“Abbiamo la biblioteca digitale più grande d’Europa”

Sono in migliaia a consultarlo ogni anno: studenti, docenti o studiosi. È il patrimonio librario della Federico II, uno dei più ricchi e vasti tra gli atenei italiani, e che rappresenta un patrimonio d’eccellenza e un valore da tutelare
per l’intera città. Due milioni e trecento mila volumi tra manoscritti, testi a stampa, tra cui 15 mila libri antichi, vale a dire pubblicati prima dell’800, raccolti e conservati nelle 12 biblioteche d’area e le 20 di Dipartimento, con i testi di maggior valore messi al sicuro in cassaforte e resi disponibili on – line. “Il patrimonio cartaceo – spiega il prof. Roberto Delle Donne, Presidente del Centro di Ateneo per le Biblioteche “Roberto Pettorino” – vede la presenza di testi di grande valore. Ci sono edizioni di classici latini e greci del XVI secolo, edizioni di commento al Corpus Iuris e altri testi di diritto pubblicati nel Cinquecento, inoltre trattati naturalistici corredati di tavole con disegni straordinarie. Ci sono anche libri a stampa che hanno un valore elevato. È in corso una stima del patrimonio inventariale, ma possiamo parlare, se vogliamo dare un valore, di diversi milioni di euro”. È, dunque, in corso l’inventarizzazione degli oltre due milioni di libri dell’Ateneo, al termine della quale si potrà avere una stima precisa
del valore monetario di questo patrimonio inestimabile dal punto di vista culturale: “Sono stati messi in catalogo digitale un milione di volumi, gli altri per ora sono inventariati su supporto cartaceo”. Oltre al cartaceo, tra i beni delle biblioteche federiciane, vanno calcolate anche le collezioni digitali: si parla di 100 mila volumi e 70 mila riviste: “patrimonio che tende a crescere sempre più attraverso le pubblicazioni correnti di riviste e libri elettronici. Proprio in questi giorni abbiamo deliberato, ad esempio, l’acquisto di circa 30 mila volumi pubblicati tra il XV e il XVII secolo in diversi paesi europei. Per tutta l’area umanistica, però, l’utilizzazione di pubblicazioni avvenute nel corso dei secoli è un fondamentale strumento di ricerca e di studio. Quindi cerchiamo di tener presente le esigenze di tutti i settori disciplinari dell’Ateneo, dando spazio all’aggiornamento e, allo stesso tempo, al recupero del patrimonio antico. Parliamo di libri, come i 30 mila in fase di acquisizione, che non sono presenti nel patrimonio del nostro Ateneo, né a Napoli, e spesso neanche in Italia. Sono diversi anni che investiamo in questo settore e abbiamo la biblioteca digitale più grande d’Europa”.
Un lavoro complesso la digitalizzazione del posseduto cartaceo
Sempre sul fronte dell’accesso elettronico, un grande lavoro si sta compiendo con la digitalizzazione del posseduto cartaceo, in particolare dei testi più antichi, per una più facile e ampia consultazione. “Si tratta di un lavoro complesso, che richiede tempo, attrezzature specifiche e personale competente. Attualmente viene portato avanti in diverse strutture, sia Biblioteche d’area che di Dipartimento, grazie alla collaborazione del personale che lavora con impegno e dedizione. Proprio da novembre sarà accessibile la nuova piattaforma che accoglierà tutti i volumi digitalizzati (www.eco.unina.it). Al momento ci sono solo due testi in altissima definizione, ma tanti altri stanno per essere pubblicati. Anche il nostro invidiabile patrimonio cartografico verrà digitalizzato”. Oltre alla funzione di conservazione e consultazione, il Centro per le Biblioteche è anche editore con il marchio Sedoa Press. Sono 10
le riviste scientifiche di Ateneo pubblicate, presenti in circa 2 mila biblioteche nel mondo e valutate tra quelle di livello più alto dalle diverse agenzie di valutazione della ricerca: “alcune sono classificate di Fascia A dall’Anvur e sono presenti nei data base citazionali di Scopus e delle principali banche dati internazionali di settore”. “Teniamo molto alle pubblicazioni di qualità e fissiamo dei requisiti minimi – aggiunge il docente – Sempre seguendo questi dettami, pubblichiamo anche una collana di libri e i dati sulla ricerca scientifica”. Per la consultazione bisogna collegarsi a serena.unina.it per le riviste e a sedoabooks.unina.it per le collane. Per queste pubblicazioni è stato raggiunto un accordo con altri Atenei campani e non (“L’Orientale, la Parthenope, l’Università di Salerno, del Sannio, della Basilicata, e presto anche la SUN”) per la condivisione delle piattaforme editoriali. “È, infatti, molto importante che nell’universo digitale ci si presenti in modo unitario, con una buona massa critica!”, sottolinea Delle Donne. La piattaforma condivisa, sharecampus.it, consente l’accesso ai vari servizi degli atenei aderenti al progetto Share, tra cui è presente, con un catalogo pubblicato per il progetto Linking open data anche l’Università del Salento di Lecce. Naturalmente, “tutte le nostre pubblicazioni sono in open access”. Fruttuosi e antichi rapporti di collaborazione anche con diverse istituzioni cittadine, tra cui la Biblioteca Nazionale, l’Istituto Croce per gli Studi Storici, la Società Italiana di Storia Patria: “Abbiamo creato una sorta di gruppo di acquisto consortile che ci ha consentito di comprare a costi più bassi. Abbiamo, inoltre, progetti di collaborazione a lungo raggio ai quali stiamo lavorando. Noi tendiamo a rendere disponibili le nostre pubblicazioni in linked open data, e la Biblioteca Nazionale, così come l’Istituto Croce e quello di Storia Patria, sta andando nella stessa direzione. L’idea è di integrare queste realtà anche in questo caso con una piattaforma comune”. E l’utilizzo delle risorse elettroniche è in crescita, non solo nei settori scientifici dove sembrerebbe più naturale, ma anche in area umanistica, con migliaia di accessi ogni anno. Ad esempio, i data base giuridici o le banche dati interdisciplinari di area umanistica come Geistore (“una grande collezione di riviste”). Ad accedere “sono sia docenti che studenti, soprattutto di alcuni settori, i quali sembrano preferire sempre più le pubblicazioni digitali. Anche gli editori commerciali, fino ad ora molto cauti nel rendere disponibile il formato digitale per il timore di diffusioni senza controllo, stanno raccogliendo questa tendenza affacciandosi sempre con meno timidezza in questo campo. Manuali delle scienze mediche, e delle scienze in generale, sono pubblicati anche da editori italiani come Il Mulino e sono pensati come tesi di base per l’insegnamento”. L’accesso fisico alle Biblioteche d’area “è molto elevato, anche se questo è commisurato ai posti disponibili naturalmente. Alla Brau si registrano, ad esempio. centinaia di accessi quotidiani, mentre strutture più piccole registrano numeri più ridotti”.
Valentina Orellana
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