Sobrio nei modi, una riservatezza molto meridionale che lo porta a non indugiare in autocelebrazioni ed a rifiutare il titolo di Maestro – “non penso di meritarlo” -; nei suoi discorsi compaiono parole che sembrano venire da un altro tempo – ‘impegno’, ‘etica’, ‘morale’ -. E’ il prof. Carmelo Formica, nato nel 1934 a Mesagne (Brindisi) e laureato a Napoli in Lettere Classiche, professore ordinario di Geografia Economica al quale, in occasione del suo pensionamento, la Facoltà ha dedicato agli inizi di giugno una due giorni di incontri e seminari con studiosi provenienti da tutto il paese. Parla del suo ruolo di professore universitario, come ‘di un incarico istituzionale’ e solo fuori dall’intervista, dopo avergli ripetutamente chiesto dei suoi ricordi di insegnante, si riesce a strappargli un timido, “mi affeziono troppo ai ragazzi, alla fine li considero tutti miei figli”.
Alle spalle ha una lunga vita di lavoro e ricerca nel settore della Geografia Umana, che lo ha portato a pubblicare decine di libri e articoli, ad insegnare in diverse università italiane ed a ricoprire incarichi importanti all’interno dell’ Associazione Geografi Italiani, della Società Geografica Italiana e del CNR. Alla base della scelta universitaria, l’amore per le tradizioni. “Sono nato e vissuto nel Salento, una terra di tradizione classica, e lì ho vissuto gli anni a cavallo della guerra. Era un periodo in cui le motivazioni ideali ed etico-politiche erano a fondamento della nostra vita e l’aspetto culturale era sentito come un mezzo per recuperare la tradizione culturale e la nostra storia. Una utopia. E solo le lettere e la filosofia possono averne. Sotto certi punti di vista è la base per risolvere i problemi reali. Certo non può risolvere tutto, ma senza non si può passare alla concretezza”. L’interesse per la Geografia è nato grazie ad un grande maestro. “Mi hanno appassionato le letture e le lezioni di Elio Migliorini, l’unico docente di questa materia a Napoli allora, poi sono stato chiamato come assistente di Domenico Ruoppo, del quale ho seguito le vicende e le orme”. Della sua giovinezza coltiva con affetto il ricordo dei primi anni e degli appuntamenti annuali che caratterizzavano la vita accademica di allora. “Si organizzavano, per i docenti giovani, delle escursioni interuniversitarie. Si andava ogni anno in una zona diversa e i luminari del tempo svolgevano delle lezioni sul metodo geografico. Era l’occasione per stringere forti amicizie, che poi sono rimaste. I sodalizi scientifici oggi sono istituzionalizzati, allora le reti si stabilivano in maniera più informale, ma forse più proficua”.
La sua lunga permanenza nella Facoltà di Economia lo rende la persona ideale per raccontarla. “Ha una storia gloriosa. È sempre stata leader nel Mezzogiorno e presenta un ampio spettro di conoscenze umanistiche e tecnico-aziendali. Negli anni ne sono sorte altre, molte delle quali nostre filiazioni. Ancora oggi il corpo docente è di primo piano, ma l’organizzazione che si è venuta affermando in questi anni non consente di lasciare un segno evidente nella formazione dei giovani, di avere dei ‘maestri’. Un tempo le università erano focolai di formazione. Forse perché poche, come i luminari considerati persone eccezionali”. Le differenze con il passato non si esauriscono qui. “Ora si impartiscono informazioni molto specifiche, nozioni più che cultura e non si ha il tempo di sedimentare i concetti”. Impegnarsi e metterci passione, questi i suoi consigli per riuscire. “Tutte le cose fatte con passione danno soddisfazioni. Senza ideali, il raggiungimento delle proprie mete è difficile e l’impegno, più delle nozioni e del voto, è il primo risultato dello studio”.
Professore, cosa farà da grande? Risponde “continuerò a lavorare finché le forze me lo consentiranno. È sempre stato molto importante per me, non aver mai fatto qualcosa aspettando una ricompensa”. Quando parla della festa organizzata per lui dalla Facoltà, si commuove: “oltre agli amici, sono intervenute anche persone che non conoscevo, significa che la semina ha conseguito un certo risultato”.
Simona Pasquale
Alle spalle ha una lunga vita di lavoro e ricerca nel settore della Geografia Umana, che lo ha portato a pubblicare decine di libri e articoli, ad insegnare in diverse università italiane ed a ricoprire incarichi importanti all’interno dell’ Associazione Geografi Italiani, della Società Geografica Italiana e del CNR. Alla base della scelta universitaria, l’amore per le tradizioni. “Sono nato e vissuto nel Salento, una terra di tradizione classica, e lì ho vissuto gli anni a cavallo della guerra. Era un periodo in cui le motivazioni ideali ed etico-politiche erano a fondamento della nostra vita e l’aspetto culturale era sentito come un mezzo per recuperare la tradizione culturale e la nostra storia. Una utopia. E solo le lettere e la filosofia possono averne. Sotto certi punti di vista è la base per risolvere i problemi reali. Certo non può risolvere tutto, ma senza non si può passare alla concretezza”. L’interesse per la Geografia è nato grazie ad un grande maestro. “Mi hanno appassionato le letture e le lezioni di Elio Migliorini, l’unico docente di questa materia a Napoli allora, poi sono stato chiamato come assistente di Domenico Ruoppo, del quale ho seguito le vicende e le orme”. Della sua giovinezza coltiva con affetto il ricordo dei primi anni e degli appuntamenti annuali che caratterizzavano la vita accademica di allora. “Si organizzavano, per i docenti giovani, delle escursioni interuniversitarie. Si andava ogni anno in una zona diversa e i luminari del tempo svolgevano delle lezioni sul metodo geografico. Era l’occasione per stringere forti amicizie, che poi sono rimaste. I sodalizi scientifici oggi sono istituzionalizzati, allora le reti si stabilivano in maniera più informale, ma forse più proficua”.
La sua lunga permanenza nella Facoltà di Economia lo rende la persona ideale per raccontarla. “Ha una storia gloriosa. È sempre stata leader nel Mezzogiorno e presenta un ampio spettro di conoscenze umanistiche e tecnico-aziendali. Negli anni ne sono sorte altre, molte delle quali nostre filiazioni. Ancora oggi il corpo docente è di primo piano, ma l’organizzazione che si è venuta affermando in questi anni non consente di lasciare un segno evidente nella formazione dei giovani, di avere dei ‘maestri’. Un tempo le università erano focolai di formazione. Forse perché poche, come i luminari considerati persone eccezionali”. Le differenze con il passato non si esauriscono qui. “Ora si impartiscono informazioni molto specifiche, nozioni più che cultura e non si ha il tempo di sedimentare i concetti”. Impegnarsi e metterci passione, questi i suoi consigli per riuscire. “Tutte le cose fatte con passione danno soddisfazioni. Senza ideali, il raggiungimento delle proprie mete è difficile e l’impegno, più delle nozioni e del voto, è il primo risultato dello studio”.
Professore, cosa farà da grande? Risponde “continuerò a lavorare finché le forze me lo consentiranno. È sempre stato molto importante per me, non aver mai fatto qualcosa aspettando una ricompensa”. Quando parla della festa organizzata per lui dalla Facoltà, si commuove: “oltre agli amici, sono intervenute anche persone che non conoscevo, significa che la semina ha conseguito un certo risultato”.
Simona Pasquale