“La cosa che più mi piace è insegnare!”

“E’ un pozzo di intelligenza oltre che di simpatia!”. Così Raffaella, una studentessa del primo anno della specialistica in Scienze Politiche all’Orientale, definisce il professor Franco Mazzei, Ordinario di Storia e Civiltà dell’Estremo Oriente dal 1979,  Preside per ben tre volte della Facoltà e Presidente del nucleo di valutazione dell’Ateneo.
“E’ un professore che non mette in soggezione e che tiene molto a noi studenti” interviene Mariangela, “ma è anche un uomo per il quale appare evidente come abbia vissuto da vicino ciò che ci insegna, che conosce il modo in cui la teoria viene applicata al mondo” ribatte Valeria.
I ragazzi raccontano che Mazzei ricorre spesso ad aneddoti relativi ai suoi anni vissuti in Giappone in qualità di ambasciatore per esemplificare come la politica estera venga condotta nella pratica.
Anche la cronaca internazionale è un fecondo serbatoio di esempi a cui il professore attinge per chiarire e rendere concreti i contenuti del corso di World politics. “Il professore ci sollecita ad intervenire sull’attualità.  Riesce a presentarcela da un punto di vista scientifico e ne analizza i fatti obiettivamente”, afferma Maria, un’altra allieva del corso. “Nel periodo della campagna elettorale invitava ciascuno a dire la propria sulla lotta tra Prodi e Berlusconi ma riusciva ad essere critico con entrambi”, gli fa eco Raffaella. “Esemplificando le differenti teorie, – prosegue la studentessa – ci fa guardare il mondo dalle diverse prospettive. E’ questo il bello!”
“E’ un uomo di grandissima cultura ed è anche alla mano. – sostiene Valeria – Però siamo in troppi a seguirne le lezioni, avremmo bisogno di un’aula più grande!”. Un centinaio di ragazzi sono infatti assiepati in un’aula da appena 60 posti al piano terra del Palazzo del Mediterraneo a via Marina. Al corso di World politics c’è chi è seduto per terra, chi è appollaiato sul davanzale della finestra, chi si lamenta per la temperatura crescente, eppure nessuno esita quando gli viene chiesto di esprimere un parere sul professore.  “Affabile”, “amichevole” e “coinvolgente” sono gli aggettivi più frequenti per descrivere un docente che suscita non solo ammirazione ma immediata empatia.
“Provengo dal 
territorio più orientale 
della penisola”
Nato in provincia di Lecce, 66 anni fa, il professore ha compiuto i suoi studi universitari tra Milano e Napoli per poi specializzarsi presso l’Istituto Storiografico di Tokio. “Sono nato a Vernole – precisa Mazzei – Non è un caso che provengo dal territorio più orientale della penisola. Il mio desiderio di capire le differenze culturali deriva dal fatto che sono cresciuto in una zona di frontiera. Nel Salento la pluralità delle culture è un dato di fatto. Sin da piccolo era normale abitare accanto a comunità ortodosse il cui idioma erano il greco o l’albanese”.
Ha però lasciato presto la Puglia – rileviamo – per andare a studiare a Milano.
“Ho studiato Filosofia tomistica alla Cattolica di Milano ma al terzo anno decisi di trasferirmi a Napoli per continuare gli studi all’Orientale.” 
Cosa suscitò la passione per l’Oriente?
“Scelsi di interessarmi al Giappone perché era un paese geograficamente agli antipodi dell’Italia. All’epoca pensai che una maggiore distanza significasse una maggiore diversità culturale. E non mi sbagliai!”.
Come fu l’impatto con l’Università napoletana?
“Drammatico ma non traumatico. Alla Cattolica c’era un ambiente asettico. Ricordo che tutte le ragazze indossavano il grembiule. Napoli mi sembrò subito molto più umana, terrena, mondana. Questo fu un grande stimolo ma la preparazione filosofica ottenuta a Milano si rivelò preziosa per affrontare gli studi asiatici”.
Gradisce essere definito un maestro riconosciuto?
“Per l’anzianità? – chiede sorridendo e poi confessa – La cosa che più mi piace fare è insegnare. Da ragazzo, alle scuole medie, praticamente già insegnavo. Per poter studiare sui libri dei miei compagni, li leggevo assieme a loro e glieli spiegavo. E’ una passione che ho da sempre. Il mio è un mestiere esaltante non tanto perchè mi permette di trasmettere dei contenuti, ma perché parlando con i giovani, che sono fantasiosi, miglioro le mie conoscenze”.
Muccioli ed il 
lettore Kawamura, 
i suoi maestri
Chi sono i maestri a cui sente di essere più grato?
“A Milano Padre Gemelli, il fondatore della Cattolica che insegnava Psicologia al primo anno e il professor Vanni Rovighi, docente di Filosofia scolastica”. 
E a Napoli?
“Marcello Muccioli, il professore con cui mi sono laureato, che è stato anche Rettore dell’Orientale e al quale va il merito di aver modernizzato lo studio del Giappone del dopoguerra. Ma anche il lettore Kawamura che rappresentava ai miei occhi un misto affascinante di buddismo e cattolicesimo. Era un professore straordinario, offriva a noi studenti sigarette e caffè, era un padre, un consigliere, un maestro di vita”. 
Lei ha insegnato in Giappone per tre anni, in cosa differisce l’apprendimento degli studenti nipponici da quello degli italiani?
“Lì il rapporto tra maestro e discente è talmente forte che si può paragonare a quello tra padre e figlio”.
Quali sono le differenze principali tra il sistema universitario occidentale e quello orientale?
“L’Università giapponese è estremamente selettiva. Gli esami per l’ammissione sono rigidissimi per consentire solo a pochi di andare alle Università più prestigiose. Gli Atenei sono gerarchizzati e ciascuno decide di prepararsi per accedere ad un’Università di un certo livello. Una volta entrati, però è fatta. Il corso di studi è una sorta di scala mobile che porta in sicurezza alla meta della laurea. L’Università lì ha il compito di formare il carattere. Allo stesso modo si fa carriera al termine degli studi indipendentemente da se si è bravi, leali o assidui. Da noi, invece, si entra all’Università facilmente ma se ne esce con difficoltà. Il soprannumero dei fuoricorso è una piaga presente in tutti i paesi avanzati”.
Onorificenze
dal Giappone
Il suo impegno nella diffusione della cultura nipponica le è valso l’Onorificenza concessa dall’Imperatore del Giappone.
“Sì, ne ho ricevuta anche una seconda il 29 aprile, genetliaco dell’Imperatore. L’ho da poco saputo via mail. La cerimonia di consegna avverrà il prossimo 29 maggio nella residenza dell’ambasciatore giapponese a Roma”.
Le si riconosce giustamente il merito di aver approfondito la conoscenza tra Italia e Giappone, oltre ovviamente al suo valore come storico dell’Oriente.
“Sono un’orientalista. Per otto anni ho fatto il diplomatico e quando nel ’93 sono tornato in Italia, oltre al corso di Storia della Cina e del Giappone, mi hanno affidato il corso di Relazioni internazionali perchè mi ero occupato di questo aspetto nella pratica”.
Nel corso di World politics lei fa continui rimandi all’attualità.
“L’esame è legato alla contemporaneità. Le tematiche si inseriscono nel fatto di cronaca. L’obiettivo è insegnare come si legge la realtà contemporanea”. 
I ragazzi ci hanno raccontato che, per esempio, durante il periodo elettorale ha discusso più volte in aula del testa a testa tra Prodi e Berlusconi. Si riesce in questi casi a rimanere neutrale?
“Occorre un training intellettuale. E’ uno sforzo che si compie con una grande autodisciplina. Fare ciò implica conoscere perfettamente le altrui posizioni, mantenere le proprie e contemperare la diversità culturale sulla base della comprensione dell’altro. A tutti i livelli, nelle relazioni fra gli Stati come fra persone comuni per strada, non si deve far leva sulla tolleranza, bensì sul rispetto delle diverse opinioni e delle differenti teorie.”
Utilizza i fatti di cronaca come spunto o come esempio durante le lezioni?
“La difficoltà è trasformare la teoria delle relazioni internazionali calandola nei fatti concreti dell’attualità. Chiedo agli studenti di applicare le teorie alla realtà. Il metodo consiste nel richiedere allo studente di scegliere un determinato tipo di analisi. Posto un “se”, lo invito ad ipotizzare un ‘allora’”.
“Non so bocciare”
Il professor Mazzei definisce le lezioni di World politics il suo hobby, mentre considera il corso di Storia del Giappone e della Cina il suo vero e proprio lavoro.
“Per insegnare ho rinunciato ad altri lavori sicuramente più remunerativi, – confessa Mazzei – tuttavia c’è una cosa che detesto nel mio mestiere: odio fare gli esami! Non so bocciare, non sono capace. I ragazzi però si autobocciano, rinunciano a proseguire l’interrogazione se si accorgono di non aver risposto adeguatamente. E’ traumatico esaminare ma per fortuna gli studenti si presentano quasi sempre solo quando sono preparati. Apprezzo quelli che si autocensurano, che non vengono a rischiare”.
Il professore d’altra parte li conosce uno ad uno. A lezione chiede spesso un loro commento, ogni giorno ne intervengono almeno una ventina. Mazzei è a dir poco entusiasta dei suoi allievi: “sono bravissimi! – afferma – All’inizio del corso erano un po’ grezzi ma ora hanno imparato anche ad usare una terminologia appropriata.”
Manuela Pitterà
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