“Della condizione reale degli studenti si parla poco, ma chi sta in aula tutti i giorni la conosce bene. I ragazzi sono sommersi dal disastro della nostra scuola, ed il pessimo modo in cui abbiamo organizzato il primo anno della Laurea Triennale contribuisce a portare avanti questo disastro. Ci sono pochi consigli da dare”, afferma un docente di esperienza, il prof. Riccardo Bruzzese, che insegna Fisica al Corso di Laurea di Ingegneria Aerospaziale. Qualche regola di buon senso e sopravvivenza si può, però, sempre dare, soprattutto nella previsione che in tanti possano non riuscire a fare bottino pieno di tutti gli esami della sessione, pur avendoci, magari, provato. “I ragazzi dovrebbero accettare che in pochi mesi non possono superare tutte le lacune che si portano dietro e predisporsi a distribuire su quattro anni, invece che su tre, il proprio percorso di studi. La disabitudine allo studio comporta un forte sbandamento iniziale, ed il disastro operato dalla nostra organizzazione – che mette in parallelo corsi come Algebra Lineare e Geometria, Analisi e Fisica-, unita all’ingenuità dei ragazzi, porta ad una vera sarabanda e trasforma il primo anno in un macello”. Il superamento degli OFA non basta, quindi, per considerarsi pronti ad affrontare una Facoltà come Ingegneria: “occorrono coscienza e impegno, perché chi nelle prime due o tre settimane non si è messo subito in regola con i ritmi e la comprensione degli argomenti non fa esami. Ma non bisogna avvilirsi, basta riprogettare il tutto su quattro anni”, insiste il prof. Bruzzese. In effetti, i dati parlano chiaro: solo una frazione minuscola di studenti completa il ciclo triennale nei tempi. “I ragazzi spesso non sanno comportarsi in maniera matura, nemmeno a livello individuale, mancando di rispetto perfino ai colleghi, con urla e confusione in aula. Forse molti arrivano all’università quando non sono ancora pronti, e qualcuno, probabilmente, non dovrebbe proprio iscriversi”. Di queste cose si dovrebbe parlare di più: “quello di cui mi meraviglio è la quiescenza dei ragazzi, che fanno richieste insignificanti e scadenti, come sapere le date d’esame con mesi di anticipo, invece di pretendere una didattica maggiormente accessibile. Mi preoccuperei, se fossi in loro, anche del numero di persone che potremo accettare in futuro e porrei la massima attenzione sulle prospettive future, per essere pronti a farsene carico. Forse sono un vecchio professore, ma vivo il dolore di vedere l’università andare a rotoli”.