite

Una straordinaria lezione di Diritto Pubblico ad Economia. Un evento voluto dal prof. Alberto Lucarelli e dal Preside Achille Basile che ha richiesto ben sette mesi di organizzazione. Giovedì 21 febbraio, in cattedra, a parlare del tema della legalità nella Pubblica Amministrazione, uno dei magistrati più impegnati e noti alle cronache: Gherardo Colombo. Sessantun anni, nato in provincia di Milano, laureato all’Università Cattolica, alle sue spalle una lunga carriera, sempre in prima linea: Giudice Istruttore, Giudice per le Indagini Preliminari e poi Pubblico Ministero a Milano. Ancora: Osservatore, per conto della Società Internazionale di Difesa Penale, alla commissione di esperti per la cooperazione internazionale nella ricerca e nella confisca dei profitti illeciti; Consulente delle Commissioni Parlamentari d’Inchiesta sul terrorismo e la mafia; Consigliere presso la Corte di Cassazione dal 2005. Poi le dimissioni, un anno fa, dalla magistratura, per parlare ai giovani, dell’Italia degli ultimi quarant’anni. Delle connessioni tra Stato, mafia e logge massoniche, come la P2, della quale facevano parte membri di diversi partiti, avversari tra loro in Parlamento e delle stragi che tra gli anni ’60 e ’80 hanno insanguinato l’Italia (Piazza Fontana, Peteano, Piazza della Loggia, l’Italicus, il treno 904, la Stazione di Bologna). Il suo, è uno dei nomi di punta nelle inchieste per corruzione scoppiate nella cosiddetta stagione Mani Pulite, che agli inizi degli anni ’90 coinvolsero centinaia di parlamentari, sindaci di grandi città, ufficiali delle forze dell’ordine, quattro ex Primi Ministri e quasi tutta l’imprenditoria di alto livello. Parla affinché chi, in quegli anni era troppo giovane, o non era ancora nato, possa sapere. Ha cose da dire e voglia di farsi ascoltare. Parla lentamente, non usa neanche una parola più del necessario. 
“Non bastano
le leggi”
Come possiamo avere una Pubblica Amministrazione di qualità, imparziale e capace di andare incontro agli interessi dei cittadini? Questa è la domanda cruciale. “Si pensa che bastino le leggi, ma non è così. La mia convinzione, deriva dai trentatré anni trascorsi in Magistratura ed è il motivo per cui mi sono dimesso”. Tra gli anni ’80 e ’90, la corruzione era diventata un sistema, con delle regole proprie, applicate al posto di quelle previste dalle leggi. Le gare d’appalto, per esempio, non venivano più condotte in base al criterio generale di offrire il meglio al minor costo. L’imprenditore pagava un pubblico funzionario, un politico, o entrambi, per avere l’appalto. Tutti dovevano pagare la tangente imposta, con percentuali diverse a seconda della tecnologia adoperata (scavo, smottamento del terreno, ecc…). Questa procedura si ripeteva per tutta la trafila, al termine della quale c’era un unico esponente politico, che ridistribuiva il denaro raccolto, anche qui in base a regole precise. La Democrazia Cristiana e il Partito Socialista, dovevano avere la stessa percentuale. Il Partito Comunista incassava la metà di quello che spettava singolarmente agli altri due. Il resto andava ai partiti minori. Tutto questo indipendentemente dalle alleanze politiche. “Questo significa che le regole non bastano. Se non piacciono, se ne possono applicare altre. Ad esempio, so che qui ci sono zone in cui è vietato portare il casco. Chi lo indossa non è riconoscibile, potrebbe appartenere ad una famiglia avversaria e rappresentare un potenziale pericolo. Il risultato è che nessuno porta il casco, perché altrimenti gli sparano”. Dunque, è una questione di mentalità e comincia molto prima di arrivare nelle aule giudiziarie. Per cambiare, bisogna tornare indietro e cercare il senso delle regole, della giustizia e della legalità, a cominciare dal significato delle parole. Legalità è una parola che si usa moltissimo. Indica l’osservanza della legge, ma basta pensare alle leggi razziali, che escludevano gli ebrei dall’insegnamento e dai pubblici uffici, per capire che nel ’38 legalità significava rispettare queste norme. Anche la legge, quindi, assume un significato diverso, a seconda dei contenuti. E cosa significa giustizia? Quando esisteva la schiavitù, si riteneva giusto che alcune persone ne possedessero altre. Chi in altre epoche applicava la tortura, riteneva giusto mutilare i colpevoli di un reato. L’idea di giustizia dipende dalla concezione che ognuno ha del mondo, dell’umanità e del suo progredire. Da secoli si porta avanti un’idea di giustizia basata su un concetto sperequativo di selezione della specie. Chi è ricco, furbo, potente e capace di imbrogliare, comanda. Tutti gli altri sono solo da usare e buttare o, eventualmente, da eliminare se danno fastidio. Dall’altro lato, è nata l’idea che la giustizia dia ad ogni persona un valore. In questo caso produce uguaglianza. “Nel tempo, mi sono convinto che si considera la giustizia sperequativa”. 
Perché l’inchiesta 
Mani Pulite è morta
Una Pubblica Amministrazione di qualità, parte dal presupposto di svolgere un servizio e non di usare uno strumento. L’olocausto, le leggi razziali, la Seconda Guerra Mondiale, le bombe su Hiroshima e Nagasaki, nascono dall’idea che le persone si possano usare. Non è un caso che i nostri legislatori abbiano seguito un modello che porta all’uguaglianza, quando hanno scritto la Costituzione. “Credo dipenda dall’esperienza che avevano vissuto. La guerra, la distruzione, le sofferenze, la morte. Erano stati sul punto di perdere la speranza nel futuro ed hanno capito che, per evitare questo disastro, si doveva smettere di considerare la persone come uno strumento, ma come un valore”. Ma ci sono delle resistenze. Il 2 giugno 1946, le donne italiane hanno votato per la prima volta. La Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali indipendentemente dal sesso, ma l’articolo del codice civile fascista, che stabiliva che il capo famiglia era l’uomo e decideva per tutti, è stato abrogato solo nel 1975. “Ci sono voluti ventisette anni perchè venisse applicata la regola, secondo cui tutti sono uguali di fronte alla legge”. Spesso la regola occulta prevale su quella ufficiale. In Italia, ci sono circa 9mila magistrati, metà dei quali donne. La Corte di Cassazione ha una cinquantina di presidenti, uno per ogni sezione, ma solo uno è donna, nominata l’anno scorso. “Le donne non vengono nominate in posizioni di vertice, salvo casi eccezionali, così recita la regola nascosta. Si può avere un’amministrazione imparziale, quando la cultura è questa?”. Nel 1948 le Nazioni Unite, hanno emanato la Dichiarazione dei Diritti Umani, ma il colonialismo è finito negli anni ’60 e quando la situazione mondiale è ritornata piramidale, si è ricominciato a risolvere i conflitti con le bombe. Se si investe per le bombe, non lo si fa per la povertà, l’acqua, i rifiuti. 
“È necessario che ciascun cittadino faccia una scelta e la porti avanti con coerenza”. La classe dirigente, della quale spesso ci lamentiamo, rispecchia la cultura generale. “Sapete perché Mani Pulite si è conclusa con un nulla di fatto? È morta quando si è cominciati ad arrivare a persone con le quali ci si poteva identificare”. All’inizio le persone coinvolte erano troppo in alto, ma, progressivamente, si è arrivati al negoziante che offriva la spesa gratis al vigile urbano, al poliziotto che accettava soldi per non  comminare una contravvenzione, ai genitori che pagavano gli ufficiali medici perché esonerassero i figli dal servizio militare, agli ispettori del lavoro che prendevano bustarelle per certificare misure antinfortunistiche inesistenti. Dinanzi alla possibilità di identificazione le inchieste sono morte. “Se questa è la situazione, o si cambia il modo di rapportarsi con gli altri, o non cambierà mai niente. Ci vuole tempo, anni, ma potremo dire basta con la corruzione, solo se smetteremo di pensare che esiste una gerarchia secondo la quale, quelli che stanno in basso si possono usare come strumenti”. 
“La devastazione che è stata fatta della Pubblica Amministrazione rappresenta un preciso progetto politico volto a rendere la istituzioni soggetti deboli. Basti pensare che ci sono parti della Costituzione che non sono mai state applicate” commenta al termine il prof. Lucarelli rivolto ai suoi studenti. 
Le domande
del pubblico
Foltissimo e partecipe il pubblico. Le domande e le considerazioni non si fanno attendere. “Si parlava delle leggi razziali, ma pensavo all’ordinanza del  Sindaco di Milano, che vieta l’ammissione nelle scuole dei figli degli immigrati non in regola” osserva un ricercatore. “Credo sia in contrasto con la nostra Costituzione, ma il giudice del tribunale di Milano, ha fatto un’ordinanza molto motivata e articolata, penso si trovi in rete e vale la pena leggerla. È giusto dire queste cose, ma bisogna approfondire qualsiasi discorso, perché ci sono cose che ci permettono di cambiare e riguardano noi”  dice il magistrato che, rivolto agli studenti, aggiunge: “non vi è mai capitato di usare qualche trucchetto, perché a volte il primo obiettivo non è apprendere, ma superare l’esame? Prendete molto sul serio questo vostro periodo di formazione. Vi serve per strutturarvi, affinarvi e acquisire metodi. La vita è una serie di scelte per le quali è essenziale conoscere”. 
“Si dice che questa sia un’epoca in cui le ideologie sono cadute. Allora dobbiamo pensare di fare riferimento a delle idee e non a degli interessi quando votiamo?” domanda il prof. Paolo Stampacchia, docente di Economia e Gestione. “Se il modello è quello in base al quale il vertice può tutto, la ricerca del privilegio prevale sul resto e quindi si vota in base a ragioni di convenienza. Ci siamo abituati a far riferimento alla legge, ma quando confligge con la convinzione, è quest’ultima a prevalere. Pensate al digiuno del venerdì per i cattolici, che nessuno più rispetta o ai centri di permanenza temporanea per gli immigrati, veri lager”. 
“In Francia c’è un senso dello Stato che nasce dal valore della Pubblica Amministrazione, dall’impegno della formazione e dalla separazione della politica dalle istituzioni. Siamo di fronte ad una specificità nazionale?” domanda la prof.ssa Maria Rosaria Ansalone che ha insegnato Francese fino a poco tempo fa. “Se il Papa fosse rimasto ad Avignone questa domande se le farebbero i francesi. Per troppo tempo c’è stata e ancora c’è, la percezione che esistano due autorità. Pensate alla Riforma, nata a causa della vendita delle indulgenze. Chi ha i soldi va in Paradiso perchè può comprarselo. Allora si può comprare tutto”. 
Simona Pasquale
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